Reostato Elettronico Valvolare con Valvole PL504

In questo articolo, mostrerò come costruire un reostato elettronico valvolare basato su valvole PL504. Metterò a disposizione un’immagine dello schema elettrico, così come un link per scaricare il file PDF contenente lo schema completo, per chiunque desideri replicare questo strumento.

Lo scopo dello strumento

Il mio reostato elettronico valvolare è progettato per funzionare come una resistenza variabile di carico. È particolarmente utile per mettere sotto carico e collaudare trasformatori d’alimentazione anodica in corrente alternata e circuiti di alimentazione anodica formati da trasformatori rettificatori e filtri vari in corrente continua.

Motivazioni alla base della costruzione

La ragione principale dietro la creazione di questo strumento risiede nella difficoltà di trovare reostati adeguati sul mercato. Sebbene su alcuni siti come RS Elettronica sia possibile trovarne, la disponibilità di valori resistivi è limitata, e la potenza massima di dissipazione di solito si attesta intorno ai 50 watt. Inoltre, il loro prezzo elevato li rende meno adatti a certi scopi. Costruire il mio reostato elettronico valvolare si è rivelato una soluzione pratica e economica per superare queste limitazioni.

Scelta delle valvole PL504

Ho optato per le valvole PL504 per diverse ragioni. In primo luogo, sono facilmente reperibili, sopratutto in quei lotticelli di valvole immodizia che molti vendono su internet, presentano una potenza di dissipazione adeguata per molti scopi pratici. In secondo luogo, queste valvole sono estremamente robuste e possono sopportare maltrattamenti elettrici e sovraccarichi, purché non troppo prolungati. Ho montato le valvole all’interno di un contenitore metallico perforato per l’aerazione, e ho dotato l’apparecchio di una ventola che immette aria fresca all’interno del contenitore. Questo sistema è sufficiente per smaltire il calore prodotto dalle PL504.

Nella foto qui sotto, potete vedere alcune PL504 brutte e sporche, che ho recuperato direttamente dal cartone della rumenta. Dopo una pulita con sgrassatore e straccio sono passato alla misurazione su utracer, ho selezionato tre valvole che presentavano un buono stato di emissione. In progetti di questo tipo per me il riciclo è quasi un obbligo morale; montare valvole New Old Stock non è mai stata un’opzione (per me).

Capacità del reostato elettronico valvolare

Il reostato elettronico valvolare può gestire fino a un massimo di 400 mA di corrente, 600 volt di tensione o un massimo di 75 watt di dissipazione continua. Tuttavia può sopportare fino a 90 watt per qualche minuto. Inoltre, è possibile estendere le sue capacità collegando delle lampadine a incandescenza in serie ad esso.

Schema elettrico

Link per scaricare il file PDF contenente lo schema completo…

Il circuito è progettato con tre valvole PL504 collegate a triodo e in parallelo tra di loro. Per garantire un minimo di bilanciamento, sono presenti tre resistenze da 100 ohm sotto i catodi. Inoltre, sono inserite tre resistenze da 10 ohm in serie agli anodi per evitare fenomeni di autooscillazione in radiofrequenza, che si verificavano altrimenti in modo molto violento.

All’ingresso del circuito, troviamo un ponte raddrizzatore formato da quattro diodi 1N4007, che permette di gestire sia tensioni alternate che continue. Subito dopo il ponte, è presente un fusibile di protezione e un milliamperometro. Un condensatore da 100nF è inserito per prevenire fenomeni di autooscillazione delle valvole.

Il circuito utilizza uno dei secondari del trasformatore 24S84 per generare una tensione negativa di bias, che viene poi regolata tramite un potenziometro da 470k e inviata alle griglie delle PL504. Un condensatore da 1uF è inserito per mantenere stabili le valvole.

Gli altri due secondari del trasformatore 24S84 sono utilizzati per l’accensione dei filamenti, rigorosamente in serie, e per alimentare la ventola di areazione.

