Nel mondo dell’audio valvolare si parla spesso di “classe A”, “classe AB” o “classe B” come se questi termini fossero sinonimo di qualità sonora o potenza assoluta. In realtà, la classe di funzionamento definisce soltanto il modo in cui la valvola lavora rispetto al segnale: quanto tempo durante il ciclo di un’onda rimane conduttiva, quanto è spinta vicino al limite e con quale efficienza viene trasformata la potenza elettrica in potenza audio utile.

Dietro queste sigle apparentemente semplici si nascondono concetti fisici precisi, ma anche molti miti e semplificazioni diffuse. C’è chi sostiene che la classe A “suoni meglio perché è pura”, chi crede che un push-pull in classe AB sia automaticamente inferiore, o chi dichiara potenze fantasiose che sfidano le leggi della termodinamica.
In questo articolo vedremo con chiarezza cosa significa realmente ciascuna classe di funzionamento, come varia la resa in base al tipo di valvola e alla sua connessione (triodo, tetrodo o pentodo, con o senza ultralineare), e soprattutto quali valori di potenza sono realistici per un determinato circuito. L’obiettivo non è difendere una “classe” contro un’altra, ma fornire strumenti concreti per distinguere la tecnica dalla fuffa, e capire cosa aspettarsi davvero da un amplificatore valvolare ben progettato.
Le classi di funzionamento spiegate senza troppa filosofia
In un amplificatore valvolare la “classe di funzionamento” indica quanto a lungo la valvola conduce corrente durante il ciclo del segnale audio. In parole semplici: in classe A la valvola conduce sempre, anche quando il segnale è nullo; in classe AB conduce per più di mezzo ciclo, ma non sempre; in classe B conduce solo per metà ciclo, e l’altra metà è affidata alla valvola complementare.
Nel mondo Hi-Fi moderno la classe B vera e propria non si usa (e non si dovrebbe usare), perché introduce una distorsione di “crossover” molto evidente. Esistono poi altre classi particolari: la classe C, che interessa solo i trasmettitori RF e non ha applicazioni audio, e la classe D, tipica degli amplificatori a stato solido a commutazione, non dei valvolari.
Un amplificatore single ended può essere solo in classe A, per un motivo molto semplice: c’è una sola valvola che amplifica tutto il segnale, quindi deve restare sempre conduttiva, anche nel punto più basso dell’onda, altrimenti parte del segnale sparirebbe.
Un push-pull, invece, può funzionare sia in classe A che in classe AB. Se è in classe A, entrambe le valvole conducono sempre per tutto il ciclo, ma a differenza di un single ended, le correnti continue si annullano nel trasformatore. La potenza ottenibile è la stessa di un single ended parallelo, ma con un trasformatore privo di correnti continue e che quindi funziona meglio e in modo più lineare.
E arriviamo al famigerato concetto di “pura classe A”, che è semplicemente una scemenza inventata dal marketing. Non esiste nessuna “classe A pura”, perché la distinzione tra classe A e classe AB è già netta e sufficiente. Molti confondono le due cose dicendo: “eh ma poi scopri che è in classe A fino a un certo punto, poi non più”. Ecco, in quel caso è una classe AB, e non c’è niente di strano, è proprio per questo che esiste il concetto di classe AB! Cioè, molte persone non si rendono conto che un amplificatore che lavora in classe A fino a un certo punto è, a tutti gli effetti, un amplificatore in classe AB! Non esistono due cose diverse: è proprio così che funziona la classe AB — parte del segnale viene amplificata in A, poi oltre una certa soglia si entra gradualmente nella zona B. Dire “funziona in A fino a un certo punto” è semplicemente descrivere la classe AB con altre parole! Ed è proprio per questo che non ha alcun senso parlare di “classe A pura”: dire semplicemente classe A implica già che l’amplificatore non supera mai il punto in cui una delle valvole smette di condurre. La definizione stessa di classe A esclude per sua natura qualsiasi passaggio in B, quindi aggiungere “pura” è solo ridondante o meglio, un trucco di marketing, una frase senza senso tecnico.
