Amplifinti: quando le valvole sono solo scenografia e il suono lo fa un chip da 2 soldi

Le “valvole da guardare” (ma che non amplificano)

Negli ultimi anni è dilagata una moda per gli amplificatori “valvolari a basso costo”. Molti utenti attratti dal fascino visivo delle valvole accese sperano di possedere un pezzo di elettronica “vintage” o “caldo”. Peccato che, in numerosi casi, ciò che si acquista non è un vero amplificatore valvolare, ma una sofisticata presa in giro: valvole inserite soltanto per estetica, mentre il “lavoro” è svolto da chip integrati da TV o transistor.

Questi apparecchi, che chiamo “amplifinti” (amplificatori valvolari finti) fanno leva sull’illusione visiva e sul marketing, e sono spesso venduti a prezzi bassissimi. L’obiettivo è attrarre gli appassionati alle prime armi o chi vuole “suono valvolare” senza un grande esborso. Ma la realtà è che le funzioni di guadagno, potenza e linearità sono affidate a circuiti solid-state “mascherati” da elementi valvolari puramente decorativi.

In questo articolo spiego come riconoscerli, perché sono pericolosi (per le valvole stesse) e soprattutto perché è meglio comprarsi un ampli a stato solido economico piuttosto che cadere in queste trappole.

Nota dell’autore – L’idea di affrontare il tema degli amplifinti mi frullava in testa da tempo, anche grazie a qualche spunto di Marco Valleggi di MVVBlog. In diversi suoi video accennava all’argomento, dicendo che un giorno ne avrebbe parlato, ma il video non è mai arrivato. Così, approfittando del riordino del mio sito, ho preso un vecchio articolo piuttosto insignificante – dedicato alla riparazione di un amplifinto ancora più insignificante – e l’ho trasformato in questo che state leggendo. La vignetta “nakakata” è anch’essa un piccolo omaggio ai suoi meme.

Cos’è un inse­gu­i­tore ca­to­di­co (cathode follower) e perché è la tecnica preferita nei “valvolari finti”

Un inseguitore catodico (cathode follower) è una configurazione molto nota nei circuiti valvolari: essa non fornisce guadagno in tensione, ma si comporta come buffer ossia “segue” la tensione di griglia applicata, offrendo alta impedenza di ingresso e bassa impedenza di uscita.

In pratica:

  • Il segnale applicato alla griglia viene “ripetuto” al catodo, con la stessa ampiezza (o leggermente inferiore).
  • La valvola “lavora in retroazione intrinseca” al 100 % (feedback negativo interno), rendendo il comportamento piuttosto lineare, ma con nessun guadagno.
  • È utile come stadio di adattamento o buffer per pilotare stadi successivi che richiedono corrente, ma non serve a ottenere potenza o amplificazione di tensione.

Se un amplificatore mette le valvole tutte come inseguitori catodici, esse non stanno “maggiorando” il segnale, ma semplicemente ripetendolo (a costo aggiuntivo!) e senza portarvi un contributo significativo di tensione o potenza. In questi casi il vero “lavoro” sia svolto da chip o transistor nascosti.

Quando queste valvole sono alimentate a tensioni anodiche molto basse, o collegate in modo “morbido”, non funzionano come veri stadi attivi, ma solo come elementi passivi (o quasi) costellati da retroazione interna. L’uso sistematico dell’inseguitore catodico nei “valvolari finti” è un modo elegante per dare una parvenza di circuito valvolare vero, pur riducendo drasticamente costi, peso e complessità.

Avvelenamento del catodo (cathode poisoning) e perché le valvole muoiono

A questo punto è importante spiegare un fenomeno che accomuna molti di questi amplificatori: l’avvelenamento del catodo (cathode poisoning). Si tratta di un degrado irreversibile della superficie catodica emissiva della valvola, che ne riduce fortemente la capacità di emettere elettroni (ossia di “funzionare”) quando alla valvola risulta col filamento acceso ma non vengono applicate tensioni anodiche oppure tensioni anodiche troppo basse.

