PulsarWave DAC: Philips TDA1543 e Valvole, Pulsazioni Ritmiche nel Cuore del Suono

In un’epoca digitale in cui la tecnologia audiofila continua a evolversi, ci sono appassionati che valorizzano la semplicità e la purezza delle antiche tecnologie. Questo progetto si inserisce precisamente in questa prospettiva, abbracciando un approccio classico attraverso l’utilizzo del chip Philips TDA1543, un DAC che mantiene fedelmente una frequenza di campionamento di 44 kHz e una profondità di 16bit.

La filosofia alla base di questo progetto è chiara: la musica digitale, fino al 1995 e oltre, è stata prevalentemente campionata a 44 kHz e 16 bit. L’idea di upsamplare un segnale creato originariamente con queste specifiche appare superflua, poiché nessun algoritmo può reintegrare ciò che è andato perso durante il processo di campionamento iniziale. Questo DAC si configura come un omaggio alla semplicità e all’efficacia delle specifiche standard, offrendo un’esperienza sonora autentica e priva di aggiunte artificiose.

La scelta di incorporare il chip TDA1543 è stata guidata dal consiglio di Ivo Calabrese, un esperto che sottolinea la qualità del suono comparabile a chip più costosi come il 1541. L’obiettivo non è solo quello di abbracciare le tecnologie del passato ma anche di combinare elementi classici per creare un’esperienza sonora unica.

Questo DAC non si limita al solo chip principale; abbiamo implementato un approccio ibrido, introducendo un trasformatore interstadio sfasatore, che a sua volta guida un push-pull con i due triodi di una valvola ECC88. Questa configurazione, aggiunge calore, tridimensionalità e carattere al suono, offrendo una resa autentica e coinvolgente.

La scheda prototipale presentata in questo articolo è dotata di un’interfaccia versatile, con ingresso dati I2S. Ciò consente al DAC di accettare segnali da diverse sorgenti, che spaziano dal PC tramite la porta USB a lettori CD mediante un modulo SPDIF/I2S, fino all’integrazione con un Raspberry Pi.

Nella fase embrionale del nostro progetto, ecco un’istantanea dal laboratorio che mostra i primi esperimenti sulla breadboard. In questa immagine, potete osservare il piccolo ma cruciale trasformatore interstadio sfasatore, ideato per stabilire l’interfaccia tra la parte analogica immediatamente successiva al DAC e la sezione valvolare.

Questo trasformatore è una componente chiave del nostro approccio ibrido, concepito per conferire un carattere unico al suono attraverso la sua connessione tra le tecnologie analogiche e valvolari. Per approfondire le caratteristiche e il ruolo fondamentale di questo componente nel nostro progetto, vi invitiamo a visitare la pagina dedicata al trasformatore interstadio sfasatore qui.

Nel nostro percorso verso la perfezione sonora, vi presentiamo anche il trasformatore I60KPP88, un componente cruciale al cuore del nostro sistema audio. Nell’immagine qui sotto, potete ammirare questo trasformatore che funge da interstadio di segnale, progettato appositamente per essere pilotato da un push-pull composto dai due triodi interni di una singola ECC88.

La sua presenza assicura una trasmissione del segnale precisa e potente verso l’esterno del nostro sistema audio, indirizzandolo sia alle cuffie che a un eventuale finale di potenza. In questo modo, contribuisce in modo significativo a definire il carattere distintivo del suono che offriamo. Per esplorare ulteriormente le caratteristiche e l’importanza di questo trasformatore, vi invitiamo a visitare la pagina dedicata qui.

Foto del Prototipo Completato

Ecco una serie di foto dettagliate che offrono una panoramica del prototipo completato montato su una breadboard da 1000 fori. Questo montaggio mette in mostra la cura e l’attenzione ai dettagli dedicata a ogni fase della realizzazione.

Nota per Autocostruttori: Un punto chiave del mio approccio all’autocostruzione, evidenziato nelle immagini del prototipo, riguarda l’utilizzo di valvole su una basetta a 1000 fori. È importante notare che, nonostante molte cose viste online presentino montaggi su basette simili con zoccoli da PCB, la mia scelta è stata quella di utilizzare zoccoli noval standard per cablaggio in aria, di quelli montabili a pannello.