In un push-pull, tra l’altro, è praticamente impossibile rimanere in classe A al 100%. Quando ci si avvicina al limite di potenza, appena prima del clipping, ci sarà sempre una piccola zona in cui il circuito passa in AB, a causa delle inevitabili tolleranze delle valvole o delle leggere imperfezioni nella polarizzazione. Ma questo vale anche per i single ended, che in teoria dovrebbero essere sempre in classe A: in pratica non lo sono mai in modo perfetto. Per via della non linearità della valvola e delle caratteristiche del trasformatore, il clipping in un single ended è intrinsecamente asimmetrico; quindi, anche lì, verso il limite della potenza il funzionamento si sbilancia leggermente, comportandosi per un attimo come se fosse in classe AB, anche se non c’è una seconda valvola a compensarlo.
Ma preoccuparsi di questo è una perdita di tempo: nessuno ascolta musica con l’amplificatore a pieno carico continuo, e tutti i watt erogati prima di quel punto sono e restano in classe A, con il suono e le caratteristiche tipiche di quella classe. Se hai un amplificatore da 20 watt che lavora in classe A per 19,5 watt e poi passa in AB solo sull’ultimo mezzo watt, non suonerà mai in modo diverso da uno che resti in A perfetta fino in fondo. Tra l’altro, la differenza può dipendere anche solo dal tipo di valvole montate: basta cambiare una coppia e il punto di transizione si sposta.
Una volta, spiegando questo concetto al telefono ad un cliente, lui mi disse: “Lo so la differenza tra A e AB, ma tanti dicono A e poi scopri che è A solo fino a un certo punto, quindi dire pura classe A serve per dire che è A perfetta per tutta la potenza.”
La mia risposta fu: “Guarda, da un push-pull di KT88 in classe A ottieni circa 20-22 watt. Su facebook una volta vidi che parlavano di un amplificatore push-pull di KT88 da 80 watt in pura classe A. Non è fisicamente possibile quello era un amplificatore in classe AB, punto. E se provavi a discuterne tecnicamente, il venditore si inalberava e ti rispondeva con il classico eh ma tu non sai come si fa… sì, certo che lo so: fai una classe AB e poi racconti che è “pura classe A”.”

La conclusione è semplice: gli amplificatori a valvole possono essere in classe A o in classe AB, e la “pura classe A” non esiste. È solo un’etichetta inventata dai venditori furbi e dai guru da fiera per abbindolare chi non ha gli strumenti per capire la differenza.
I Watt: RMS, picco e… quelli “musicali”
Quando si parla di potenza negli amplificatori, il termine “watt” viene spesso usato in modo disinvolto, e non sempre con cognizione di causa. In realtà, esistono diversi modi di misurare o dichiarare la potenza, e capire la differenza è fondamentale per non farsi prendere in giro.
La potenza RMS (Root Mean Square) è l’unica misura seria e tecnicamente corretta: rappresenta la potenza media effettivamente erogata dall’amplificatore su un carico resistivo, senza distorsione e in condizioni di funzionamento continuo. È quella che conta davvero, perché indica quanto “spinge” realmente l’amplificatore in uso normale.
La potenza di picco o picco-picco (PeP) si riferisce ai valori massimi istantanei del segnale: il punto più alto dell’onda positiva e quello più basso dell’onda negativa. È un valore molto più grande rispetto alla potenza RMS (circa otto volte maggiore) ma non rappresenta la potenza reale e continua dell’amplificatore, bensì solo l’escursione massima del segnale prima del clipping.
Fa più scena dire “questo amplificatore eroga 160 watt PeP” piuttosto che “20 watt RMS”, ma in sostanza è la stessa cosa: cambia solo il modo di esprimere il numero, non la potenza effettiva.
Il valore PeP ha un suo significato tecnico in determinati ambiti di misura, quindi come definizione esiste ed è corretta, ma come al solito, il marketing se n’è appropriato per gonfiare le specifiche e far sembrare tutto più potente di quanto non sia davvero.
E poi ci sono i famigerati “watt musicali”, un’invenzione del marketing degli anni ’70 e ’80 per far sembrare tutto più potente. In pratica, i “watt musicali” sono semplicemente i watt RMS moltiplicati per due. Tutto qui. Nessuna formula, nessuna misura scientifica, solo un numero raddoppiato per scrivere di più sulla targhetta. Così un amplificatore che eroga realmente 10 watt RMS diventa magicamente un “20 watt musicali”. Un trucco da fiera, buono solo per confondere chi non ha gli strumenti per capire la differenza.
