Come costruire un variac “Evoluto” per il laboratorio

Cos’è un variac ?

Il variac, conosciuto anche come autotrasformatore variabile, è un dispositivo elettrico utilizzato per regolare la tensione alternata in uscita in modo continuo e controllato. La sua costruzione si basa su un singolo avvolgimento avvolto attorno a un nucleo toroidale di materiale ferromagnetico. La regolazione della tensione in uscita avviene mediante un cursore o un anello scorrevole collegato all’avvolgimento. Muovendo il cursore lungo l’avvolgimento, è possibile variare il rapporto di trasformazione, ovvero la proporzione tra la tensione in ingresso e la tensione in uscita. Quando il cursore è posizionato in una determinata posizione sull’avvolgimento, la tensione in uscita corrisponde a una frazione della tensione in ingresso. Durante il funzionamento, quando la tensione in ingresso cambia, il campo magnetico generato attorno all’avvolgimento varia di conseguenza, influenzando la tensione indotta nell’avvolgimento stesso. Questo permette di regolare con precisione la tensione in uscita, che può essere utilizzata per alimentare dispositivi elettronici, circuiti di prova o apparecchi dal funzionamento ignoto.

Differenze rispetto un reostato e un dimmer

Il Variac è un autotrasformatore con una presa intermedia regolabile, che consente di variare in modo continuo la tensione in uscita da zero fino al valore massimo. È un dispositivo reattivo, il che significa che non dissipa potenza (a parte le perdite del nucleo ovviamente).

Il Reostato è un componente resistivo con una resistenza variabile, spesso costituita da un filo avvolto attorno a un nucleo isolante, e un cursore che regola la lunghezza del tratto di resistenza attraverso cui passa la corrente. Poiché il reostato è una resistenza variabile, dissipa potenza sotto forma di calore. La tensione in uscita dal reostato dipende dal carico e dalla corrente che attraversa il circuito.

Il Dimmer, noto anche come regolatore di intensità luminosa, è un dispositivo utilizzato per controllare la potenza erogata a carichi resistivi come lampade. I dimmer moderni sono spesso realizzati come elementi switching, che interrompono periodicamente l’onda sinusoidale della corrente alternata. Questo processo, chiamato parzializzazione dell’onda, consente di variare l’intensità luminosa delle lampade. Tuttavia, poiché i dimmer introducono interruzioni nella forma d’onda, possono generare disturbi e distorsioni nell’onda stessa, portando a problemi come la generazione di possibili interferenze elettromagnetiche.

In sintesi, il Variac offre un controllo preciso e senza dissipazione di potenza sulla tensione in uscita, il Reostato regola la corrente attraverso una resistenza e dissipa potenza, mentre il Dimmer controlla l’intensità luminosa attraverso la parzializzazione dell’onda, ma può introdurre disturbi e distorsioni.

Qual’è l’utilità del variac in un laboratorio anche solo per uso hobbystico?

L’uso di un variac in laboratorio per alimentare gradualmente dispositivi potenzialmente guasti o appena riparati rappresenta un approccio prudente e professionale che può contribuire a ridurre il rischio di danni ulteriori. Ecco come un variac può essere usato in modo proficuo in questo scenario:

Graduale Aumento della Tensione: Un variac consente di fornire una tensione iniziale molto bassa e quindi aumentarla gradualmente, permettendo ai dispositivi di “svegliarsi” progressivamente. Questo è particolarmente utile per dispositivi che potrebbero contenere condensatori o componenti sensibili all’avvio repentino a tensioni più elevate. L’aumento graduale della tensione aiuta a prevenire picchi di corrente eccessivi che potrebbero danneggiare componenti interni invecchiati.

Rilevamento di Problemi Latenti: Nel caso in cui il dispositivo abbia guasti residui o problemi nascosti, l’uso di un variac consente agli operatori di osservare eventuali segni di malfunzionamenti durante la fase di aumento della tensione. Questo può includere il riscaldamento anomalo di componenti, fumo, scintille o altre anomalie visibili o udibili. In questo modo, è possibile intervenire immediatamente prima che il guasto si aggravi, consentendo una diagnosi e una riparazione più precise.