Nelle immagini, si può osservare che ho praticato un foro nella basetta a 1000 fori e ho avvitato direttamente due zoccoli noval standard da pannello. Questo approccio differisce dall’uso degli zoccoli da PCB, spesso scomodi da montare su basette 1000 fori.

La mia raccomandazione per gli autocostruttori è di considerare questa soluzione, in quanto offre diversi vantaggi. Montare gli zoccoli noval direttamente sulla basetta a 1000 fori, fissandoli meccanicamente e allungando solo di un breve tratto i fili verso i pin da saldare, garantisce una connessione più sicura e affidabile. A differenza delle soluzioni con gambine ritorte in malo modo dello zoccolo da PCB, la mia proposta evita anche il rischio di staccare le piazzole fissata malamente da palline di stagno da piccoli reofori durante l’inserimento delle valvole. Questo approccio, oltre a semplificare la fase di montaggio, migliora la stabilità meccanica e la connettività elettrica, contribuendo complessivamente a una costruzione più solida e durevole.

Per coloro che condividono la passione dell’autocostruzione, spero che questa nota possa essere d’ispirazione nel percorrere il cammino affascinante della creazione e personalizzazione dei propri dispositivi audio.

Informazioni Tecniche

Il prototipo è caratterizzato da una suddivisione chiara tra la parte digitale e l’amplificatore operazionale, entrambe alimentate da tensioni stabilizzate. L’opamp riceve un’alimentazione duale di ±12V, garantendo un funzionamento ottimale. La sezione anodica, successivamente al raddrizzamento, utilizza un moltiplicatore di capacità per fornire una tensione di alimentazione non stabilizzata, ma completamente livellata. Questo approccio, senza l’uso di circuiti retroazionati, mira a minimizzare il rischio di introduzione di rumore bianco nel sistema.

Dopo il chip TDA1543, è presente una rete di antialiasing composta interamente da componenti passivi, contribuendo a mantenere la purezza del segnale.

Per quanto riguarda l’opamp utilizzato nelle prime prove strumentali, è stato inizialmente impiegato un TL082, attorno al quale sono stati sviluppati i trasformatorini interstadio. Tuttavia, nelle prove di ascolto con le cuffie, la preferenza è stata data al suono reso da un MC1458 NOS prodotto da Motorola, che mi è sembrato suonare più caldo rispetto al TL082 (non NOS).

Va sottolineato che, sebbene sia presente un MC1458 è possibile sostituirlo con qualsiasi altro opamp a 8 pin che possa sopportare un’ alimentazione da 24 volt (±12 volt) e fornisca la corrente sufficiente per pilotare i due trasformatorini con un’impedenza di pilotaggio non superiore a 600 ohm.

L’introduzione di un opamp potrebbe suscitare qualche perplessità da parte di alcuni, ma è importante notare che la corrente di uscita del TDA1543 è molto piccola, appena 2mA, con una resistenza di uscita di circa 2000 ohm. La difficoltà nell’implementare un trasformatore interstadio sfasatore che funzionasse ha portato alla necessità dell’opamp. Tuttavia, questa scelta offre la possibilità di sperimentare con diversi opamp, compresi quelli esoterici e pregiati.

Il circuito è dotato di un controllo di guadagno posizionato tra i trasformatori sfasatori e le ECC88, che funge da particolare controllo di volume agente sul segnale bilanciato. Va sottolineato che, nella parte analogica del circuito, non è stata implementata alcuna controreazione. Tale scelta deriva dalla considerazione che non è necessario gestire carichi reattivi critici in questa sezione, preservando così la massima spazialità nel suono.

Le prossime immagini offrono un dettaglio ravvicinato del cuore digitale del nostro prototipo: il TDA1543. In particolare, vedrete un primo piano del chip TDA1543 e del connettore con i 4 fili del bus I2S che escono e si collegano a un piccolo decoder USB to I2S. Questo decoder, basato sul semplice chip PCM2706, è stato suggerito da Ivo Calabrese.

Il connettore presenta un’implementazione particolare: i fili non sono saldati, ma innestati. Questa scelta consente di sostituire il decoder USB con qualsiasi altra sorgente audio I2S, offrendo agli audiofili la flessibilità di esplorare varie opzioni e sperimentare con diverse fonti digitali.

Questa modularità nel design consente di adattare il sistema alle preferenze personali, permettendo agli appassionati di audio di esplorare e testare diverse configurazioni e sorgenti audio, mantenendo l’esperienza personalizzata che caratterizza il progetto.