In sintesi:
- Watt RMS: potenza reale e continua.
- Watt di picco: istante massimo prima della distorsione.
- Watt musicali: una trovata pubblicitaria senza alcun fondamento tecnico, solo numeri gonfiati per vendere di più.
Le potenze inventate e i miracoli da datasheet
Un altro grande classico del mondo dell’audio valvolare è la dichiarazione di potenze completamente inventate, spesso basate su calcoli fantasiosi o su una lettura ingenua (quando non deliberatamente furba) dei datasheet delle valvole. Come difendersi dalle pratiche commerciali scorrette di certi produttori di apparecchiature valvolari, che spesso approfittano della poca esperienza tecnica di alcuni utenti per diffondere informazioni confuse o fuorvianti. Di recente ho ricevuto l’ennesima email di un appassionato che mi chiedeva chiarimenti proprio su questo tipo di situazioni:
Ciao mi chiamo *** recentemente ho chiesto informazioni su un forum riguardo uno schema con le EL34, un utente mi ha consigliato il tuo progetto di SE con le EL34 quello pilotato con le 6SL7 in totem perchè l’ha realizzato e ha detto che va molto bene ma tu scrivi che è un 7 watt e a me non bastano, io invece ho trovato questo schema (schema censurato) ed è l’unico da 15watt che ho trovato e l’ho realizzato con le EL34 invece che con le KT88 però non mi soddisfa, visto che mi hanno parlato bene di te mi puoi spiegare la differenza, forse perchè questo schema usa l’ultralineare e tu no? puoi farmi un trasformatore con la presa al 43% o puoi modificarmi il tuo progetto per più di 15 watt visto che non mi bastano? Ciao e grazie.
Dopo aver letto la sua email, la domanda era chiara: come mai il mio progetto con una EL34 in single ended è da 7 watt, mentre un altro schema simile dichiarava 15 watt? Ovviamente quei “15 watt” erano del tutto campati in aria, ma vale la pena chiarire il perché, così da capire come nascono certe dichiarazioni fantasiose.
Innanzitutto, dell’uso dell’ultralineare in single ended ho già parlato in un altro articolo, che potete leggere cliccando qui. L’idea diffusa che l’ultralineare aumenti la potenza è falsa: in realtà, in configurazione single ended, la potenza diminuisce, non aumenta.
In secondo luogo, io indico sempre la potenza per singolo canale, quindi i miei 7 watt sono 7 + 7, non 7 totali. Nel progetto che mi è stato segnalato, invece, era scritto “15 watt stereo”, il che lascia intendere che si tratti della somma dei due canali, una pratica furba ma scorretta, fatta solo per scrivere un numero più grande sulla carta e confondere i meno esperti.
Per curiosità e per verificare quanto fosse realistico quel valore, ho deciso di simulare il circuito. Ho utilizzato LTSpice, un software gratuito di simulazione analogica sviluppato da Analog Devices, e i modelli valvolari di Norman Koren, un nome affidabile nel settore. Nel test ho simulato uno stadio finale con KT88, utilizzando un trasformatore ideale da 3k con presa al 43%. Un trasformatore ideale significa senza perdite, quindi già nelle condizioni più favorevoli possibili: se anche in questa simulazione “da sogno” il risultato non si avvicina ai 15 watt dichiarati, nella realtà è impossibile raggiungerli.


La corrente al catodo risulta di 110 mA. Considerando che il catodo è sollevato da massa di 40 volt e la tensione anodica è di 450 volt, sulla valvola cadono 450 – 40 = 410 volt. Moltiplicando per la corrente otteniamo 410 × 0,11 = 45,1 watt, quindi la valvola sta dissipando 45 watt, superando già il limite di targa di una KT88, che è di 40 watt complessivi (35 di placca + 5 di griglia schermo).
È evidente che nella realtà un trasformatore d’uscita non è ideale: ha una resistenza in corrente continua che provoca una piccola caduta di tensione. Quindi la tensione effettiva sulla placca sarà inferiore ai 450 volt teorici. Se ipotizziamo una perdita di circa 10 volt nel primario, possiamo correggere la simulazione portando la tensione di alimentazione a 440 volt, in modo da riflettere un comportamento più realistico del circuito.