Meccanismo del catodo avvelenato

  • Le valvole usano un catodo rivestito con ossidi alcalini (ossido di bario, stronzio, calcio), che abbassano il lavoro di emissione degli elettroni.
  • Se la valvola resta accesa (filamento attivo) ma senza adeguata corrente anodica o tensione sufficiente (cioè “non usata” in condizioni operative reali), il catodo non riesce a stabilire il cosiddetto spazio di carica (“space charge”) corretto. In tali condizioni, impurità gassose o ioni possono bombardare la superficie del catodo, depositando materiali isolanti o alterando il rivestimento ossidico. Questo deteriora la sua emissività, riducendo l’emissione di elettroni.
  • Il risultato è che la valvola “si ammala”: la corrente che può erogare è molto ridotta, il segnale distorce molto e spesso la valvola diventa inutilizzabile. Questo stato è spesso irreversibile.

In pratica: lasciare una valvola col filamento acceso, senza utilizzarla correttamente o senza una corrente anodica adeguata, favorisce l’avvelenamento lento del catodo. Negli amplificatori “valvolari finti”, questa situazione è spesso deliberata: le valvole sono alimentate a bassa tensione anodica per questione di riduzione estrema dei costi e così la loro funzionalità reale decade spesso anche in breve tempo.

Perché è meglio comprare un ampli a stato solido piuttosto che un “amplifinto”

Se si desidera spendere il meno possibile, acquistare un amplificatore che dichiara “valvole” ma è in gran parte solid-state è una decisione rischiosa:

  1. Le valvole sono destinate a degradarsi
    ­ In questi circuiti, le valvole operano in condizioni non ideali e sono soggette a deterioramento rapido. Spenderci sopra per valvole costose o NOS è come gettarle nel bidone: non possono esprimersi correttamente. Il miglior consiglio è montare le valvole più economiche disponibili, tipo brand generici (JJ, Tesla, Sovtek, ecc.), tanto il circuito non ne estrae mai il potenziale.
  2. Il guadagno e la qualità reale dipendono dal chip / transistor
    Poiché l’elemento attivo è un circuito integrato o transistor, il suono sarà determinato da quel chip, non dalle valvole. Le valvole sono solo un orpello visivo che al più introduce un pò di distorsione e degrado del segnale.
  3. Prestazioni peggiori con le valvole inserite
    È possibile che l’apparecchio suoni meglio bypassando le valvole, con distorsione inferiore e potenza maggiore. Questo è esattamente ciò che ho sperimentato su un “amplifinto” (vedi sezione successiva).
  4. Rischio di fallimento prematuro
    L’uso di valvole in condizioni marginali accelera il degrado, causando guasti o perdite di emissione a volte entro pochi mesi.
  5. Il suono “valvolare” vero costa
    I veri amplificatori valvolari richiedono trasformatori d’uscita, alimentazioni ad alta tensione, componenti robusti e progettazione attenta. Non è realistico aspettarsi tutto questo a pochi decine di euro.

Quindi, se non si vuole investire seriamente in un valvolare autentico, è preferibile acquistare un piccolo amplificatore a stato solido: le prestazioni saranno migliori.

Come riconoscere un amplificatore valvolare falso (amplifinto)

Riconoscere un “valvolare finto” non è difficile se si sa a cosa guardare. Ecco i principali indizi:

  1. Assenza dei trasformatori d’uscita
    ­ Un vero amplificatore valvolare, per pilotare altoparlanti, ha trasformatori d’uscita pesanti, voluminosi e costosi. Se un amplificatore “valvolare” non li mostra, è quasi certamente un “finto”. In molti casi, i produttori inseriscono scatole vuote (plastiche o lamierate) per simulare trasformatori, ma al tatto o smontando si scopre che sono vuote o contengono poco più di cavi.
  2. Peso molto ridotto
    L’assenza di trasformatori e di alimentazioni complesse rende l’amplificatore molto leggero, ben al di sotto di quanto ci si aspetterebbe da un vero valvolare.
  3. C’è un “albero di Natale”
    Display digitali, LED lampeggianti, vumeter che fanno giochi di luce anche in assenza di segnale: tipici elementi estetici dei giocattoli. Un vero amplificatore hi-fi serio non ha bisogno di queste lucine decorative; si concentra sulla qualità sonora, non sul “fattore wow”.
  4. Bluetooth e funzioni multiple nel pannello valvolare
    Ad un’amplifinto con le lucine di natale non può mancare la ricezione bluethooth.

Insomma: leggerezza, assenza di trasformatori reali, lucine decorative sono campanelli d’allarme.