La massa del circuito è flottante e non collegata allo chassis, tranne che tramite un condensatore da 4700pF 2kV. Questo consente di inserire il reostato anche su circuiti dove il negativo non è necessariamente riferito a terra.

Aggiunta postuma delle resistenza da 10ohm in serie agli anodi…

Test di funzionamento

Un trasformatore di alimentazione è collegato al reostato con in serie una lampadina…

Un trasformatore di alimentazione è collegato al reostato e un tester è collegato in parallelo ai morsetti, per visualizzare come si siede la tensione ai capi del secondario del trasformatore al variare del carico. Questo è un trasformatore non venuto particolarmente bene; infatti, arriva a sedersi anche una decina di volt…

Porto il reostato fino a 400 mA di assorbimento, superando i 100 watt di dissipazione per brevi istanti…

Trasformatore di alimentazione 24S84

Per coloro che desiderano costruire il mio reostato, è disponibile per l’acquisto il trasformatore di alimentazione 24S84, progettato appositamente per alimentare il circuito dello schema.

Conclusione

In conclusione, il reostato elettronico valvolare basato su valvole PL504 si rivela particolarmente utile per il collaudo di trasformatori d’anodica e circuiti di alimentazione anodica. È un’alternativa economica e affidabile ai reostati tradizionali, specialmente quando si tratta di testare carichi con valori resistivi specifici o di affrontare potenze più elevate.

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Tester Artigianale per Centraline Accensione Bosch di Porsche e Maserati d’Epoca

Benvenuti nel coinvolgente mondo dove la mia passione per la riparazione e manutenzione di valvole, trasformatori e amplificatori audio si è estesa anche alle centraline di accensione Bosch per Porsche 911, 930 e diverse Maserati d’epoca. Molti di voi, abituali lettori del mio sito, sono abituati a seguirmi mentre parlo di elettronica audio vintage. Tuttavia, di recente, ho ampliato il mio campo di competenza per includere la riparazione di centraline di accensione, nato dalla collaborazione con diverse officine di restauro di auto d’epoca. Questa sinergia è emersa dopo aver riparato e restaurato vecchie autoradio vintage, dimostrando la mia abilità nel preservare l’autenticità e l’elettronica di epoca anche in contesti automobilistici. Questa diversificazione non solo è stata motivata dall’aspetto economico, ma anche dalla mia profonda passione per l’elettronica vintage in ogni sua forma. Ora, offro i miei servizi non solo agli appassionati di amplificatori d’epoca, ma anche agli entusiasti delle auto d’epoca, portando la mia competenza nel campo dell’elettronica vintage anche sotto il cofano delle automobili storiche.

La Nascita dell’Idea

La necessità è la madre dell’invenzione, e così è nato il progetto del tester. Con un flusso costante di centraline da riparare, mi sono reso conto che avevo bisogno di un dispositivo che potesse testare a fondo queste unità, garantendo la loro affidabilità a lungo termine. L’idea di costruire un tester personalizzato è emersa come la soluzione perfetta.

Materiali Riciclati, Creatività e Determinazione

Il cuore del mio tester è un vecchio chassis recuperato da un alimentatore da banco dismesso. Un esempio perfetto di riciclaggio creativo. Ho avvolto personalmente un trasformatore di alimentazione adatto alle esigenze specifiche del tester. Per la parte più intrigante, ho procurato una bobina di accensione da uno sfasciacarrozze, originariamente appartenente a un Fiat Fiorino, e ho utilizzato una pipetta e il cavo di una candela provenienti da una Ford Ka.