Ora sulla valvola cadono 400 volt con una corrente di 100 mA, quindi la dissipazione è esattamente 40 watt, pari al limite massimo consentito per una KT88. Il trasformatore, nella simulazione, è ancora ideale, quindi senza perdite né resistenza ohmica. Poiché il catodo è sollevato da massa di 40 volt, il segnale massimo applicabile alla griglia di controllo, prima che la valvola entri in clipping, sarà di circa 40 volt di picco. A questo punto possiamo osservare quale tensione si ottiene sul secondario del trasformatore.

Il segnale misurato sul secondario mostra un picco positivo di 12,29 V e un picco negativo di 13,57 V, per un totale di 25,86 V picco-picco. Applicando le formule base:
- I = V / R = 25,86 / 8 = 3,23 A picco-picco
- W = V × I = 25,86 × 3,23 = 83,52 watt picco-picco
- WRMS = Wpp / 8 = 83,52 / 8 = 10,44 watt RMS
Si tratta di una potenza calcolata con un trasformatore ideale, quindi senza alcuna perdita. In un circuito reale, però, il trasformatore ha sempre una certa dispersione: in media attorno al 30%, a seconda della qualità costruttiva e delle dimensioni del nucleo. Tenendo conto di questo rendimento, la potenza effettiva scende a circa 8 watt RMS reali, forse 10 nei casi migliori. Ma anche volendo essere ottimisti, non saranno mai 15 watt, come dichiarato da certi schemi “creativi”.
Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità. Cit: Joseph Goebbels
Vediamo ora come cambia la situazione utilizzando una EL34. In questo caso la tensione anodica è di 340 volt, con il catodo sollevato da massa di 21 volt. La corrente anodica risulta di 77,8 mA, per una dissipazione complessiva di 24,8 watt, praticamente al limite dei 25 watt massimi ammessi per la valvola. Il generatore di segnale applicato alla griglia di controllo fornisce un’ampiezza di 21 volt di picco, valore sufficiente per portare la valvola vicino al punto di clipping.

Il segnale sul secondario mostra un picco positivo di 9,69 V e un picco negativo di 10,32 V, per un totale di 20,01 V picco-picco. Saltando i calcoli già illustrati in precedenza, la potenza corrispondente su un trasformatore ideale risulta di circa 6,25 watt RMS. Togliendo la dispersione reale del trasformatore, che inevitabilmente riduce la resa, la potenza effettiva scende ulteriormente. Quindi, anche nelle condizioni più favorevoli, non si arriva certo a 15 watt per canale, e nemmeno a 7 reali con quel circuito. Nel mio progetto, invece, la EL34 è utilizzata a pentodo, una configurazione che offre un rendimento di potenza superiore rispetto al collegamento a triodo o ultralineare. Vediamo quindi cosa accade in simulazione con la valvola collegata a pentodo.

Con la EL34 collegata a pentodo, il segnale misurato sul secondario mostra 11 V di picco positivo e 15,86 V di picco negativo, per un totale di 25,86 V picco-picco. Questo corrisponde a circa 10,44 watt RMS su un trasformatore ideale, privo quindi di qualunque perdita. Considerando un rendimento realistico, con una dispersione media intorno al 30%, la potenza effettiva diventa circa 8 watt RMS reali.
Personalmente, preferisco dichiarare la potenza in modo onesto, misurandola poco prima che una delle due semionde inizi a schiacciarsi, cioè appena sotto il punto di clipping. Per questo motivo il mio progetto viene indicato come 7 watt RMS per canale, quindi 14 watt totali in stereo, una potenza reale e ripetibile che supera comunque quella di molti schemi che dichiarano numeri impossibili e fisicamente irraggiungibili senza distorsioni pesanti. Per chi volesse replicare le simulazioni, metto a disposizione la libreria di LTSpice con i modelli di Norman Koren, disponibile qui: Koren_Tubes.zip.
Potenza e impedenza: perché nei valvolari non funziona come negli stato solido
Un cliente mi ha chiesto una cosa curiosa:
Ciao stefano sono *** l’anno scorso ho realizzato il PP2010 di ciuffoli con i tuoi trasformatori ti voglio chiedere se metto delle casse di 4ohm sulla presa da 8ohm posso arrivare a 100watt?