Esempio pratico: il “valvolare finto” che ho smontato

Vi racconto un caso concreto che ho studiato anni fa e che mostra in modo lampante le magagne di questi amplificatori. Si trattava di un apparecchio incredibilmente leggero, con una copertura dei trasformatori che a un primo sguardo sembrava convincente, ma che in realtà era solo una scatola di plastica vuota. All’interno trovai quattro valvole impiegate esclusivamente a scopo scenografico: due doppi triodi 6N1, equivalenti alle classiche 6N2/6N1P, e due valvole tipo EL84 o analoghe.

Tutte erano collegate in cascata in configurazione di inseguitore catodico e alimentate con appena 24 volt di tensione anodica, un valore talmente basso da escludere qualunque reale capacità di amplificazione. Il resto del circuito era costituito da un amplificatore operazionale posto prima e da un altro dopo il percorso del segnale perchè a correnti così basse le valvole non sarebbero state capaci di pilotare nulla.

Le valvole, pur avendo meno di un anno di funzionamento, risultarono già “marce”, con un’emissione fortemente degradata. Decisi allora di fare una prova: bypassai completamente la sezione valvolare, ponticellando i pin di griglia e catodo, in modo che il segnale non attraversasse più le valvole.

Il risultato fu sorprendente: l’amplificatore proseguì a funzionare senza il minimo problema anche senza le valvole, offrendo addirittura una potenza un po’ superiore e una distorsione più bassa rispetto a quando le valvole erano in funzione. Nel video qui sotto si nota bene anche l’immancabile display “albero di Natale”.

Le misure parlavano chiaro: con le valvole inserite la distorsione, a 1 watt RMS, era di circa 0,079 %, mentre senza scendeva a circa 0,05 %. Anche la potenza aumentava, passando da circa 10 watt su 8 ohm con le valvole a circa 15 watt bypassandole. La banda passante restava invariata, da 35 Hz a 48 kHz, segno che la sezione valvolare non contribuiva in alcun modo al guadagno. Nella foto sotto potete vedere chi veramente stava amplificando il segnale…

In altre parole, quelle valvole non solo erano inutili, ma addirittura peggioravano le prestazioni. La conclusione fu inevitabile: spendere soldi per sostituire valvole costose o NOS in un amplificatore di questo tipo è semplicemente uno spreco, perché il circuito non è progettato per sfruttarle. Se proprio occorre rimpiazzarle, conviene usare valvole economiche come JJ, Tesla o Sowtek. E se l’apparecchio in questione è davvero un “valvolare finto”, il consiglio più sensato è smettere di investirci e orientarsi su un’alternativa più seria.

Amplifinti anche nel “mondo hi-end”: quando l’abito fa il prezzo

Non pensiate che le truffe si fermino alla fascia economica. Ho visto con i miei occhi amplificatori dichiarati “hi-end”, venduti a cifre da capogiro, che sotto la carrozzeria scintillante nascondevano soluzioni identiche a quelle degli economici “amplifinti”. La differenza stava tutta nell’estetica: frontali in alluminio spazzolato, manopole tornite, colori vivaci, finiture perfette e una confezione lussuosa. Ma dentro c’era lo stesso schema minimale, a volte addirittura identico a prodotti cinesi venduti su Aliexpress a un decimo del prezzo e poi semplicemente ribrandizzati.

Il prezzo esorbitante, in questi casi, non corrisponde a un progetto migliore ma solo a un’operazione di marketing e maquillage. Non basta quindi spendere di più per avere la certezza della qualità: anche nella fascia “high-end” possono nascondersi amplificatori che, tolto l’involucro patinato, valgono quanto un giocattolo. Meglio diffidare delle vetrine abbaglianti e guardare sempre dentro: ciò che conta è la sostanza del circuito, non la vernice o il logo.

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L’oscuro mondo degli amplificatori valvolari mal costruiti

Guida pratica tra falsi miti, rischi di sicurezza e segnali d’allarme, con casi reali dal banco SB-LAB.

Nel mondo dell’Hi-Fi valvolare non è raro imbattersi in apparecchi che, dietro un aspetto seducente, nascondono difetti gravi. Ci sono gli accrocchi “cantinari”, frutto di improvvisazione e materiali scadenti, ma anche amplificatori hi-end dal prezzo stellare che, pur costando come un’auto, sono cablati e progettati con la stessa sciatteria.