Il Cuore del Tester: NE555 e Transistor al Germanio

Il cuore pulsante del mio dispositivo è un circuito basato sul NE555, che fornisce un segnale pilota essenziale per le centraline. Tuttavia, la vera sfida è stata superata con un tocco di ingegno: l’utilizzo di un transistor al germanio. La centralina si aspetta di essere pilotata da una puntina collegata al motore che cortocircuita il segnale direttamente a massa. A differenza dei transistor al silicio, il germanio ha dimostrato di essere essenziale per garantire un’approssimazione sufficiente allo zero volt, rendendo il segnale pilota efficace e funzionale. Il transistor a silicio non scendono al di sotto dei 0,7 volt di collettore, Causando un problema di interpretazione del segnale da parte della centralina che generava solo sporadiche scintille ogni tanto.

Test e Affinamento

Il banco di prova rivela la sua autentica efficacia quando il tester viene impiegato per il collaudo delle centraline. Da sottolineare è il fatto che il tester alimenta la centralina con una tensione di 14 volt, come specificato nei manuali Porsche. Questa tensione corrisponde all’impianto tipico di una Porsche 911 con il motore acceso.

L’innovativo tester consente inoltre di simulare con precisione le frequenze, regolabili tramite un potenziometro, che vanno dal minimo, corrispondente al motore acceso al minimo dei giri, fino alla frequenza equivalente a 7000 giri al minuto. Tale flessibilità consente di eseguire test accurati su una gamma completa di regimi di funzionamento del motore.

Per garantire l’affidabilità delle centraline, ho incluso un amperometro nel dispositivo. Questo strumento mi consente di monitorare l’assorbimento di corrente della centralina durante il test. La presenza dell’amperometro è fondamentale per verificare che l’assorbimento della centralina rimanga entro i limiti della normalità, offrendo un ulteriore strumento di valutazione della sua integrità e funzionalità. Nel video, presento il test di una centralina della Porsche 911. Accanto, utilizzando il tester, monitoravo l’alta tensione generata dalla centralina (che è diversa da quella delle candele).

Ecco la dimostrazione dell’efficacia del tester: questa centralina sembrava funzionare inizialmente, ma l’auto si spegneva improvvisamente dopo circa 40 minuti di corsa, e non ripartiva fino a quando non veniva lasciata raffreddare. Nel video, è possibile osservare la centralina emettere il caratteristico fischio, ma senza produrre alcuna scintilla. Successivamente, mostro come risolvo il problema raffreddando un transistor con una goccia di refrigerante, facendo così ripartire la generazione delle scintille.

Il transistor, in realtà, aveva perso affidabilità, smettendo di funzionare superata una certa temperatura. La sua sostituzione si è rivelata sufficiente per risolvere il problema, evidenziando la capacità del tester nel rilevare e correggere difetti che altrimenti potrebbero essere difficili da diagnosticare durante il normale funzionamento del veicolo.

Conclusione

Il mio progetto testimonia la potenza della creatività e della determinazione nel contesto della riparazione automobilistica. Invito gli appassionati di auto d’epoca a considerare i miei servizi, poiché le centraline moderne digitali disponibili sul mercato oggi possono compromettere l’autenticità e l’energia del motore, privandolo del caratteristico suono scoppiettante e incazzato che solo le centraline originali dell’epoca possono offrire. Mandateci le vostre centraline, e io mi prenderò cura di restituire a queste auto il loro spirito originale.

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Come costruire un variac “Evoluto” per il laboratorio

Cos’è un variac ?

Il variac, conosciuto anche come autotrasformatore variabile, è un dispositivo elettrico utilizzato per regolare la tensione alternata in uscita in modo continuo e controllato. La sua costruzione si basa su un singolo avvolgimento avvolto attorno a un nucleo toroidale di materiale ferromagnetico. La regolazione della tensione in uscita avviene mediante un cursore o un anello scorrevole collegato all’avvolgimento. Muovendo il cursore lungo l’avvolgimento, è possibile variare il rapporto di trasformazione, ovvero la proporzione tra la tensione in ingresso e la tensione in uscita. Quando il cursore è posizionato in una determinata posizione sull’avvolgimento, la tensione in uscita corrisponde a una frazione della tensione in ingresso. Durante il funzionamento, quando la tensione in ingresso cambia, il campo magnetico generato attorno all’avvolgimento varia di conseguenza, influenzando la tensione indotta nell’avvolgimento stesso. Questo permette di regolare con precisione la tensione in uscita, che può essere utilizzata per alimentare dispositivi elettronici, circuiti di prova o apparecchi dal funzionamento ignoto.