Dopo un breve scambio, è emerso che qualcuno, uno dei soliti “guru” da social, gli aveva suggerito questa teoria. Pensavo parlasse di amplificatori a stato solido, invece si riferiva a un valvolare.
La confusione nasce dal fatto che valvolari e transistor lavorano in modo completamente diverso. Negli amplificatori a stato solido, che sono amplificatori di corrente, la potenza erogata aumenta se si riduce l’impedenza del carico: per esempio, un ampli che fa 40 watt su 8 ohm può arrivare a 80 su 4 ohm, perché può fornire più corrente.
Negli amplificatori valvolari, invece, il discorso cambia completamente. Qui abbiamo amplificatori di potenza che lavorano tramite un trasformatore di uscita, il quale adatta l’impedenza delle casse a quella vista dalle valvole. Le finali a valvola non lavorano solo in corrente ma anche in tensione, e per ottenere la massima efficienza e la minima distorsione devono operare su una retta di carico ben precisa.
Per questo ogni trasformatore ha più prese di uscita (4, 6, 8, 16 ohm), e la cassa va sempre collegata alla presa corrispondente alla sua impedenza nominale. Collegare una cassa da 4 ohm alla presa da 8 ohm non aumenta la potenza, anzi: provoca un disadattamento d’impedenza, riduce la resa, altera la risposta in frequenza e aumenta la distorsione.
In sintesi: negli stato solido abbassare l’impedenza del carico aumenta la potenza, nei valvolari ne peggiora il funzionamento. Il trasformatore si occupa già di mantenere costante l’impedenza riflessa sulle valvole, quindi la potenza resta la stessa indipendentemente dall’uscita usata, purché si colleghi la cassa giusta al morsetto giusto.
Vademecum pratico delle potenze realistiche
Per chi vuole orientarsi tra i numeri reali e le leggende metropolitane, ecco un piccolo vademecum non esaustivo con le potenze RMS approssimative ottenibili dalle valvole più comuni, sia in configurazione single ended (SE) che push-pull (PP). I valori indicati sono da considerarsi realistici, riferiti a circuiti ben progettati e con un funzionamento entro il limite di dissipazione accettabile.
- 300B: In SE, se pilotata correttamente, arriva a 9-10 watt RMS, se meno vuol dire che il driver è debole. In PP, anche se poco comune, in classe AB può raggiungere 30 watt.
- 2A3: In SE eroga circa 2,5-3 watt RMS, mentre in PP in classe AB si può arrivare a 12-15 watt.
- EL34: In SE fornisce 7-8 watt RMS, e in PP in classe AB fino a 25-30 watt. Collegata a triodo in classe A eroga circa 5 watt.
- KT88: A triodo in classe A produce 6-6,5 watt RMS. In single ended a pentodo fino a 12watt. In PP ultralineare in classe AB 70-75 watt, mentre in PP a pentodo circa 50 watt. Questo è un caso particolare: in teoria il pentodo dovrebbe dare più potenza, ma nelle KT88 le griglie schermo sono delicate e oltre i 50 watt rischiano di fondere. In configurazione ultralineare il problema non si presenta, motivo per cui da questa valvola si ottiene più potenza in ultralineare che a pentodo.
- EL84 / 6V6: Molto simili come prestazioni: 3 watt in SE, fino a 15 watt in PP classe AB a pentodo. La EL84 collegata a triodo in SE fornisce meno di 1 watt, perché la sua pendenza troppo elevata la rende poco efficiente in questa configurazione.
- 211: In SE, con pilotaggio solo a griglia negativa, circa 15 watt RMS; con pilotaggio anche in griglia positiva, fino a 25 watt.
- 845: In SE, con pilotaggio a sola griglia negativa, circa 25 watt RMS.
Questi valori vanno presi come riferimento realistico, non come limiti assoluti. Ogni progetto ha le sue sfumature, ma se trovate qualcuno che dichiara numeri molto diversi da questi, potete già intuire che sta raccontando più favole che elettronica. Se avete dubbi o volete conoscere le potenze tipiche di altre valvole, scrivetelo nei commenti: sarà un piacere aggiungerle alla lista.