Trasformatore di Alimentazione

Nella prossima immagine, vi mostriamo con orgoglio il cuore dell’alimentazione del nostro progetto: il trasformatore di alimentazione appositamente sviluppato. Questo componente svolge un ruolo fondamentale nell’assicurare una fornitura di energia stabile e priva di interferenze alla scheda.

Per garantire un’esperienza audio senza compromessi, sono state implementate diverse soluzioni nel design di questo trasformatore di alimentazione:

  1. Doppio Isolamento Strategico: Il trasformatore è appositamente configurato con un doppio isolamento, dove il primario e i secondari occupano cavità separate nel rocchetto. Questa scelta non è solo una misura di sicurezza elettrica, come comunemente associato all’uso di rocchetti a doppio isolamento, ma è stata adottata con l’obiettivo specifico di minimizzare la trasmissione di eventuali disturbi provenienti dalla rete, superando così le convenzioni dei trasformatori classici con schermo elettrostatico.
  2. Sovradimensionamento del Nucleo: Il nucleo del trasformatore è notevolmente sovradimensionato rispetto alla potenza complessiva necessaria (poco più di 10 watt su un nucleo che potrebbe veicolarne 32). Questa scelta aiuta a diminuire la dispersione di campo attorno al trasformatore, evitando interferenze indesiderate nei trasformatori audio.
  3. Sovradimensionamento delle Sezioni dei Fili: Le sezioni dei fili sono anch’esse sovradimensionate, consentendo al trasformatore di operare con una densità di corrente significativamente inferiore rispetto ai trasformatori convenzionali.
  4. Orientamento Differenziato: Il trasformatore di alimentazione verrà orientato in modo diverso rispetto ai trasformatori audio sulla scheda del DAC, garantendo una totale assenza di ronzio indotto nel circuito audio già a una distanza di soli 5 cm.
  5. Alimentazione Filamenti ECC88 in Alternata: Un dettaglio degno di nota è l’alimentazione diretta in corrente alternata dei filamenti delle ECC88, realizzata senza problemi e senza rumori indotti. Questa scelta dimostra una progettazione attenta e competente.
  6. Differenziamento della Densità di Corrente: Il secondario, che alimenta i filamenti delle valvole, è progettato con una densità di corrente più elevata rispetto agli altri secondari. Ciò si traduce in una maggiore caduta di tensione su questo secondario, riducendo i picchi di corrente durante l’accensione e preservandole nel tempo.

Queste finiture tecniche riflettono la nostra dedizione a offrire un’esperienza audio senza compromessi, dove la cura nei dettagli sottolinea la qualità del suono che il nostro progetto aspira a raggiungere.

Aggiornamento del 30/12/2023

Mentre il prototipo del PulsarWave DAC con il chip Philips TDA1543 e le valvole ECC88/6922 si prepara per il suo debutto, ho dedicato il tempo a integrare l’elettronica su una base solida e visivamente accattivante. L’avventura ha portato il progetto a nuove vette, con il trasferimento della scheda 1000 fori in un’elegante scatola personalizzata.

Il telaio, è un HiFi 2000 recuperato da un vecchio impresentabile che ho demolito anni fà che è stato riportato alla vita. Dopo un’accurata pulizia, ho praticato fori nei pannelli di alluminio per ospitare l’interruttore di accensione e posizionare il modulino PCM2706 con ingresso USB. Grazie alla stampante 3D, ho realizzato adattatori in resina per fissare in modo stabile i componenti. Gli RCA di uscita e il controllo del livello sono stati posizionati sul pannello posteriore per garantire un facile accesso e una connessione agevole.

La lamiera del fondo è stata forata per ospitare la scheda e il trasformatore di alimentazione 23S75, con un nodo dedicato per la messa a terra del telaio. La vaschetta VDE con il fusibile, già presente, è stata opportunamente riciclata. All’interno, una coppia di valvole ECC88 NOS ha trovato la sua dimora, mentre piedini di supporto personalizzati e un logo tridimensionale sono stati aggiunti per un tocco finale di estetica e funzionalità.

Il momento cruciale è stato il primo ascolto. Inizialmente, l’operazionale Motorola ha conferito al suono un carattere leggermente scuro, spingendomi a tornare al fidato TL082. Tuttavia, in cuffia, la preferenza è tornata al Motorola, sottolineando l’importanza di personalizzare l’esperienza sonora in base alle proprie preferenze.