Valutazione della Stabilità: Dopo una riparazione o manutenzione, è importante valutare la stabilità e il funzionamento generale del dispositivo. Utilizzando un variac, è possibile testare gradualmente diverse gamme di tensione e valutare come il dispositivo risponde e si comporta a varie condizioni. Ciò aiuta a identificare eventuali problemi residui o debolezze nel circuito.

Minimizzazione dei Rischi: L’uso di un variac riduce notevolmente il rischio di danni involontari ai dispositivi riparati o appena assemblati. Se si verificasse una situazione di guasto o cortocircuito, l’operatore può interrompere rapidamente l’alimentazione abbassando la tensione con il variac, riducendo al minimo il danno potenziale.

In definitiva, l’utilizzo di un variac in un laboratorio per alimentare gradualmente dispositivi potenzialmente guasti o appena riparati offre un approccio cauto ed efficace per valutare e testare il funzionamento dei dispositivi in modo sicuro e controllato. Rappresenta una pratica consigliata per gli operatori che cercano di identificare problemi e garantire un’esecuzione affidabile dei dispositivi dopo le riparazioni o la manutenzione.

Sicurezza del variac

Un aspetto fondamentale da considerare è che, come gli altri autotrasformatori, il variac non fornisce alcun isolamento galvanico tra il circuito primario e quello secondario. Pertanto, è essenziale procedere con cautela durante l’utilizzo di questo dispositivo. Un’attenta gestione è necessaria per garantire sia la sicurezza degli operatori che la corretta integrità dei circuiti collegati. Nel caso in cui sia necessario ottenere l’isolamento galvanico tra il circuito primario e quello secondario, è possibile aggiungere un trasformatore di isolamento prima o dopo il variac. Questo componente fornirà un livello aggiuntivo di protezione e sicurezza.

Costruzione di un variac evoluto partendo da un variac di base acquistato online

È possibile acquistare questi variac con una potenza di circa 2000 watt su piattaforme come Amazon, eBay e altri siti specializzati in elettronica a cifre convenienti, generalmente intorno ai 50€. Tuttavia, ci si potrebbe chiedere: perché queste opzioni potrebbero non essere sufficienti?

Questo articolo esplora il processo di trasformazione di un variac commerciale di base in una potente e sicura fonte di alimentazione controllata per il laboratorio. Partendo da un variac preesistente, caratterizzato solamente da un voltmetro sulla parte frontale e morsetti a banana per il collegamento alla rete elettrica a 230V e all’uscita.

Vediamo il mio schema:

L’approvvigionamento della tensione di rete è soggetto a protezione mediante un magnetotermico da 16A, che opera sia come interruttore principale che come baluardo di sicurezza in caso di un improbabile ma potenzialmente grave cortocircuito dell’apparecchio. A ulteriore garanzia, una spia luminosa segnala l’attivazione dell’alimentazione. Successivamente, si colloca il variac, il fulcro del sistema. Immediatamente dopo il variac è stato inserito un ulteriore magnetotermico da 4A, il quale ha la responsabilità di difendere il variac da eventuali sovraccarichi che oltrepassino i 6A di carico massimo.

Perchè per proteggere a 6A ho messo un magnetotermico da 4A? È fondamentale comprendere che i magnetotermici possano talvolta risultare poco sensibili e reattivi a situazioni di emergenza. Inizialmente, ho scelto un magnetotermico da 6A, ma in un test con una stufetta, è emerso che tale componente non interveniva nemmeno con un carico di circa 7A. Questo è dovuto in parte alle tolleranze significative nelle correnti nominali e alla necessità di un certo intervallo di tempo per il riscaldamento dell’elemento che scatena il meccanismo di protezione. Questo ritardo potrebbe durare persino diversi minuti, durante i quali un dispositivo in fase di test che avesse guasti non particolarmente critici avrebbe la possibilità di incorrere in rischi potenziali di surriscaldamento o incendio.