Gli “amplificatori atomici”

A conclusione di questo articolo vale la pena citare una categoria particolare di apparecchi, che io chiamo affettuosamente “amplificatori atomici”. Si tratta di quei progetti, spesso risalenti alla fine degli anni ’70, nati dalla mente di progettisti un po’ visionari che cercavano di spremere potenze mostruose da valvole comuni. Sui loro datasheet dichiaravano con orgoglio cifre assurde, tipo 100 watt da una coppia di KT88 in push-pull, roba che sulla carta può anche sembrare possibile, ma nella realtà significa portare le valvole oltre ogni limite fisico e di sicurezza. Molti di questi apparecchi, ancora oggi in circolazione, sono autentiche bombe a orologeria: dissipazioni fuori scala, tensioni folli e componenti sempre oltre il limite. Chi volesse approfondire questa categoria di amplificatori “da coraggio”, può leggere l’articolo dedicato agli amplificatori atomici che ho pubblicato tempo fa.
Postilla finale: la fiaba dell’idraulico geniale
C’era una volta un idraulico con la passione per le valvole. Un giorno decise che progettare amplificatori doveva essere facile come cambiare una guarnizione, e così si mise all’opera. Dopo settimane di seghe mentali e prove con il saldatore, dichiarò trionfante che il suo single ended di KT88 faceva 100 watt! Sì, proprio così: cento watt da una sola KT88.

Io, che evidentemente non ho la stessa fantasia, restai basito. Perché se lui riusciva a tirare fuori 100 watt da una sola valvola, allora io con la potenza di un peto dovrei riuscire a volare come Superman. Ma niente, SuperMario Svalvolato (così lo chiamavano i suoi amici) non voleva rivelarmi il segreto. Disse che io non ero capace, che lui sì, ma non me lo spiegava come si fa. Forse un giorno scriverò anche la favola completa… ma servirà il bollino “vietato ai minorati di spirito critico”, perché la storia di SuperMario Svalvolato e dei suoi 100 watt da una KT88 è talmente assurda che rischia di ridurre il quoziente intellettivo di chi la legge.
Ormai e’ passato un anno da quando sono in possesso di una coppia di dual mono con 845 e 6em7 da me realizzati su progetto e trasformatori sb lab e devo dire che questo progetto e’ veramente senza compromessi . Esperienza di ascolto valvolare in classe a con un’energia impressionante . Io li ascolto da qualche mese con le mie nuove klipsch rf7 3 e l’unico termine che mi viene in mente e’ esaltanti . Tutte le persone che hanno ascoltato i miei monofonici con le rf7 sono andate via con la pelle d’oca . Qualche mese fa li ho portati da un amico con delle wharfedale non proprio sensibili ma questi bestioni non temono nulla, suonano dolci come un bignè e forti come un bisonte anche su sensibilita’ relativamente basse . Semplicemente mostruosi .
Ciao Stefano sono Guido dalla Sardegna credo uno dei pochi che possa lasciare un commento su questo tuo progetto sulla 845 in quanto uno dei primi ad averlo realizzato . Innanzitutto vorrei ringraziarti sia per il progetto che come sempre una volta cablato in maniera corretta ovviamente funziona alla perfezione e sembra di accendere un amplificatore super collaudato anche alla prima accensione e sopratutto per la tua pazienza e competenza nel dispensare consigli per la realizzazione e la messa a punto del progetto. Ho già realizzato due tuoi progetti con la el34 s.e. e il triodino4 perfetti entrambi ma questo ampli e’ semplicemente qualcosa di straordinario . Ho collaudato i due canali in zero feedback e devo dire la verità che dopo aver solo controllato le tensioni non ho resistito a collegarlo alle mie klipsch .Il risultato già’ in zero feedback era a dir poco esaltante . Verificati all oscilloscopio presentano un fattore di smorzamento di ben 2.85 in zero feedback e sfiorano i 7 con feedback inserito banda passante in zero feedback da 10 hz a 25000 hz a -3 db . Purtroppo in questo periodo non ho tanto tempo da dedicargli ma al più’ presto terminerò qualche finitura estetica che manca e qualche valore strumentale più’ dettagliato per restituire a te a a chiunque voglia realizzare questo progetto un feedback più’ accurato . A presto