Ulteriori perfezionamenti sono stati apportati al circuito per adattarlo alle sfumature richieste, e il risultato sonoro complessivo è stato valutato positivamente. Le varie fasi del montaggio sono documentate nelle foto allegate, offrendo uno sguardo approfondito al processo di trasformazione di questo progetto da un’idea iniziale a una realtà sonora tangibile. Ecco un paio di strumentali:

Spettro Distorsione Armonica

Onda Quadra a 1khz

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4 Responses to PulsarWave DAC: Philips TDA1543 e Valvole, Pulsazioni Ritmiche nel Cuore del Suono

  • Questo apparecchio racchiude molto piu di quello che sembra e rappresenta un approccio logico/qualitativo realmente esoterico e attualmente non riscontrambile in apparecchi di mass-production….da prendere in esame da chi ha capito che il 90 percento della musica sul mercato e tutti i classici di ogni genere sono stati campionati in origine a 16 bit 44.1 oppure 48 KHZ ….. Mewditate gente Meditate….Ivan

  • Condivido in pieno la tua filosofia di concentrarsi su quello che realmente incide sulla qualità.

    Purtroppo l’audio “CD” è stato e continua ad essere stigmatizzato in molti ambienti (suono freddo, metallico) salvo poi sbavare per l’hi-res che non aggiunge nulla o per il vinile che fatica ad arrivare a 12 bit.

  • Questo progetto l’ho relizzato sotto consiglio di una persona e questo modo di fare fa parte di una filosofia che ha lo scopo direi di ottenere un certo risultato all’ascolto e non solamente vedere una sinusoide a 10khz che sia meglio di 4 gradoni. Io per ora l’ho ascoltato in cuffia non è niente male, mi deve arrivare il potenziometro che ho ordinato e lo devo ascoltare nel mio ampianto per finire di esprimermi.

  • Il sovracampionamento (anche il TDA1543 può fare un 4x) non serve a ricostruire il segnale ma certamente aiuta con il filtro anti-aliasing.

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Restauro dei Fender Bassman AB165 e Bassman 70

Nel vasto panorama degli amplificatori, pochi hanno una storia così illustre e una presenza scenica così potente quanto il Fender Bassman. Nato dall’ingegno di Leo Fender nel 1952, il Bassman è diventato un’icona indiscussa nel mondo dell’audio, lasciando un’impronta indelebile nella musica attraverso le epoche.

Il modello originale, concepito come amplificatore per basso elettrico, è presto diventato uno dei preferiti tra i chitarristi, grazie al suo suono pulito e alla sua versatilità. Tuttavia, il Fender Bassman ha guadagnato ulteriore notorietà quando è stato utilizzato da musicisti rivoluzionari come Eric Clapton, Keith Richards e Jim Marshall, che successivamente avrebbe basato i suoi celebri amplificatori su questo design.

Questo articolo vi porterà in un affascinante viaggio nel tempo, dove ho avuto l’onore di restaurare due gioielli della tecnologia audio: il Fender Bassman AB165 e il Bassman 70. Attraverso il mio lavoro di recupero, ho cercato di preservare non solo la struttura fisica di questi amplificatori, ma anche la loro anima sonora, riportandoli a nuova vita per continuare a risuonare nei palcoscenici e nello studio di registrazione.

Un tuffo nei meandri della storia del Fender Bassman è un omaggio al genio innovativo di Leo Fender e al suo impatto senza tempo sulla musica moderna. Accomodatevi e immergetevi nell’arte del restauro, mentre vi guido attraverso il processo di riportare alla luce il carattere unico di questi amplificatori intramontabili.

Restauro del Bassman AB165

Il viaggio attraverso il restauro del Fender Bassman AB165 inizia con una storia di sfide e successi, portando questo iconico amplificatore dall’oscurità di una cantina umida alla rinascita sul palco. Il Fender AB165 è giunto nelle mie mani dopo essere stato acquistato usato su eBay da un cliente, desideroso di possedere un autentico pezzo di storia dell’audio. Tuttavia, a causa della sua età mi è stato inviato per un restauro approfondito. Appena tolto dallo scatolone, il primo segno dei suoi anni è emerso attraverso un cavo di alimentazione notevolmente malandato.