Dopo varie prove, ho concluso che l’efficacia di un magnetotermico da 4A era più adeguata alla situazione. Nel corso di un test, in cui il carico è stato gradualmente portato a circa 6A, è stato dimostrato che questo componente attiva la protezione in appena 30 secondi, come evidenziato nel video allegato. Questa serie di misure di protezione e la successiva sperimentazione con il magnetotermico da 4A hanno contribuito a stabilire un ambiente sicuro ed efficiente per il funzionamento del variac e dei dispositivi a esso collegati. Tale approccio accurato e ben ponderato rappresenta un elemento cruciale per garantire la massima sicurezza e affidabilità nei test di laboratorio.

Subito dopo il magnetotermico da 6A è stato implementato un sistema di protezione ulteriore, costituito da un fusibile. Questo dispositivo è stato introdotto con l’obiettivo di garantire la salvaguardia dei carichi minori, come nel caso di apparecchiature vintage a basso consumo, ad esempio una radio d’epoca che, con i suoi modesti 40 watt di potenza, potrebbe non scatenare la risposta del magnetotermico da 6A nemmeno in presenza di un corto circuito sul suo trasformatore di alimentazione.

Nel vano fusibile potranno essere alloggiati fusibili con diversi amperaggi di potezione, a seconda delle specifiche esigenze di collegamento. Questa flessibilità permette di adattare la protezione in base al carico effettivo. Mentre quando si collega un carico più imponente, come un potente amplificatore, è possibile bypassare il fusibile tramite un interruttore collocato in parallelo. In questa configurazione, il magnetotermico da 6A continua a operare come livello primario di protezione.

Ulteriormente, è stata aggiunta una spia luminosa in parallelo al fusibile. L’illuminazione della spia indica chiaramente se il fusibile è bruciato. Ho inserito anche un’interruttore per scollegare la messa a terra che va alla prese sul frontale del variac. Scollegare la terra dell’apparecchio sotto test a volte è necessario per effettuare certe misurazioni con l’oscilloscopio in particolari condizioni o su particolari apparecchi.

Nell’immagine qui sotto potete vedere i frutti DIN che ho utilizzato, non li ho trovati tutti della stessa serie quindi ho mescolato frutti di marche diverse, ma a parte l’aspetto estetico funzionano poi prefettamente.

Inizialmente, avevo considerato l’uso di un contenitore metallico, ma la ricerca di un’opzione con le dimensioni esatte necessarie si è rivelata infruttuosa. Era fondamentale per me trovare un contenitore che si integrasse con il mio banco di lavoro, e questo mi ha portato alla scelta del legno come materiale perchè potevo costruirlo delle dimensioni esatte di cui avevo necessità. Nonostante le limitazioni, ho ritenuto che il legno fosse una soluzione adeguata per le mie esigenze. Tuttavia, è importante sottolineare che chiunque desideri riprodurre il mio progetto dovrebbe optare preferibilmente per un contenitore metallico (e collegarlo a terra ovviamente!).

Nella rappresentazione schematica, ho incluso un amperometro e un voltmetro di tipo analogico a lancetta. Tuttavia, nella mia effettiva realizzazione pratica, ho scelto di impiegare uno strumento Vemer volmetro/amperometro da pannello, poiché la mia priorità era garantire la massima precisione nella visualizzazione della corrente, persino in incrementi di 10mA. L’utilizzo dello strumento EV2M-R di Vemer ha dimostrato di essere particolarmente vantaggioso in questo contesto. Questo strumento vanta una precisione notevole ed è alimentato separatamente, a differenza di altre opzioni più economiche reperibili sul mercato. Grazie a questa caratteristica, la sua misurazione è avviata da 0 volt in avanti, fornendo una rilevazione accurata e affidabile in un’ampia gamma di valori.

L’alimentazione del Vemer EV2M-R è prelevata dalla fonte elettrica a monte del variac, subito dopo il magnetotermico da 16A. Per quanto riguarda la corretta connessione dello strumento, che deve essere interposto tra l’uscita del fusibile e le prese a pannello, è consigliato fare riferimento al datasheet fornito dal produttore. Questo documento dettagliato offre le indicazioni specifiche necessarie per garantire un collegamento corretto e sicuro, assicurando il funzionamento ottimale dello strumento nel contesto del progetto. 

Piccola dimostrazione con una lampadina

Se volete leggere altro riguardo i variac potete visitare la pagina https://www.audiovalvole.it/variac.html

Subscribe
Notificami
guest

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments