Restauro e Aggiornamento dell’Amplificatore J.C. Verdier LE220: Modifiche e Riparazioni

Esaminando vari amplificatori valvolari prodotti soprattutto tra gli anni ’80 e ’90, ho riscontrato talvolta scelte di progettazione curiose e, in alcuni casi, persino assurdità senza senso. Nel caso specifico del J.C. Verdier, ho avuto l’opportunità di esplorare il suo design originale e identificare alcuni aspetti suscettibili di miglioramenti. Mi preme sottolineare, con tono rispettoso e professionale, alcune limitazioni riscontrate nel sistema di bias, elementi che possono incidere sul corretto funzionamento dell’amplificatore.

Nel dettaglio, ho notato che anziché adottare una resistenza di bias separata per ciascuna valvola, coppia di valvole o un sistema di bias fisso, si è scelto di unire i catodi delle quattro valvole. Questa configurazione consente l’utilizzo della corrente di bias per alimentare i filamenti delle due valvole pilota. Tuttavia, questa scelta di design può presentare alcune complicazioni. La corrente delle quattro valvole non è regolata in modo ottimale e bilanciato, generando consumi differenziati tra di loro. Questo può causare distorsioni e la presenza di corrente continua nel trasformatore di uscita. Di seguito, è riportato uno schema approssimativo del circuito.

Il trimmer presente sulla scheda consente di portare la tensione delle griglie a un livello positivo, ma non svolge la funzione di regolare il bias delle valvole. In realtà, il suo scopo è incrementare la corrente per accendere in modo ottimale i filamenti della ECC81 e della ECC83. In pratica, le valvole finali sono utilizzate come elemento di potenza di un dimmer. È importante sottolineare che questa scelta di progettazione potrebbe non massimizzare appieno le potenzialità delle valvole e garantire un funzionamento ottimale. Nella mia esperienza, ho ritenuto necessario apportare modifiche significative per affrontare queste problematiche e potenziare le prestazioni complessive dell’amplificatore.

Nelle 2 foto sotto le 2 versioni con e senza controlli

È importante notare che ci sono casi in cui le scelte fatte dai progettisti non sono necessariamente basate sulla ricerca del miglior suono o su conoscenze profonde del settore. A volte, possono esserci considerazioni economiche che portano a soluzioni che potrebbero sembrare poco intuitive o persino ingenue.

Nel caso specifico dell’amplificatore valvolare che sto esaminando, è possibile notare alcune caratteristiche o scelte di progettazione che potrebbero far riflettere. Ad esempio, potrebbe sembrare strano o poco sensato che invece di adottare soluzioni standardizzate o ampiamente accettate, siano state implementate soluzioni insolite o poco convenzionali. Tuttavia, è importante considerare che queste decisioni potrebbero essere state prese per motivi economici, nel tentativo di ridurre i costi anche di pochi spiccioli. È importante sottolineare che ciò non significa necessariamente che tali soluzioni siano le migliori o che siano frutto di una profonda conoscenza dell’argomento. Al contrario, potrebbero essere il risultato di compromessi o di una mancata consapevolezza dell’impatto che queste scelte potrebbero avere sul funzionamento dell’amplificatore.

Fortunatamente, i catodi delle finali e i filamenti delle ECC8x sono collegati tramite fili anziché piste sulla scheda. Questo ha permesso di intervenire senza apportare modifiche irreversibili al layout originale, evitando tagli alle piste e preservando l’integrità dello stampato, fatta eccezione per alcuni fori di fissaggio delle “patch”.

Nelle foto sotto l’aspetto del PCB della versione con controlli e quella senza controlli

Prima di iniziare la modifica, ovviamente ho provveduto alla riparazione del circuito, che aveva una gran parte di condensatori elettrolitici giunti al termine della loro vita utile. Ho iniziato a dissaldarli uno per uno per testarli sul ponte, avendo questa sorpresa…

Almeno la metà di essi aveva i pin corrosi dall’interno; praticamente, il condensatore si era auto-scollegato dal circuito. Però ci tengo a sottolineare che quelli sopravvissuti avevano caratteristiche elettriche di tutto rispetto, molto migliori dei condensatori nuovi che ho comprato come rimpiazzo. Guardate un po’:

Per illustrare brevemente la questione: gli originali, con almeno 30 anni sulle spalle, erano doppi da 25+25uF, successivamente utilizzati con sezioni in parallelo, con una capacità totale di 50uF se misurati effettivamente risultavano essere da 52uF con una ESR di 0,26 ohm. In contrasto, i nuovi (colorati di rosso) prodotti alcuni mesi fa, con una capacità nominale di 47uF, mostravano una misurazione di circa 42uF, accompagnata da una ESR di 1,1 ohm. Questa discrepanza evidenzia la differenza qualitativa tra i condensatori attuali e pone in luce la misconoscenza di coloro sui social che sostengono che cambiare i condensatori vecchi con altri della stessa capacità e tensione sia sufficiente. Dal punto di vista sonoro, una disparità così marcata nella ESR è udibile facilmente. È sorprendente constatare come un condensatore vintage di 30 anni sia notevolmente superiore a uno nuovo di recente produzione. Questo fenomeno sottolinea che, nonostante le capacità moderne, talvolta le tecnologie antiche mantengono un livello di qualità superiore. Non è una questione di competenza, ma piuttosto di un approccio al design che mira a garantire la durata nel tempo. Si tratta dell’obsolescenza programmata, una problematica che affligge la moderna tecnologia. Quanto a questo condensatore rosso, si prevede una vita utile di circa 5 anni, dopo i quali sarà inevitabile sostituirlo.

Naturalmente, esistono condensatori audio di alta qualità che potrebbero essere stati una scelta valida come sostituti dei vecchi originali (vale la pena notare che in passato non c’erano condensatori audio, erano tutti generici e di buona qualità). Tuttavia, mi trovavo di fronte anche a una questione meccanica, poiché avevo bisogno di un ricambio con almeno lo stesso diametro degli originali per garantire una corretta installazione senza compromettere l’estetica. Pertanto, nei tre punti più critici del circuito, ho aggiunto in parallelo agli elettrolitici dei condensatori polipropilenici Audyn Cap per compensare la mancanza tecnica degli elettrolitici.

Questo episodio dovrebbe servire come lezione per i restauratori, invitandoli a smettere di sostituire a casaccio i componenti degli amplificatori che si trovano tra le mani. Questa pratica, sebbene possa sembrare un’operazione di manutenzione, può danneggiare irrimediabilmente l’integrità sonora degli amplificatori. Anche se, diversamente da alcuni restauratori, io non apporterò modifiche al circuito in questo articolo, ritengo fondamentale sottolineare come alcuni professionisti, invece di migliorare, peggiorino la qualità sonora sostituendo condensatori vecchi, perfettamente funzionanti e caratterizzati da prestazioni eccellenti, con componenti di scarsa qualità, compromettendo così irrimediabilmente la resa sonora complessiva.

La pratica corretta in situazioni del genere consiste nell’utilizzare un ponte LCR di qualità, evitando i tester cinesi economici da 8€, per verificare lo stato di salute del componente da sostituire. È fondamentale valutare attentamente se la sostituzione sia effettivamente necessaria e, nel caso in cui si opti per nuovi componenti, valutarne le prestazioni per assicurarsi che siano all’altezza o se richiedano un miglioramento. Il secondo miglioramento che ho apportato è stato la sostituzione dei vecchi condensatori Wima rossi in poliestere (non polipropilene) da 250 volt con condensatori polipropilenici assiali, presenti in abbondanza nel mio inventario e occasionalmente utilizzati nelle radio d’epoca. Sebbene questi bianchi siano limitati a 250 volt di tensione, presentano caratteristiche paragonabili a quelli di alta fascia come i Mundorf.

Nel caso di condensatori a film posizionati lungo il percorso del segnale, il fattore di dissipazione “D” assume un ruolo cruciale per le caratteristiche sonore. Ad esempio, il D del Wima rosso è 0,0032 @ 1 kHz, mentre quello del condensatore ERO al polipropilene è di 0,0001 (come riscontrato nei Mundorf Supreme). Considerando che gli originali erano da 470nF e io avevo a disposizione dei condensatori da 220nF, ho optato per l’installazione di due in parallelo. Sebbene possedessi anche dei condensatori da 470nF, erano da 1000 volt e troppo ingombranti per lo spazio disponibile. Questa differenza nel fattore D si traduce in un aumento del dettaglio sonoro e una maggiore pulizia/precisione, specialmente alle frequenze più elevate.

Cos’è il fattore di dissipazione?

Il fattore di dissipazione è un parametro funzionale di un condensatore chiamata anche perdita elettrica o resistenza di dissipazione, o semplicemente “D”. In termini semplici, indica quanto efficacemente un condensatore può convertire l’energia elettrica in un segnale sonoro senza perdite o distorsioni indesiderate. È essenzialmente un indicatore della qualità e delle prestazioni di un condensatore.

Quando il segnale audio passa attraverso un condensatore, il componente “D” può dissipare parte dell’energia elettrica sotto forma di calore. Questo può causare una perdita di potenza e una distorsione del segnale, compromettendo la fedeltà dell’amplificazione. Il condensatore può avere un effetto sulle frequenze del segnale audio che fa sì che l’energia si disperda maggiormente a determinate frequenze (solitamente quelle più alte). Ciò può influire sulla risposta in frequenza dell’amplificatore, attenuando alcune frequenze e alterando l’equilibrio sonoro complessivo. Pertanto, la scelta dei condensatori con un basso fattore di dissipazione è essenziale per garantire la qualità del suono dell’amplificatore. Condensatori di alta qualità e ben progettati, con un basso fattore di dissipazione, possono minimizzare le perdite e la distorsione, preservando l’integrità del segnale audio e mantenendo una risposta in frequenza accurata.

In conclusione, il fattore di dissipazione dei condensatori è un aspetto significativo da considerare quando si analizza l’influenza dei componenti elettronici sull’amplificazione audio. La scelta di condensatori di alta qualità con un basso fattore di dissipazione può contribuire a minimizzare le perdite, ridurre la distorsione e mantenere una risposta in frequenza accurata. Questa attenzione ai dettagli nella selezione dei componenti è fondamentale per ottenere un suono cristallino e un’esperienza audio appagante.

Curiosità: i condensatori con più alto fattore di dissipazione, quindi che causano il maggiore degrado delle componenti ad alta frequenza di un segnale audio sono (generalmente) i carta olio (con alcune eccezioni), mentre i condensatori con il D più basso in assoluto, quindi che apportano il minimo degrado sono quelli in polipropilene (ovviamente devono essere di buona qualità).

Terminato il recap mi sono concentrato sulla modifica del sistema di bias, costruendo e montando a sandwich 2 ritagli di 1000 fori dove avevo realizzato un circuito di self bias – self balancing di Blumlein di cui ho già parlato in questo articolo. In questo modo ho ottenuto in modo semplice e che non richiede manutenzione un sistema per mantenere sempre bilanciate le correnti di bias delle 2 valvole del canale in modo da garantirne un’usura uniforme, minizzare la distorsione e evitare correnti DC nel trasformatore d’uscita.

Gli elettrolitici gialli che vedete appartengono a dei lotti NOS che ho acquistato anni fà, condensatori elettrolitici che fanno tranquillemente mangiare la polvere a molta roba moderna. Ho anche modificato il valore della resistenza di ancoraggio delle griglie controllo delle finali da 470k originali a 220k, perchè 470k sono troppi per finali come le EL34/6L6GC e simili, si rischia la deriva del bias delle valvole e anche effetti distruttivi come potete vedere su certi unison research causati dall’innalzamento della tensione della stessa griglia rispetto la massa, o al suo riferimento, per colpa di correnti di perdita (sulla griglia) che si instaurano quando la valvola comincia a non essere più nuovissima, probabilmente difetto che affligge più che altro le valvole di recente produzione visto che i datasheet d’epoca effettivamente dicono che la puoi portare fino a 0,5Mohm, ma nella mia esperienza pratica ho visto che con 220k si ha una maggiore stabilità e affidabilità fino alla fine della vita utile della valvola.

Le ultime 3 modifiche che ho fatto sono state il ritocco della rete di NFB per aumentare il fattore di smorzamento da circa 1,5/2 del circuito originale a un fattore di 6,1 (c’era guadagno a sufficienza per farlo senza rendere troppo difficile da pilotare il finale) e l’esclusione degli ingressi posteriori serviti da una coppia di commutatori a contatti striscianti tutti neri di ossido (ricambio introvabile), ho escluso anche l’interruttore Control/Direct portando il segnale delle 4 boccole RCA dell’ingresso direct direttamente ai 2 potenziometri del volume, sostituiti con 2 potenziometri nuovi. Avrei voluto mettere un’ALPS stereo ma fisicamente era difficile alloggiarlo, quindi ho optato per cambiare i 2 potenziometri mono con 2 uguali, nuovi ovviamente. E l’alimentazione della ECC81 e della ECC83 direttamente in alternata dal circuito che serve i filamenti delle finali. Il circuito ora eroga circa 14/15watt RMS, con le valvole che c’erano al momento della consegna, non nuovissime ma nemmeno consumate da buttare via, che però sono 5881 e non EL34/6CA7 come sarebbe corretto per questo amplificatore. Vediamo un pò di strumentali:

La banda passante a 1watt è di 20Hz -0dB / 43khz -1dB

Sempre la banda passante a 10watt è 20Hz meno una frazione inferiore di db e appena qualcosa sopra 40khz a -1dB

Ci tengo a evidenziare, per tutti quegli uccellacci che dicono che io critico qualsiasi cosa che non è vero, io sono obbiettivo e pragmatico, racconto quello che vedo e non quello che mi fa comodo per mio tornaconto personale e i trasformatori d’uscita di questo J.C. Verdier sono fatti bene, con ottime caratteristiche paragonabili ai trasformatori che produco io. Anche senza controreazione non è che il loro comportamento cambi più di tanto. Se tante cose fanno schifo non è colpa mia e di certo non mi metto a solleticarvi l’ego solo per farvi piacere, a me interessa raccontare le cose per come sono in realtà. Inoltre, vorrei far presente ai lettori che seguono anche alcune trasmissioni altrui che i grafici che pubblico, come potete constatare aprendone uno a schermo intero, presentano una scala verticale a “1dB per quadretto”, non -3.

Continuo con i THD a 1watt e a 10watt, con una distorsione a 0,17 e 0,28%

Quadre a 100Hz / 1k /10k

L’amplificatore ha suonato subito in modo eccellente, pulito, brillante. Mi è stato consegnato che montava quattro 5881, una ECC81 sylvania e una ECC83 sowtek, tutte in ottimo stato di efficenza. In ogni modo sostituire la ECC83 sowtek con una Philips Miniwatt ho portato un un netto miglioramento della brillantezza in gamma alta e del dettaglio sonoro in generale. Rispetto com’è in versione originale tutte queste piccole modifiche hanno portato aria all’ascolto, l’ampli suona bene e nonostante resti ancora in essere una sezione di alimentazione praticamente non filtrata e non disaccoppiata per i 2 canali molti amplificatori che si comprano in giro, anche dalle doti dichiarate superiori, suonano sicuramente peggio.

Errore nella Scelta delle Valvole: Quando un Sbaglio Provoca Gravi Danni…

Recentemente mi è stato affidato un amplificatore che ha subito danni significativi a causa di una errata sostituzione delle valvole. Il cliente ha montato le valvole russe 6n3C (equivalenti alle 6L6G) in un circuito progettato per le 6n3C-E (equivalenti alle 6L6GC). Questa scelta ha causato danni rilevanti, evidenziati da componenti carbonizzati, buchi di carbone nero nella resina del PCB e zoccoli di valvole fusi. Le foto di questo disastroso errore sono illustrate sotto, evidenziando l’importanza cruciale di selezionare e sostituire le valvole correttamente.

Per una comprensione dettagliata delle differenze tra le varie valvole della famiglia delle 6L6 e i rischi associati a cambi non ponderati, potete fare riferimento a questo articolo, clicca qui. Le immagini successive documentano il processo di riparazione dell’amplificatore. Ho accuratamente rimosso le “carie” con una fresa del dremel. Successivamente, ho applicato resina UV per consolidare le fibre di vetro e ho proceduto con la sostituzione degli zoccoli fusi. Questo intervento richiedeva precisione e attenzione, ma il risultato finale rappresenta una vera e propria rigenerazione dell’elettronica, dimostrando l’importanza di un intervento tempestivo e competente in caso di danni causati da errori nella scelta dei componenti.

In conclusione, vorrei sottolineare che sullo chassis dell’amplificatore è indicato il montaggio di valvole 6CA7, considerate equivalenti alle EL34. Nonostante il circuito sia compatibile con le 6L6GC e molte persone optino per queste ultime, e forse ciò era ammesso anche dal produttore (fonte non certa), ho ritenuto opportuno suggerire al cliente l’acquisto di un quartetto nuovo di valvole EL34. Gli ho consigliato di optare per le EL34 Tungsol, una delle mie marche di produzione attualmente preferite.

Nota: I condensatori marroni sottili e alti e poco estetici sono stati installati da un precedente riparatore meno preciso di me. Poiché i condensatori funzionavano nonostante il loro aspetto estetico, ho scelto di lasciarli in sede.


J.C. Verdier DE220 Control (vecchio articolo del 2019)

Anche questo amplificatore può essere migliorato, aspetto solo che qualcuno me ne dia un’altro…

Curiosità: Diverse persone si chiedono cosa voglia dire Double Ended, alcuni ipotizzano che questo amplificatore sia un single ended parallelo o ipotizzano chissà quale innovativo circuito ci sia dentro… Sbagliato… Double Ended non vuol dire niente… questo amplificatore è un normalissimo PushPull in classe AB con sfasatore catodyna, un circuito normalissimo visto 1milione di volte, double ended è solo un’etichetta commerciale, una parola inventata per far sembrare speciale qualcosa che invece è normalissimo.

Questo apparecchio mi è stato consegnato con un canale muto con sospetto di guasto ad un trasformatore di uscita, dopo un’ispezione ho trovato una finale esaurita e una resistenza guasta sul circuito, oltre questo ho sostituito a tappeto tutti i condensatori elettrolitici che risultavano ormai esausti. Il circuito risulta semplificato al limite, ridotto ai minimi termini al punto che hanno usato una sola resistenza e 1 solo condensatore per polarizzare il catodo di tutte e 4 le finali, hanno risparmiato anche sulle viti che sorreggono lo stampato tanto che quando inserisci le valvole negli zoccoli flette tutto. Nel circuito è presente pochissima controreazione e questo si traduce in difficoltà di pilotaggio dei diffusori.

L’apparecchio eroga 20 Watt RMS con un fattore di smorzamento di appena 1,2. I trasformatori d’uscita inaspettatamente mostrano una buona banda passante e renderebbero questo apparecchio ottimo per essere modificato, migliorando la sezione di alimentazione e la polarizzazione delle finali, la qualità dei condensatori utilizzati, la qualità dei controlli del volume, commutatori connettori e inserendo una controreazione più decisa (per altro il circuito ha un’ingresso troppo sensibile e la diminuzione di guadagno che si avrebbe aggiungendo controreazione è desiderabile) potendoci potenzialmente ottenere risultati sonori molto interessanti. Vediamo un pò di strumentali (Nota: per mio distrazione ho settato i grafici in modo lineare invece che in decibel, se avrò nuovamente uno di questi apparecchi per le mani riacquisirò i grafici in modo corretto).

Banda passante su carico resistivo (1 watt)

Banda passante su carico reattivo (1 watt)

Banda passante su carico reattivo alla massima potenza non clippata

Le varie forme d’onda non mostrano distorsioni particolari anche su carico reattivo, la quadra evidenzia un pò di ringing…

Infine vediamo l’analisi si spettro a 1 watt

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3 Responses to Restauro e Aggiornamento dell’Amplificatore J.C. Verdier LE220: Modifiche e Riparazioni

  • bel lavoro!

  • Ho affidato il mio Verdier 220 control a Stefano per un forte ronzio ad un canale e per una revisione generale ed eventuale upgrade. Il lavoro fatto è descritto benissimo e dettagliatamente in questo sito. Io posso dire che i risultati sono veramente eccellenti. È’ migliorata la dinamica, migliorati decisamente anche il controllo dei bassi e il dettaglio e in generale, se così si può dire, la musicalità e il piacere dell’ascolto. Finalmente ho potuto riascoltare con soddisfazione anche un po’ di musica classica e sentire particolari che in passato non erano udibili.
    In conclusione ,grazie Stefano per la grande professionalità e l’esito davvero ottimo!

  • Grande lavoro! Fatto con competenza, professionalita’, questo e’amore per l’elettronica applicata all’audio.
    Recensione intelligente e mai fuori dalle righe.
    Ringrazio Bianchini per questo grande e importante atto di divulgazione.

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Geloso G 236-HF / G 235-HF: Restauro di un Amplificatore Valvolare Vintage

Mi è stato portato un Geloso G 236-HF per un restauro, il cliente, consapevole delle sue limitate doti sonore, desiderava comunque riportare in vita questo amplificatore valvolare vintage. Acceso, l’unico suono emesso era un forte ronzio, un lamento del passato che richiedeva il mio intervento.

La sfida iniziale è stata affrontare i componenti vecchi e usurati. Tutti i condensatori elettrolitici erano sfondati e esauriti. La sostituzione era inevitabile, un passo fondamentale per preservare e migliorare l’eredità di questo pezzo storico.

La sorpresa più grande è stata scoprire il ponte raddrizzatore al selenio, con immagini che mostrano al suo interno con gocce di metallo fuso e bruciature. Ho sostituito entrambi i ponti al selenio con versioni al silicio, più affidabili e con una caduta di tensione inferiore. Per compensare questa differenza, ho aggiunto con attenzione due resistenze in serie, trovando il valore perfetto attraverso prove empiriche.

Misurare e valutare ogni valvola è stato il passo successivo. Sorprendentemente, la maggior parte delle valvole originali era ancora efficiente, tranne una delle EL84 che ho sostituito con un componente di recupero che si abbinava perfettamente alle 3 rimaste. Nel corso del restauro, ho anche sostituito alcuni condensatori non polarizzati che avevano il corpo crepato, portando nuova vita anche al preamplificatore G 235-HF.

Durante il processo di restauro dell’amplificatore Geloso G 236-HF, ho dedicato particolare attenzione alla sicurezza elettrica, un aspetto spesso trascurato nei vecchi apparecchi. Uno dei primi interventi è stato il cambio del cordone di alimentazione con uno nuovo tripolare, seguito dal collegamento della carcassa dell’amplificatore a terra.

Questo upgrade è stato fondamentale per garantire un livello di sicurezza minimo rispetto a scariche indesiderate. Nel corso del restauro, ho ritenuto essenziale condividere con voi una dimostrazione visiva di questo processo. Nel video qui sotto, utilizzo un tester di isolamento per eseguire una prova tra il circuito collegato alla rete elettrica e la carcassa dell’apparecchio.

Nel video, potrete osservare delle scintille elettriche che si generano tra i fili isolati con cotone e la carcassa dell’amplificatore. Questo fenomeno mette in luce il rischio potenziale di non avere un collegamento a terra. Questo è un aspetto critico che molte persone potrebbero trascurare durante il restauro di apparecchi vintage. Ecco perché è fondamentale effettuare tali interventi di sicurezza. Troppo spesso, gli appassionati di restauro potrebbero concentrarsi solo sulla parte estetica o sulla riparazione dei componenti interni, trascurando gli aspetti cruciali della sicurezza elettrica.

Va notato che test di questo tipo sono rari nel mondo del restauro. Non tutti i tecnici si prendono il tempo di eseguire prove di isolamento, e questo può comportare rischi di sicurezza per gli utenti finali. Dopo la prova con le scintille elettriche, ho prontamente provveduto a fasciare il fascio di fili di cotone con del nastro di gomma autoagglomerante, ottenendo un notevole risultato di isolamento fino a 3000 volt CA. Questa precauzione aggiuntiva garantisce una maggiore sicurezza per chiunque interagisca con l’amplificatore Geloso G 236-HF restaurato.

Tuttavia, una verità andava accettata. Questo amplificatore Geloso, benché un’icona vintage, non appartiene alla categoria HiFi moderna. La sua banda passante limitata (60Hz/8kHz -1dB) e la distorsione di intermodulazione è molto elevata quindi la qualità audio è lontana dagli standard odierni. Molti cercano apparecchi vintage Geloso pensando di trovare un suono eccezionale solo perché a valvole. È essenziale sottolineare che, sebbene il suono pastoso possa piacere a qualcuno, non può essere considerato HiFi. Questi amplificatori sono più adatti ad essere accoppiati con vecchi giradischi con testine a cristallo, progettati per riprodurre dischi d’epoca.

L’articolo prosegue con la riparazione di un altro amplificatore Geloso G 236-HF, affrontando nuove sfide e problemi unici. Infatti sono stato incaricato di revisionare un’altra coppia di Geloso G235HF e G236HF, e di fornire loro un nuovo contenitore. Il finale G236 presentava un trasformatore di alimentazione bruciato, che richiedeva un riavvolgimento a causa di interventi approssimativi effettuati da qualcuno che ha cercato di ripararlo in modo molto rudimentale. Nell’immagine successiva è possibile osservare il trasformatore dopo il riavvolgimento.

Il processo di restauro dell’apparecchio ha coinvolto il ripristino della sezione di alimentazione seguendo lo schema originale. Sono stati sostituiti tutti i condensatori a carta e altri elettrolitici di dimensioni ridotte nella sezione pre, insieme alla sostituzione di alcune resistenze che mostravano segni di degrado. Le valvole sono state accuratamente testate utilizzando l’uTracer3+. Infine, il tutto è stato alloggiato in una scatola di legno appositamente costruita su misura, completando il restauro dell’apparecchio in modo esteticamente gradevole e funzionalmente ottimale.

L’apparecchio, risalente al 1962, costituisce un affascinante esempio tecnico e strumentale delle elettroniche d’epoca. Esplorare il funzionamento di queste componenti è un viaggio nel passato che fornisce preziosi insight sulla reale prestazione sonora del dispositivo. Nell’ambito di questa analisi, mi sono concentrato sulla sezione G236HF, ossia il finale.

Ho effettuato la misurazione della potenza, che si attesta a circa 10 watt con le valvole originali in uso e potrebbe probabilmente salire a circa 15 watt con valvole nuove. Il fattore di smorzamento è risultato essere di DF 4. La banda passante, misurata a circa 1 watt, è di 60Hz/8,5kHz -1dB. Di seguito, il grafico illustrativo di queste misurazioni.

Risulta evidente che questi apparecchi presentano una resa sonora molto concentrata sui medi, con carenze sia nella gamma dei bassi che in quella degli alti, aspetti che, in quegli anni, erano spesso trascurati. Proseguo ora con l’analisi spettrale e gli spettri a 100Hz, 1kHz e 10kHz, anche se questi ultimi potrebbero avere una rilevanza limitata.

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7 Responses to Geloso G 236-HF / G 235-HF: Restauro di un Amplificatore Valvolare Vintage

  • Un po’ come le automobili d’epoca non potrebbero competere con le attuali, questi amplificatori, sebbene non in linea con gli attuali standard hi-fi, racchiudono lo spirito di un’industria nazionale pionieristica e ancora basata sulla sola manodopera di esperti artigiani. Far rivivere un’incisione d’epoca attraverso una testina al cristallo e questo valvolare rende quindi, tra i crepitii dei vinili vissuti, quella che doveva essere l’esperienza d’ascolto dei nostri genitori negli anni ’50 e ’60. Solo la passione e la competenza di Stefano Bianchini potevano rendere possibile quest’esperienza e solo la sua formazione ed attenzione potevano intervenire sull’unico aspetto che fosse imprescindibile aggiornare ai tempi attuali: la sicurezza.
    Complimenti dal proprietario Alessandro Ancarani

  • L’aver usato una piattina per avvolgere il secondario (che al giorno d’oggi credo sarebbe introvabile se non in sezioni enormi per trasformatori trifase) dovrebbe essere un trucco similare ad avvolgere il secondario in bi o trifilare che ha 2 vantaggi uno quello di aumentare la sezione del conduttore abbassato la RDC sprecando meno spazio dentro al rocchetto e il secondo vantaggio è quello di riuscire ad abbattare l’induttanza dispersa del trasformatore

  • Grazie per la pubblicazione dei dati.
    Ho un G236 HF che ho impiegato per anni sul secondo impianto, come diffusione domestica, finché uno dei trasformatori finali si interruppe.
    Nel mio esemplare mancava la targhetta, era uno dei primi pezzi ed era stato impiegato come finale in un organo elettronico del 1957.
    La banda passante del mio esemplare era un po’ più ampia, ma nel mio caso avevo collegato le griglie schermo in ultralineare.
    L’aspetto più interessante rispetto, per esempio, al Leak Stereo 20 della stessa epoca che possiedo è il modo in cui avevano ridotto i flussi dispersi del TU, pur facendo uscire le molte prese necessarie per l’ampio spettro di possibili impedenze di uscita che intendevano coprire: i collegamenti a mezzo strato erano tutti realizzati con piattina di argento.
    Dopo tanti anni temo di aver perso i lamierini del TU guasto, ma sicuramente ho conservato il conteggio delle spire e i campioni del filo smaltato primario e secondario, se ti interessano.

  • Si quieres hacer funcionar aparatos tan viejos, aunque nunca se hayan usado, tienes que cambiar todos los electrolíticos, si hay esos condensadores de papel sellados con alquitrán hay que cambiarlos. Luego están los calentadores de carbón que pierden totalmente la tolerancia a medida que envejecemos. Encenderlo sin hacer las revisiones necesarias es arriesgado, incluso podrías quemar los transformadores.

  • Hola Stefano gracias por responder, en realidad tengo dos amplificadores uno esta en su caja de trasporte en madera original Geloso, pero no funciona.

    Después voy a mirar los transformadores que vende, me gustaría realizar algún proyecto. Abraso

  • Curioso, me gustaría saber cómo una luminaria vintage italiana llegó tan lejos de Italia.

    Para responder a su pregunta Geloso en sus boletines, definió transformadores de audio de “alta calidad” cuyo ancho de banda era de 8khz -3dB. Como puedes ver en los gráficos que he publicado, las características instrumentales son muy pobres. No vale la pena cambiarlos, es mejor que se queden como están, reliquias históricas de una época pasada.

  • Hola, me encuentro en Uruguay, tengo uno de estos (G235HF y G236HF), y me gustaría saber si tiene algún consejo para mejorar el sonido o seria mejor dejarlo así ya que no valdría la pena? Molte grazie.

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Amplificatori Single Ended e Connessione Ultralineare

Da un po’ di tempo ho notato una cosa che mi ero ripromesso di affrontare prima o poi. Sempre più spesso, ricevo domande e richieste di consigli riguardo a circuiti e schemi che le persone trovano su Internet e vorrebbero realizzare. In più di un’occasione mi sono trovato a dire loro: “Dimentica questa idea, o vai con un’uscita a triodo o a pentodo, perché la connessione ultralineare in amplificatori single-ended semplicemente non funziona.”

Quando affermo che un amplificatore ‘non funziona’ con la connessione ultralineare in un circuito single-ended, non intendo dire che lo accenderete e sentirete un esplosione o che non produrrà suono, o che il suono sarà così distorto da risultare inascoltabile. Invece, sto sottolineando che si è scelto un circuito concettualmente inadatto che, sebbene produca suono, lo fa in modo subottimale e senza apportare vantaggi significativi o addirittura causando altri problemi. Pertanto, è di fondamentale importanza dedicare tempo a leggere attentamente le mie osservazioni, comprenderle appieno e evitare di lasciare commenti che dimostrano la non comprensione del mio pensiero.

Le persone rimangono perplesse di fronte a queste mie risposte, tanto che ho ancora in catalogo trasformatori per amplificatori single-ended con presa UL, ma ne sconsiglio l’utilizzo. Questo è dovuto anche al fatto che, a un certo punto, devo pur vendere, e se i clienti non li acquistano da me, li acquistano altrove. È incredibile come si tratti di un errore clamoroso che è stato condiviso ed emulato praticamente da tutto il mondo audiofilo, compresi grandi marchi, senza che nessuno se ne sia mai accorto. La comunità degli appassionati di autocostruzione e degli audiofili è convinta che la connessione ultralineare sia una soluzione valida sia per gli amplificatori push-pull che per quelli single-ended, e nessuno sembra preoccuparsi di verificare effettivamente il funzionamento di questa configurazione. Forse è il nome stesso, “Ultra Lineare” che suona così rassicurante… non è solo lineare, è ULTRA! (Questo è un rafforzativo letterario e psicologico, ma non di fatto.)

Cos’è la connessione Ultra Lineare

La connessione ultralineare è una particolare configurazione ottenibile solo con i pentodi, in cui la griglia schermo viene collegata ad una presa intermedia del trasformatore di uscita. Questo collegamento fa sì che la tensione della griglia schermo sia variabile e segua il valore della tensione di placca. Il risultato è un rendimento elevato e un comportamento che rappresenta una via di mezzo tra quello di un pentodo classico e quello di un triodo. Questa innovativa configurazione è stata concepita da Alan Blumlein e mirava a sfruttare il meglio delle caratteristiche di entrambe le tipologie di valvole, triodo e pentodo. È una configurazione che può essere adottata sia per un finale push-pull al fine di massimizzare le potenzialità delle valvole.

Vantaggi della connessione ultralineare

Attraverso una scelta oculata della percentuale di derivazione della griglia schermo, è possibile sfruttare i vantaggi sia delle valvole triodo che delle valvole pentodo. In una gamma molto ristretta di valori di percentuale di derivazione, si è riscontrato che la distorsione diminuisce a valori insolitamente bassi, talvolta inferiori sia all’operazione a triodo che a pentodo, mentre l’efficienza energetica subisce solo una lieve riduzione rispetto all’operazione in pentodo completo. La percentuale di derivazione ottimale per ottenere un funzionamento ultralineare dipende principalmente dal tipo di valvola utilizzato; un valore comunemente osservato è il 43% (rispetto al numero di spire primarie del trasformatore sul circuito dell’anodo), che si applica alla KT88, anche se molte altre tipologie di valvole hanno valori ottimali vicini a questo. Un valore del 20% è stato raccomandato per le 6V6GT. Circuiti Mullard utilizzavano anche il 20% di carico distribuito, mentre gli amplificatori LEAK utilizzavano il 50%. Le caratteristiche del circuito che rendono il carico distribuito adatto agli amplificatori di potenza audio, rispetto a un amplificatore basato su triodo, tetrodo a fascio o pentodo, sono le seguenti:

  1. L’impedenza di uscita viene abbassata a circa la metà di quella ottenuta con un triodo.
  2. La distorsione viene abbassata per avvicinarsi a quella ottenuta con una valvola triodo, ma può essere ancora inferiore nell’operazione ultralineare.
  3. La potenza in uscita è superiore rispetto a quella di un triodo, avvicinandosi a quella fornita da un pentodo.
  4. La potenza in uscita è più costante, poiché il carico distribuito è una combinazione di un amplificatore di transconduttanza e di un amplificatore di tensione.

Alan Blumlein nel passato ha inventato e utilizzato la connessione ultralineare esclusivamente in circuitazioni pushpull e come lui tutti i produttori storici, non vi sono esempi di amplificatori che utilizzino la connessione ultralineare in single ended se non in tempi recenti, scopriamo il perchè! Qui sotto lo schema di un’amplificatore Single Ended Ultralineare realizzato da un cliente SB-LAB apparso in questo articolo (clicca). Come si può vedere la griglia schermo è collegata ad una presa intermedia del trasformatore di uscita.

Voglio far notare il valore della resistenza posta sotto al catodo della KT88 nello schema, del valore di 360ohm… Ora cito quanto mi ha scritto il cliente che ha realizzato questo schema “se può aggiungere una sua nota nel non farsi influenzare dalla resistenza da 360 ohm, io l’ho sostituita con un valore misurato di circa 190 ohm, dopo vari tentativi perchè non tornava la giusta corrente di bias” … È un particolare molto importante ricordatevelo! Ma dico subito da ora che questo problema evidenzia il fatto che il signor Jean Hiraga non abbia mai testato lo schema che ha pubblicato su internet, perchè si sarebbe accordo che la polarizzazione della finale non torna. Questo schema circola su internet da decenni e nessuno si è mai posto il problema di capire come mai non tornasse la corrente di bias (molti sicuramente non se ne sono nemmeno mai accorti e hanno ascoltato solo distorsione felici e ignari affermando quasi sicuramente che andava anche bene).

Tutti coloro che hanno una minima conoscenza di progettazione e sono in grado di interpretare le curve caratteristiche di una valvola, che sia essa un triodo o un pentodo, e che possono disegnare una retta di carico basata sull’impedenza del carico, quindi del trasformatore di uscita, sanno che si seleziona un punto di lavoro tensione/corrente “qualsiasi”, o almeno ci si basa spesso su punti di lavoro caratteristici, nel rispetto dei limiti di dissipazione della valvola, e quindi si traccia la retta che dipende dall’impedenza di carico. Tuttavia, è importante sottolineare che quando si utilizza una valvola connessa in modalità ultralineare, non è possibile selezionare liberamente un punto di lavoro a piacere. Si è infatti vincolati dalla caratteristica della griglia schermo. Ogni modifica della tensione del punto di lavoro comporta una completa modifica del percorso delle curve caratteristiche della valvola. Per chiarire ulteriormente questo concetto, possiamo fare riferimento alle curve presentate nel datasheet della KT88 della Genalex (clicca per ingrandire):

Inizio sottolineando che nel datasheet della KT88, l’utilizzo della modalità ultralineare viene descritto esclusivamente in configurazioni push-pull. In sostanza, all’epoca, non suscitava nessun interesse l’idea di utilizzare l’ultralineare in un amplificatore single-ended. Tuttavia, potrebbe verificarsi il seguente ragionamento da parte di un progettista poco attento: ‘Bene, l’impedenza tipica per una KT88 in configurazione single-ended è di 2500 ohm. A occhio, posso impostare una tensione di 250 volt con 120 mA di bias e una tensione di griglia di circa -32 volt…’. Questo porta alla generazione di una retta caratteristica che può essere visualizzata di seguito:

Per evitare di dover effettuare montaggi fisici in laboratorio, utilizzeremo LTSpice per simulare questa la polarizzazione (2,5k primari e 8ohm secondari con UL al 50%) di una KT88 in questa configurazione e osservare i risultati ottenuti. Il modello della KT88 utilizzato è quello sviluppato da Norman Koren, noto per la sua accuratezza, e posso garantire che se fosse stato realizzato con una valvola reale, il risultato sarebbe stato altrettanto preciso. In teoria dovremmo ottenere una corrente di 120mA che scorre nel catodo…

Ecco cosa accade: La corrente di BIAS è di 24mA !!! A questo punto, chiunque abbia anche solo una minima conoscenza del campo (gli autocostruttori hobbisti sono perdonati, ma chi si definisce un progettista dovrebbe essere in grado di riconoscerlo!) dovrebbe chiedersi: ‘Ma perché le curve caratteristiche prevedono una corrente di 120mA e invece quando assemblo il circuito ne ottengo solo 24?!’ In altre parole, una piccola differenza dovuta alla tolleranza delle valvole è comprensibile, quindi devo regolare leggermente il bias. Ma trovare 24mA invece di 120 è una discrepanza così significativa che dovrebbe destare seri dubbi sulla correttezza della teoria utilizzata per stabilire la polarizzazione della valvola. In realtà, la maggior parte delle persone ignora questo segnale d’allarme e continua a regolare il bias fino a forzare la corrente della valvola senza porsi ulteriori domande. Proviamo a dargli segnale…

Il circuito sembra funzionare ora, anche se è evidente una forma d’onda fortemente distorta (in blu il segnale in ingresso e in verde quello in uscita). Quindi, ciò che ci si potrebbe chiedere è: perché, quando si realizza un amplificatore single-ended in modalità ultralineare, la corrente di bias e l’impedenza del trasformatore non coincidono con le aspettative? Diamo un’occhiata più approfondita alle curve presentate nel datasheet…

Notate quella linea tratteggiata con l’indicazione Va,g2(o) = 425V? Facciamo un breve ripasso sul funzionamento delle valvole, sia triodi che pentodi, e concentriamoci soprattutto sulla loro struttura interna. Iniziamo osservando il triodo, che dispone di una sola griglia e una piastra a forma di “toast,” molto sottile e vicina al catodo.

Successivamente, passiamo a osservare un tetrodo o pentodo, che dispone di 2 o 3 griglie (nel caso del tetrodo a fascio, la terza griglia è costituita da due sottili lamelle metalliche, ma in questo articolo non ci concentreremo su questa terza griglia). È invece cruciale notare che la piastra è situata a una distanza molto maggiore dal catodo rispetto a quanto accade nei triodi…

Nei triodi, il campo elettrico generato dalla placca agisce direttamente sugli elettroni, attrattivamente, mentre la griglia di controllo (G1) a tensione negativa li rallenta e ne regola il flusso. Nei tetrodi o pentodi, tuttavia, la placca è situata a una distanza troppo grande dal catodo per attrarre gli elettroni emessi da sola (o li attrarrebbe solo debolmente). In questi dispositivi, la griglia schermo (G2), polarizzata positivamente e posizionata subito dopo la griglia di controllo (G1), accelera il flusso di elettroni. Tuttavia, poiché G2 è costituita da sottili fili, la maggior parte degli elettroni non riesce a depositarsi su di essa. Invece, a causa della velocità acquisita, in quello che potremmo definire un effetto fionda, continuano la loro corsa oltre G2, fino a raggiungere il campo elettrico generato dalla placca, che li attira definitivamente verso di essa. È quindi evidente che la corrente che raggiunge la placca di un pentodo non dipende solo dalla tensione negativa applicata a G1, ma anche dalla tensione positiva applicata a G2.

Nella connessione ultralineare, a riposo, la tensione che arriva a G2 è pressoché la stessa che arriva alla placca, dato che la resistenza interna dell’avvolgimento del trasformatore è quasi irrilevante in questo contesto. Ciò significa che se si varia la tensione di placca, si varia anche la corrente che attraversa la valvola in modo significativo. Questo avviene perché la tensione su G2 varia inevitabilmente insieme alla tensione di placca. In modalità ultralineare, quindi, possiamo parlare di curve “dinamiche,” mentre nei triodi e nei pentodi connessi come pentodi, le curve sono “statiche”.

Le linee tratteggiate nel datasheet Genalex a cui ho fatto riferimento precedentemente indicano essenzialmente che il punto di lavoro può essere posizionato a una corrente qualsiasi, ma deve rimanere sopra quella linea, ossia a 425 volt! Se si modifica la tensione del punto di lavoro, le curve rappresentate nel datasheet non sono più valide e cambiano completamente. Esaminiamo questo fenomeno con l’ausilio di uTracer, che può essere configurato per acquisire anche curve in modalità ultralineare. Tuttavia, per motivi precedentemente menzionati (e a causa di una mancata implementazione software), uTracer acquisisce curve dinamiche solo al di sotto della tensione specificata (quella delle linee tratteggiate di Genalex). Per comprendere appieno il fenomeno delle curve dinamiche, ho quindi evidenziato con un pallino nero un punto intermedio corrispondente a 300 volt, con la griglia di controllo G1 a una tensione di -25 volt.

Con una tensione di “stop” a 400 volt abbiamo 80mA a 200volt con G1 a -25…

Se portiamo la tensione di “stop” a 300volt la corrente misurata sempre sui 200volt con -25 di G1 scende a un pò meno di 40mA

Se poi abbassiamo ulteriormente la tensione di “stop” a 250volt ci ritroviamo una corrente inferiore ai 20mA

Inoltre, si può notare che la capacità di erogazione di corrente della valvola diminuisce notevolmente, mentre la sua resistenza interna aumenta, come evidenziato dalla pendenza delle curve. Questo implica che la capacità di erogare corrente e quindi potenza è notevolmente compromessa. Ad esempio, a una tensione di ‘stop’ di 400 volt, la valvola potrebbe raggiungere un picco di 170mA a 50 volt, ma solo 60mA con una tensione di ‘stop’ di 250 volt.

Se ciò non bastasse, la modifica della pendenza delle curve richiede anche la modifica dell’impedenza del trasformatore per evitare forti distorsioni. La potenza erogata all’altoparlante è quasi la stessa (o insignificativamente superiore) a quella ottenuta con una connessione a triodo puro. Tuttavia, in modalità triodo puro, la valvola risulta estremamente più lineare. In definitiva, se non si intende utilizzare la valvola in modalità pentodo puro, potrebbe essere più vantaggioso utilizzarla in modalità triodo puro senza neppure considerare l’opzione dell’ultralineare.

È importante notare che tutte queste considerazioni riguardano l’uso in classe A (sia single-ended che push-pull), in cui la tensione del punto di lavoro non è elevata e le curve UL a diverse tensioni non sono conosciute. La connessione ultralineare è stata concepita per essere utilizzata in push-pull in classe AB, dove la tensione a riposo è elevata. In queste condizioni, la valvola funziona bene e offre vantaggi in termini di distorsione e talvolta anche di potenza. Ad esempio, le KT88 possono erogare solitamente fino a 50 watt in modo sicuro in un push-pull in classe AB a pentodo. Oltre questa potenza, la griglia schermo inizia a mostrare segni di stress a causa dei picchi di corrente quando la tensione di placca scende al di sotto della tensione dello schermo. Tuttavia, quando le KT88 sono connesse in modalità ultralineare, è possibile ottenere tranquillamente 70/75 watt senza problemi di arrossamenti della G2, grazie al controllo migliore della corrente.

Ora esaminiamo questa retta di carico con un punto di lavoro a 425 volt, una corrente di 75mA, una tensione di griglia di controllo di -50 volt e un’impedenza del trasformatore di 6k…

In questa simulazione, otteniamo una corrente di 66mA, che è molto vicina ai valori previsti (piccole imprecisioni possono essere attribuite al modello matematico utilizzato). In questo caso, la corrente di bias torna ai valori attesi poiché ho selezionato un punto di lavoro sulla linea tratteggiata del datasheet a 425 volt. Questo dimostra la validità delle mie affermazioni finora esposte. Vediamo come si comporta se pilotato con un segnale sinusoidale:

E ancora una volta, il segnale in uscita mostra una forte distorsione e non soddisfa le aspettative. Si può notare una semionda fortemente schiacciata, ma quale potrebbe essere la causa di questo problema? L’asimmetria delle curve UL è chiaramente visibile; è sufficiente aprire le immagini e osservarle attentamente. Sulla sinistra, i passaggi tra le curve sono visibilmente più larghi rispetto a quelli sulla destra del grafico, indicando che le due semionde riprodotte da un punto di lavoro ipotetico X saranno sempre una allungata e l’altra accorciata. Questo fenomeno è intrinseco alla connessione ultralineare e rappresenta una delle ragioni per cui il circuito è stato concepito per l’uso in push-pull, in cui questa distorsione viene mutualmente annullata dalla valvola gemella che lavora in fase opposta.

È possibile vedere il comportamento di un circuito reale in questo articolo, all’inizio del quale prendo in esame un’amplificatore che utilizzava una KT88 in single ended UL su carico di 6k, di cui posto qui sotto la forma d’onda catturata (in giallo il segnale del generatore e in blu quello che esce dal circuito).

Come è possibile osservare, il comportamento riproduce fedelmente quello delle simulazioni. Inoltre, desidero sottolineare alcuni altri aspetti evidenziati dai miei esperimenti:

  1. La KT88 in modalità SE ultralineare è in grado di erogare effettivamente circa 6 / 6,5 watt, ma con una forte distorsione che potrebbe essere considerata inaccettabile, e richiede uso di controreazione a meno che non siate appassionati della distorsione, ovvero ‘distorsofili’.
  2. La KT88 a pentodo arriva a erogare 12watt con uso di controreazione.
  3. La KT88 connessa a triodo arriva a erogare circa 5 / 5,5watt a triodo con basse distorsioni.

La mia conclusione personale è che, se si sta lavorando in modalità single-ended con un pentodo o lo si utilizza a pentodo per ottenere potenza, o lo si connette a triodo per ottenere linearità, la connessione ultralineare non offre alcun vantaggio significativo. La maggiore potenza rispetto alla connessione in triodo è insignificante, mentre la distorsione è troppo alta e richiede l’uso di controreazione. In questo caso, sarebbe più sensato utilizzare un pentodo puro, dove almeno si dispone di una maggiore potenza. Oppure se vuole linearità e si usa la valvola a triodo. Io vedo l’uso della connessione UL nei Single Ended (sopratutto se zero feedback) solo come un modo per ottenere distorsione. Ovviamente tutto questo ha valore per l’uso nei single ended, mentre nei pushpull l’uso della connessione UL porta grandi vantaggi.

E a questo proposito, vorrei segnalare un’alternativa migliore alla connessione ultralineare, che è la connessione Shadeode. Questa configurazione può essere utilizzata anche in modalità single-ended e offre la piena potenza di un pentodo unita alla linearità di un triodo. Presenta inoltre interessanti vantaggi, come un elevato fattore di smorzamento e basse rotazioni di fase, aspetti in cui la connessione single-ended ultralineare fallisce miseramente.

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6 Responses to Amplificatori Single Ended e Connessione Ultralineare

  • Quelli di norman koren sono buoni, comunque i risulti sulla distorsione della KT88 SE+UL li ottieni tali e quali anche con una KT88 vera sul tavolaccio di prova o sui vari amplificatori pastrocchio che ho avuto in mano, autocostruiti dai clienti o venduti in giro dai vari cinesi o non cinesi… Il guadagno del tubo diminuisce sulle tensioni alte e aumenta in basso (si vede anche a occhio guardando le curve) rendendo la valvola estremamente assimetrica, in pushpull funziona perchè sovrapponi le 2 valvole ribaltate una con l’altra che produrranno una piccola distorsione di terza ma è palese che diventa un distorsore inaccettabile in single ended.

  • Ci sono diversi file spice in giro della KT88, dove hai trovato il file spice affidabile a cui fai riferimento? Grazie

  • Tu stai parlando di un pushpull, l’ultralinare nei pushpull va bene e non è un problema, anzi per le KT88 va meglio che a pentodo. Il problema dell’ultrlineare è se lo vuoi fare in single ended, in quel caso la valvola lavora con le 2 semionde fortemente assimmetriche. Per capire se un trasformatore è in corto bisognerebbe iniettare segnale sul suo primario e vedere se sul secondario esce pulito o con delle distorsioni, con un tester non lo puoi capire. Di certo però un trasformatore con un pezzo di avvolgimento in corto emetterebbe pernacchioni e non solo un leggero rumorino…

  • Buon giorno,

    come prima cosa La ringrazio per la spiegazione, ne faro’ tesoro.
    Ho una domanda, ho riparato un amplificatore in Kit di nuova Elettronica (LX1113).
    Monta 2 KT88 in configurazione Push-Pull ultralineare (grazie a lei ora so’ cosa significa).
    Dopo aver riportato in vita detto amplificatore, piste bruciate e resistenze di griglia schermo esplose, sostituite due ECC82, una KT88 ed effettuate le tarature della corrente di bias mi sono accorto che un canale aveva un leggero ronzio (16 mVpp), indagando ho scoperto che l’avvolgimentio dell’ultralineare di una sola KT88 (quella che era in cortocircuito fra catodo e griglia schermo) risulta con caratteristiche alterate (gli altri avvolgimenti sono perfetti ).
    L’amplificatore sembra funzionare ma non vorrei che questa condizione porti ad un nuovo disastro. Quali rischi si corrono a lasciarlo cosi’?
    Cosa mi consiglia di fare? e’ indispensabile la sostituzione del trasformatore di cui sopra?
    E’ la mia prima riparazione su un valvolare.

    Cordialmente
    Antonio

  • Come ho scritto sull’articolo a mio parere l’uso di ultralineare in configurazione SE non porta nessun vantaggio ma solo maggiore distorsione, basta che guardi le curve di esempio della KT88 sull’articolo, come puoi vedere è assimetrica,, la distanza tra le varie linee inizialmente è più larga che verso la fine, in SE non è lineare. L’UL è nato per essere usato nei pushpull dove diventa vantaggioso usarlo, se con la 6V6 triodo ottieni 3 watt con l’UL ne hai forse 3,2?! ma distorce molto di più! non ha senso, fallo andare a triodo, oppure se vuoi più potenza a pentodo. Poi fai quello che vuoi, ma io non lo farei. Posso segnalarti questo progetto https://www.sb-lab.eu/sb-varuna-phono-single-ended-6v6gt/ , di cui potrei rendere disponibile lo schema come premium, posso fornirti il set di trasformatori per realizzarlo o per realizzare quello che hai trovato su internet, ho visto lo schema è molto semplice e va bene per cominciare, oltre alla 12AU7/ecc82 potresti usare anche altre valvole simili e anche la poco conosciuta e snobbata ECC84 che è antesignana della ECC88, ha un mu di poco superiore alla ecc82 (24 invece di 22) ma la pendenza della curve è molto inferiore (ha una resistenza interna che è quasi la metà di quella della ECC82!), potrei anche suggerirti qualche modifica come ad esempio un feedback disattivabile o variabile così puoi sentire la differenza ad orecchio e formare una tua preferenza invece di dar solo credito ai soliti guru.

  • Ciao ho letto con interesse tutta la trattazione e siccome mi stò accingendo anche io alla costruzione di un single end (modesto in potenza e senza tante pretese essendo il mio primo…) con finali 2x 6V6 pilotate da 1/2 triodo ecc82 per canale, vorrei chiedere un parere.
    Lo schema che ho trovato in rete e che mi è piaciuto è realizzato con TU a presa intermedia. Cito il modello per chiarezza: 6V6 Marblewood.
    Dovendo approvvigionarmi dei 2 TU, mi domando se un TU ultralineare non è sufficiente, anche in considerazione del fatto che ho visto altri schema dove la tensione di graglia schermo viene prelevata dalla tensione anodica tramite una resistenza.
    Ringrazio e attendo un parere

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