Senza indugi, ho tagliato via il vecchio filo, preparando il terreno per una sicurezza elettrica affidabile. L’odore persistente di muffa ha confermato che l’amplificatore ha trascorso diversi anni in una cantina umida.

La prima mossa, data la situazione, è stata il test dell’isolamento del trasformatore di alimentazione. Il risultato ha indicato un isolamento insufficiente, con una sostanza appiccicosa che trasudava dal trasformatore stesso che denotava l’umidità.

In questo viaggio appassionante attraverso il mondo degli amplificatori vintage, sorge una storia drammatica che ci spinge a riflettere sulla cruciale importanza della sicurezza elettrica. Immaginatevi un chitarrista appassionato, in pieno concerto, il palco illuminato dal riverbero delle sue note e l’energia elettrica che scorre attraverso le corde della sua fedele chitarra.

La storia racconta di un chitarrista intraprendente, affezionato agli amplificatori da chitarra vintage. Durante uno spettacolo indimenticabile, la tragedia ha colpito quando il musicista ha toccato l’asta di un microfono. In un normale scenario, il microfono era correttamente collegato a terra, ma l’amplificatore vintage a cui era connesso aveva perso l’isolamento dalla rete. In quell’istante fatale, la corrente ha fatto il suo tragitto attraverso le corde della chitarra, passando attraverso le mani del chitarrista e fermandogli il cuore.

Questa storia agghiacciante non è una semplice narrativa, ma una tragedia realmente accaduta. Sottolinea con forza quanto sia fondamentale prestare la massima attenzione alla sicurezza elettrica degli amplificatori da chitarra vintage. La loro storia unica e il loro suono caratteristico sono accompagnati da una responsabilità cruciale nei confronti degli artisti che li suonano. Ogni restauratore, ogni appassionato di amplificatori d’epoca, è chiamato a considerare non solo la preservazione del suono autentico, ma anche la sicurezza inestimabile di chi li utilizza.

Per affrontare questa critica situazione, ho smontato il datato trasformatore di alimentazione del Fender, il cui isolamento presentava un preoccupante deficit a 900 volt. La risposta a questa sfida è stata una decisione audace: calcolare e far avvolgere un nuovo trasformatore di alimentazione, adottando criteri e materiali moderni, compreso uno schermo elettrostatico.

Successivamente, ho proceduto con l’installazione di un nuovo cavo di alimentazione, dotato di un robusto fermacavo, e ho implementato una connessione a terra per l’intera struttura dell’amplificatore. Questo intervento ha compreso l’aggiunta di condensatori di soppressione e un varistore, assicurando una protezione completa contro eventuali sovratensioni e interferenze indesiderate.

Vale la pena notare che il moderno trasformatore di ricambio progettato per il Bassman è ora disponibile anche come componente separato, identificato dal codice modello 23S73. Questa soluzione non solo ha restituito vitalità al nostro amplificatore, ma offre anche la possibilità per gli appassionati di ordinare il trasformatore per i propri progetti, garantendo continuità e versatilità. Per ulteriori informazioni o per effettuare un ordine, è possibile contattarmi tramite il form dedicato disponibile al seguente link.

Successivamente, procedendo con il restauro, ho smontato l’amplificatore per un’analisi approfondita del suo circuito interno. La prima constatazione è stata quanto mai prevedibile: tutti i condensatori elettrolitici erano ormai defunti, alcuni addirittura esplosi, testimonianza del naturale decadimento causato dal passare degli anni.

Senza esitazione, ho sostituito l’intero set di condensatori, garantendo così una nuova vitalità al cuore dell’amplificatore. Successivamente, mi sono dedicato alle resistenze ad impasto di carbone, una componente notoriamente soggetta a variazioni di valore nel corso del tempo. Ogni resistenza che si discostava troppo dalle specifiche di tolleranza è stata sostituita, assicurando la stabilità del circuito.

Un passo successivo cruciale è stato il test dei condensatori non polarizzati. Utilizzando uno tester progettato per verificare la presenza di dispersioni, ho confermato l’integrità di questa componente essenziale. Fortunatamente, tutti i condensatori hanno superato il test, confermando la loro affidabilità.