Differenze rispetto un reostato e un dimmer

Il Variac è un autotrasformatore con una presa intermedia regolabile, che consente di variare in modo continuo la tensione in uscita da zero fino al valore massimo. È un dispositivo reattivo, il che significa che non dissipa potenza (a parte le perdite del nucleo ovviamente).

Il Reostato è un componente resistivo con una resistenza variabile, spesso costituita da un filo avvolto attorno a un nucleo isolante, e un cursore che regola la lunghezza del tratto di resistenza attraverso cui passa la corrente. Poiché il reostato è una resistenza variabile, dissipa potenza sotto forma di calore. La tensione in uscita dal reostato dipende dal carico e dalla corrente che attraversa il circuito.

Il Dimmer, noto anche come regolatore di intensità luminosa, è un dispositivo utilizzato per controllare la potenza erogata a carichi resistivi come lampade. I dimmer moderni sono spesso realizzati come elementi switching, che interrompono periodicamente l’onda sinusoidale della corrente alternata. Questo processo, chiamato parzializzazione dell’onda, consente di variare l’intensità luminosa delle lampade. Tuttavia, poiché i dimmer introducono interruzioni nella forma d’onda, possono generare disturbi e distorsioni nell’onda stessa, portando a problemi come la generazione di possibili interferenze elettromagnetiche.

In sintesi, il Variac offre un controllo preciso e senza dissipazione di potenza sulla tensione in uscita, il Reostato regola la corrente attraverso una resistenza e dissipa potenza, mentre il Dimmer controlla l’intensità luminosa attraverso la parzializzazione dell’onda, ma può introdurre disturbi e distorsioni.

Qual’è l’utilità del variac in un laboratorio anche solo per uso hobbystico?

L’uso di un variac in laboratorio per alimentare gradualmente dispositivi potenzialmente guasti o appena riparati rappresenta un approccio prudente e professionale che può contribuire a ridurre il rischio di danni ulteriori. Ecco come un variac può essere usato in modo proficuo in questo scenario:

Graduale Aumento della Tensione: Un variac consente di fornire una tensione iniziale molto bassa e quindi aumentarla gradualmente, permettendo ai dispositivi di “svegliarsi” progressivamente. Questo è particolarmente utile per dispositivi che potrebbero contenere condensatori o componenti sensibili all’avvio repentino a tensioni più elevate. L’aumento graduale della tensione aiuta a prevenire picchi di corrente eccessivi che potrebbero danneggiare componenti interni invecchiati.

Rilevamento di Problemi Latenti: Nel caso in cui il dispositivo abbia guasti residui o problemi nascosti, l’uso di un variac consente agli operatori di osservare eventuali segni di malfunzionamenti durante la fase di aumento della tensione. Questo può includere il riscaldamento anomalo di componenti, fumo, scintille o altre anomalie visibili o udibili. In questo modo, è possibile intervenire immediatamente prima che il guasto si aggravi, consentendo una diagnosi e una riparazione più precise.

Valutazione della Stabilità: Dopo una riparazione o manutenzione, è importante valutare la stabilità e il funzionamento generale del dispositivo. Utilizzando un variac, è possibile testare gradualmente diverse gamme di tensione e valutare come il dispositivo risponde e si comporta a varie condizioni. Ciò aiuta a identificare eventuali problemi residui o debolezze nel circuito.

Minimizzazione dei Rischi: L’uso di un variac riduce notevolmente il rischio di danni involontari ai dispositivi riparati o appena assemblati. Se si verificasse una situazione di guasto o cortocircuito, l’operatore può interrompere rapidamente l’alimentazione abbassando la tensione con il variac, riducendo al minimo il danno potenziale.

In definitiva, l’utilizzo di un variac in un laboratorio per alimentare gradualmente dispositivi potenzialmente guasti o appena riparati offre un approccio cauto ed efficace per valutare e testare il funzionamento dei dispositivi in modo sicuro e controllato. Rappresenta una pratica consigliata per gli operatori che cercano di identificare problemi e garantire un’esecuzione affidabile dei dispositivi dopo le riparazioni o la manutenzione.

Sicurezza del variac

Un aspetto fondamentale da considerare è che, come gli altri autotrasformatori, il variac non fornisce alcun isolamento galvanico tra il circuito primario e quello secondario. Pertanto, è essenziale procedere con cautela durante l’utilizzo di questo dispositivo. Un’attenta gestione è necessaria per garantire sia la sicurezza degli operatori che la corretta integrità dei circuiti collegati. Nel caso in cui sia necessario ottenere l’isolamento galvanico tra il circuito primario e quello secondario, è possibile aggiungere un trasformatore di isolamento prima o dopo il variac. Questo componente fornirà un livello aggiuntivo di protezione e sicurezza.

Costruzione di un variac evoluto partendo da un variac di base acquistato online

È possibile acquistare questi variac con una potenza di circa 2000 watt su piattaforme come Amazon, eBay e altri siti specializzati in elettronica a cifre convenienti, generalmente intorno ai 50€. Tuttavia, ci si potrebbe chiedere: perché queste opzioni potrebbero non essere sufficienti?

Questo articolo esplora il processo di trasformazione di un variac commerciale di base in una potente e sicura fonte di alimentazione controllata per il laboratorio. Partendo da un variac preesistente, caratterizzato solamente da un voltmetro sulla parte frontale e morsetti a banana per il collegamento alla rete elettrica a 230V e all’uscita.

Vediamo il mio schema:

L’approvvigionamento della tensione di rete è soggetto a protezione mediante un magnetotermico da 16A, che opera sia come interruttore principale che come baluardo di sicurezza in caso di un improbabile ma potenzialmente grave cortocircuito dell’apparecchio. A ulteriore garanzia, una spia luminosa segnala l’attivazione dell’alimentazione. Successivamente, si colloca il variac, il fulcro del sistema. Immediatamente dopo il variac è stato inserito un ulteriore magnetotermico da 4A, il quale ha la responsabilità di difendere il variac da eventuali sovraccarichi che oltrepassino i 6A di carico massimo.

Perchè per proteggere a 6A ho messo un magnetotermico da 4A? È fondamentale comprendere che i magnetotermici possano talvolta risultare poco sensibili e reattivi a situazioni di emergenza. Inizialmente, ho scelto un magnetotermico da 6A, ma in un test con una stufetta, è emerso che tale componente non interveniva nemmeno con un carico di circa 7A. Questo è dovuto in parte alle tolleranze significative nelle correnti nominali e alla necessità di un certo intervallo di tempo per il riscaldamento dell’elemento che scatena il meccanismo di protezione. Questo ritardo potrebbe durare persino diversi minuti, durante i quali un dispositivo in fase di test che avesse guasti non particolarmente critici avrebbe la possibilità di incorrere in rischi potenziali di surriscaldamento o incendio.

Dopo varie prove, ho concluso che l’efficacia di un magnetotermico da 4A era più adeguata alla situazione. Nel corso di un test, in cui il carico è stato gradualmente portato a circa 6A, è stato dimostrato che questo componente attiva la protezione in appena 30 secondi, come evidenziato nel video allegato. Questa serie di misure di protezione e la successiva sperimentazione con il magnetotermico da 4A hanno contribuito a stabilire un ambiente sicuro ed efficiente per il funzionamento del variac e dei dispositivi a esso collegati. Tale approccio accurato e ben ponderato rappresenta un elemento cruciale per garantire la massima sicurezza e affidabilità nei test di laboratorio.