Dopo questa fase di verifica, mi sono concentrato sulle valvole. Di quelle originariamente montate, ho dovuto sostituire una ECC83 e una ECC81. Inoltre, una delle due 6L6GC finali ha mostrato segni di degrado, con il filamento che si è bruciato pochi secondi dopo l’accensione. Ho optato per una soluzione di alta qualità, sostituendo entrambe le valvole con una coppia di 6N3-CE NOS di provenienza militare russa, equivalenti alle 5881/6L6GC.

Prima di ogni altra operazione, ho eseguito un attento processo di disossidazione degli zoccoli e dei vari potenziometri. Con tutti questi passaggi completati con cura, ho portato l’amplificatore alla sua prima accensione. Il risultato? Un’erogazione corretta di 30 Watt RMS, confermando il successo del restauro e restituendo all’amplificatore la sua potenza e la sua autenticità sonora originale. Nel video, tocco le corde della chitarra per farvi sentire il suono dell’amplificatore restaurato. Non so suonare, ma l’amplificatore sì, e ha ritrovato la sua potenza.


Restauro del bassman 70

Il Bassman AB165 che abbiamo visto sopra è un modello classico degli anni ’60 con un circuito con un suono pulito e caldo. Ha guadagnato popolarità tra i chitarristi blues e rock per la sua tonalità distintiva e la sua risposta dinamica. Il design del circuito AB165 è noto per il suo clean headroom e la capacità di rispondere bene agli effetti.

D’altra parte, il Bassman 70 è una versione successiva, introdotta negli anni ’70. Questo modello presenta alcune modifiche al circuito rispetto al suo predecessore AB165. Ha una sezione di preamplificazione più complessa e un suono più versatile con una risposta in frequenza più estesa. Il Bassman 70 è conosciuto per essere più adatto a generi musicali che richiedono una maggiore saturazione e distorsione.

La sua costruzione e lo schema elettrico, sebbene presentino alcune variazioni, mantengono la firma sonora che ha reso celebre la serie Bassman. Anche questo amplificatore mi è stato consegnato dopo aver trascorso molti anni in una cantina, e la mia opera di revisione ha riguardato una completa pulizia di zoccoli e potenziometri. Ho sostituito diversi condensatori elettrolitici e ho provveduto al montaggio di un nuovo portafusibile, sostituendo l’insolita configurazione trovata: un fusibile avvolto nel nastro con i due fili sopra.

Le valvole di segnale hanno superato con successo il test e risultavano in perfette condizioni. Tuttavia, ho dovuto montare due nuove valvole finali per garantire prestazioni ottimali. Con questi interventi, l’amplificatore è tornato alla sua piena funzionalità, pronto a regalare il suono distintivo e potente che gli è proprio. Questa operazione di restauro ha permesso di preservare un pezzo di storia musicale, riportando in vita un amplificatore che ha attraversato il tempo con il suo carisma sonoro intatto.

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Geloso G 236-HF / G 235-HF: Restauro di un Amplificatore Valvolare Vintage

Mi è stato portato un Geloso G 236-HF per un restauro, il cliente, consapevole delle sue limitate doti sonore, desiderava comunque riportare in vita questo amplificatore valvolare vintage. Acceso, l’unico suono emesso era un forte ronzio, un lamento del passato che richiedeva il mio intervento.

La sfida iniziale è stata affrontare i componenti vecchi e usurati. Tutti i condensatori elettrolitici erano sfondati e esauriti. La sostituzione era inevitabile, un passo fondamentale per preservare e migliorare l’eredità di questo pezzo storico.

La sorpresa più grande è stata scoprire il ponte raddrizzatore al selenio, con immagini che mostrano al suo interno con gocce di metallo fuso e bruciature. Ho sostituito entrambi i ponti al selenio con versioni al silicio, più affidabili e con una caduta di tensione inferiore. Per compensare questa differenza, ho aggiunto con attenzione due resistenze in serie, trovando il valore perfetto attraverso prove empiriche.

Misurare e valutare ogni valvola è stato il passo successivo. Sorprendentemente, la maggior parte delle valvole originali era ancora efficiente, tranne una delle EL84 che ho sostituito con un componente di recupero che si abbinava perfettamente alle 3 rimaste. Nel corso del restauro, ho anche sostituito alcuni condensatori non polarizzati che avevano il corpo crepato, portando nuova vita anche al preamplificatore G 235-HF.

Durante il processo di restauro dell’amplificatore Geloso G 236-HF, ho dedicato particolare attenzione alla sicurezza elettrica, un aspetto spesso trascurato nei vecchi apparecchi. Uno dei primi interventi è stato il cambio del cordone di alimentazione con uno nuovo tripolare, seguito dal collegamento della carcassa dell’amplificatore a terra.

Questo upgrade è stato fondamentale per garantire un livello di sicurezza minimo rispetto a scariche indesiderate. Nel corso del restauro, ho ritenuto essenziale condividere con voi una dimostrazione visiva di questo processo. Nel video qui sotto, utilizzo un tester di isolamento per eseguire una prova tra il circuito collegato alla rete elettrica e la carcassa dell’apparecchio.

Nel video, potrete osservare delle scintille elettriche che si generano tra i fili isolati con cotone e la carcassa dell’amplificatore. Questo fenomeno mette in luce il rischio potenziale di non avere un collegamento a terra. Questo è un aspetto critico che molte persone potrebbero trascurare durante il restauro di apparecchi vintage. Ecco perché è fondamentale effettuare tali interventi di sicurezza. Troppo spesso, gli appassionati di restauro potrebbero concentrarsi solo sulla parte estetica o sulla riparazione dei componenti interni, trascurando gli aspetti cruciali della sicurezza elettrica.

Va notato che test di questo tipo sono rari nel mondo del restauro. Non tutti i tecnici si prendono il tempo di eseguire prove di isolamento, e questo può comportare rischi di sicurezza per gli utenti finali. Dopo la prova con le scintille elettriche, ho prontamente provveduto a fasciare il fascio di fili di cotone con del nastro di gomma autoagglomerante, ottenendo un notevole risultato di isolamento fino a 3000 volt CA. Questa precauzione aggiuntiva garantisce una maggiore sicurezza per chiunque interagisca con l’amplificatore Geloso G 236-HF restaurato.

Tuttavia, una verità andava accettata. Questo amplificatore Geloso, benché un’icona vintage, non appartiene alla categoria HiFi moderna. La sua banda passante limitata (60Hz/8kHz -1dB) e la distorsione di intermodulazione è molto elevata quindi la qualità audio è lontana dagli standard odierni. Molti cercano apparecchi vintage Geloso pensando di trovare un suono eccezionale solo perché a valvole. È essenziale sottolineare che, sebbene il suono pastoso possa piacere a qualcuno, non può essere considerato HiFi. Questi amplificatori sono più adatti ad essere accoppiati con vecchi giradischi con testine a cristallo, progettati per riprodurre dischi d’epoca.

L’articolo prosegue con la riparazione di un altro amplificatore Geloso G 236-HF, affrontando nuove sfide e problemi unici. Infatti sono stato incaricato di revisionare un’altra coppia di Geloso G235HF e G236HF, e di fornire loro un nuovo contenitore. Il finale G236 presentava un trasformatore di alimentazione bruciato, che richiedeva un riavvolgimento a causa di interventi approssimativi effettuati da qualcuno che ha cercato di ripararlo in modo molto rudimentale. Nell’immagine successiva è possibile osservare il trasformatore dopo il riavvolgimento.

Il processo di restauro dell’apparecchio ha coinvolto il ripristino della sezione di alimentazione seguendo lo schema originale. Sono stati sostituiti tutti i condensatori a carta e altri elettrolitici di dimensioni ridotte nella sezione pre, insieme alla sostituzione di alcune resistenze che mostravano segni di degrado. Le valvole sono state accuratamente testate utilizzando l’uTracer3+. Infine, il tutto è stato alloggiato in una scatola di legno appositamente costruita su misura, completando il restauro dell’apparecchio in modo esteticamente gradevole e funzionalmente ottimale.

L’apparecchio, risalente al 1962, costituisce un affascinante esempio tecnico e strumentale delle elettroniche d’epoca. Esplorare il funzionamento di queste componenti è un viaggio nel passato che fornisce preziosi insight sulla reale prestazione sonora del dispositivo. Nell’ambito di questa analisi, mi sono concentrato sulla sezione G236HF, ossia il finale.

Ho effettuato la misurazione della potenza, che si attesta a circa 10 watt con le valvole originali in uso e potrebbe probabilmente salire a circa 15 watt con valvole nuove. Il fattore di smorzamento è risultato essere di DF 4. La banda passante, misurata a circa 1 watt, è di 60Hz/8,5kHz -1dB. Di seguito, il grafico illustrativo di queste misurazioni.

Risulta evidente che questi apparecchi presentano una resa sonora molto concentrata sui medi, con carenze sia nella gamma dei bassi che in quella degli alti, aspetti che, in quegli anni, erano spesso trascurati. Proseguo ora con l’analisi spettrale e gli spettri a 100Hz, 1kHz e 10kHz, anche se questi ultimi potrebbero avere una rilevanza limitata.

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7 Responses to Geloso G 236-HF / G 235-HF: Restauro di un Amplificatore Valvolare Vintage

  • Un po’ come le automobili d’epoca non potrebbero competere con le attuali, questi amplificatori, sebbene non in linea con gli attuali standard hi-fi, racchiudono lo spirito di un’industria nazionale pionieristica e ancora basata sulla sola manodopera di esperti artigiani. Far rivivere un’incisione d’epoca attraverso una testina al cristallo e questo valvolare rende quindi, tra i crepitii dei vinili vissuti, quella che doveva essere l’esperienza d’ascolto dei nostri genitori negli anni ’50 e ’60. Solo la passione e la competenza di Stefano Bianchini potevano rendere possibile quest’esperienza e solo la sua formazione ed attenzione potevano intervenire sull’unico aspetto che fosse imprescindibile aggiornare ai tempi attuali: la sicurezza.
    Complimenti dal proprietario Alessandro Ancarani

  • L’aver usato una piattina per avvolgere il secondario (che al giorno d’oggi credo sarebbe introvabile se non in sezioni enormi per trasformatori trifase) dovrebbe essere un trucco similare ad avvolgere il secondario in bi o trifilare che ha 2 vantaggi uno quello di aumentare la sezione del conduttore abbassato la RDC sprecando meno spazio dentro al rocchetto e il secondo vantaggio è quello di riuscire ad abbattare l’induttanza dispersa del trasformatore

  • Grazie per la pubblicazione dei dati.
    Ho un G236 HF che ho impiegato per anni sul secondo impianto, come diffusione domestica, finché uno dei trasformatori finali si interruppe.
    Nel mio esemplare mancava la targhetta, era uno dei primi pezzi ed era stato impiegato come finale in un organo elettronico del 1957.
    La banda passante del mio esemplare era un po’ più ampia, ma nel mio caso avevo collegato le griglie schermo in ultralineare.
    L’aspetto più interessante rispetto, per esempio, al Leak Stereo 20 della stessa epoca che possiedo è il modo in cui avevano ridotto i flussi dispersi del TU, pur facendo uscire le molte prese necessarie per l’ampio spettro di possibili impedenze di uscita che intendevano coprire: i collegamenti a mezzo strato erano tutti realizzati con piattina di argento.
    Dopo tanti anni temo di aver perso i lamierini del TU guasto, ma sicuramente ho conservato il conteggio delle spire e i campioni del filo smaltato primario e secondario, se ti interessano.

  • Si quieres hacer funcionar aparatos tan viejos, aunque nunca se hayan usado, tienes que cambiar todos los electrolíticos, si hay esos condensadores de papel sellados con alquitrán hay que cambiarlos. Luego están los calentadores de carbón que pierden totalmente la tolerancia a medida que envejecemos. Encenderlo sin hacer las revisiones necesarias es arriesgado, incluso podrías quemar los transformadores.

  • Hola Stefano gracias por responder, en realidad tengo dos amplificadores uno esta en su caja de trasporte en madera original Geloso, pero no funciona.

    Después voy a mirar los transformadores que vende, me gustaría realizar algún proyecto. Abraso

  • Curioso, me gustaría saber cómo una luminaria vintage italiana llegó tan lejos de Italia.

    Para responder a su pregunta Geloso en sus boletines, definió transformadores de audio de “alta calidad” cuyo ancho de banda era de 8khz -3dB. Como puedes ver en los gráficos que he publicado, las características instrumentales son muy pobres. No vale la pena cambiarlos, es mejor que se queden como están, reliquias históricas de una época pasada.

  • Hola, me encuentro en Uruguay, tengo uno de estos (G235HF y G236HF), y me gustaría saber si tiene algún consejo para mejorar el sonido o seria mejor dejarlo así ya que no valdría la pena? Molte grazie.

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