Subito dopo il magnetotermico da 6A è stato implementato un sistema di protezione ulteriore, costituito da un fusibile. Questo dispositivo è stato introdotto con l’obiettivo di garantire la salvaguardia dei carichi minori, come nel caso di apparecchiature vintage a basso consumo, ad esempio una radio d’epoca che, con i suoi modesti 40 watt di potenza, potrebbe non scatenare la risposta del magnetotermico da 6A nemmeno in presenza di un corto circuito sul suo trasformatore di alimentazione.

Nel vano fusibile potranno essere alloggiati fusibili con diversi amperaggi di potezione, a seconda delle specifiche esigenze di collegamento. Questa flessibilità permette di adattare la protezione in base al carico effettivo. Mentre quando si collega un carico più imponente, come un potente amplificatore, è possibile bypassare il fusibile tramite un interruttore collocato in parallelo. In questa configurazione, il magnetotermico da 6A continua a operare come livello primario di protezione.

Ulteriormente, è stata aggiunta una spia luminosa in parallelo al fusibile. L’illuminazione della spia indica chiaramente se il fusibile è bruciato. Ho inserito anche un’interruttore per scollegare la messa a terra che va alla prese sul frontale del variac. Scollegare la terra dell’apparecchio sotto test a volte è necessario per effettuare certe misurazioni con l’oscilloscopio in particolari condizioni o su particolari apparecchi.

Nell’immagine qui sotto potete vedere i frutti DIN che ho utilizzato, non li ho trovati tutti della stessa serie quindi ho mescolato frutti di marche diverse, ma a parte l’aspetto estetico funzionano poi prefettamente.

Inizialmente, avevo considerato l’uso di un contenitore metallico, ma la ricerca di un’opzione con le dimensioni esatte necessarie si è rivelata infruttuosa. Era fondamentale per me trovare un contenitore che si integrasse con il mio banco di lavoro, e questo mi ha portato alla scelta del legno come materiale perchè potevo costruirlo delle dimensioni esatte di cui avevo necessità. Nonostante le limitazioni, ho ritenuto che il legno fosse una soluzione adeguata per le mie esigenze. Tuttavia, è importante sottolineare che chiunque desideri riprodurre il mio progetto dovrebbe optare preferibilmente per un contenitore metallico (e collegarlo a terra ovviamente!).

Nella rappresentazione schematica, ho incluso un amperometro e un voltmetro di tipo analogico a lancetta. Tuttavia, nella mia effettiva realizzazione pratica, ho scelto di impiegare uno strumento Vemer volmetro/amperometro da pannello, poiché la mia priorità era garantire la massima precisione nella visualizzazione della corrente, persino in incrementi di 10mA. L’utilizzo dello strumento EV2M-R di Vemer ha dimostrato di essere particolarmente vantaggioso in questo contesto. Questo strumento vanta una precisione notevole ed è alimentato separatamente, a differenza di altre opzioni più economiche reperibili sul mercato. Grazie a questa caratteristica, la sua misurazione è avviata da 0 volt in avanti, fornendo una rilevazione accurata e affidabile in un’ampia gamma di valori.

L’alimentazione del Vemer EV2M-R è prelevata dalla fonte elettrica a monte del variac, subito dopo il magnetotermico da 16A. Per quanto riguarda la corretta connessione dello strumento, che deve essere interposto tra l’uscita del fusibile e le prese a pannello, è consigliato fare riferimento al datasheet fornito dal produttore. Questo documento dettagliato offre le indicazioni specifiche necessarie per garantire un collegamento corretto e sicuro, assicurando il funzionamento ottimale dello strumento nel contesto del progetto. 

Piccola dimostrazione con una lampadina

Se volete leggere altro riguardo i variac potete visitare la pagina https://www.audiovalvole.it/variac.html

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