A complicare il quadro, si aggiungono gli apparecchi pesantemente modificati da mani inesperte: interventi che promettono miracoli sonori e invece peggiorano prestazioni, sicurezza e affidabilità. Questa guida raccoglie casi reali che mi sono passati sul banco SB-LAB, smonta i miti più diffusi e fornisce criteri concreti per distinguere un valvolare costruito a regola d’arte da un semplice “bel vestito” pieno di rischi nascosti.

Anche se spendete tanto potreste rimanere fregati

Il prezzo non è una garanzia di qualità. Nel mondo dell’Hi-Fi valvolare esistono marchi che si presentano come “hi-end” e che propongono prodotti dal costo di diversi stipendi, accompagnati da recensioni entusiastiche su riviste specializzate. Tuttavia, dietro l’immagine patinata, può celarsi una realtà molto diversa.

Un caso esaminato nel mio laboratorio lo dimostra: un amplificatore di fascia altissima, acquistato nuovo da un cliente, presentava difetti costruttivi e funzionali sorprendenti per la fascia di prezzo. Tra le anomalie riscontrate:

  • Trasformatore di alimentazione rumoroso e con isolamento insufficiente.
  • Zoccoli valvolari ballerini, incapaci di mantenere le valvole ben salde.
  • Diafonia tra ingressi: passando da un canale all’altro restava udibile il segnale precedente, segno di commutazione e schermatura inadeguate.
  • Cablaggio interno disordinato, con componenti incollati anziché fissati meccanicamente e grovigli di cavi non schermati.
  • Componentistica sottodimensionata: interruttore di accensione economico, induttanza della cella CLC priva di traferro, potenziale causa di saturazione, componenti dozzinali.

La costruzione complessiva tradiva scelte economiche incompatibili con un prodotto di lusso: lamiera di fondo non lavorata professionalmente, schede elettroniche “di catalogo” incollate, collegamenti di rete realizzati senza la necessaria cura.

Il cliente aveva chiesto una revisione completa per risolvere ronzio, diafonia e fissaggio delle valvole, ma la somma di carenze progettuali e costruttive ha reso evidente che l’intervento non avrebbe potuto trasformare l’apparecchio in qualcosa di realmente affidabile: in casi simili la soluzione più sensata resta spesso la demolizione e il recupero delle sole parti riutilizzabili.

Questo episodio ricorda che il marchio e il prezzo non bastano a garantire qualità, sicurezza o prestazioni sonore. Una campagna di marketing aggressiva o recensioni entusiaste possono creare un’aura ingannevole, soprattutto quando i costruttori investono più in pubblicità che in progettazione e controllo. Prima di un acquisto importante è quindi essenziale:

  • Valutare le immagini interne (cablaggio, fissaggi, schermature) oltre a quelle esterne.
  • Verificare dati oggettivi come isolamento, banda passante dei trasformatori e qualità dei componenti.
  • Diffidare di slogan come zero feedback o cablaggio in aria se non accompagnati da misure concrete e non di parte.

Pagare molto non significa automaticamente comprare il meglio: un progetto serio e una costruzione impeccabile contano più del nome o del prezzo in etichetta.


“Chi poco spende butta i suoi soldi…”

Nel mondo dell’Hi-Fi valvolare convivono grandi marchi, piccoli produttori, appassionati autocostruttori e chi si improvvisa costruttore. In questo scenario, chi desidera un amplificatore a valvole si trova di fronte a molte scelte e, talvolta, a clamorosi abbagli. Non si tratta di stabilire cosa “suoni bene o male” – questione spesso soggettiva – ma di distinguere in modo chiaro ciò che è costruito in maniera tecnicamente accettabile da ciò che non lo è, analizzando le motivazioni che portano a errori di valutazione.

Primo caso: un 300B anonimo, proposto come prestigioso “dual mono” in un unico telaio, con due alimentazioni separate, attenuatore a scatti e condensatori carta-olio – caratteristiche che, sulla carta, promettevano un suono eccellente. È stato venduto per 700 €, ma il proprietario lamentava un suono debole e poco brillante, con fruscii su un canale. All’apertura, la realtà era ben diversa: piastra fissata con velcro (VELCRO !!!), cablaggio disordinato, condensatori ad alta tensione isolati solo con un nastro, altri appesi a fili nudi e colla a caldo. Durante il trasporto i trasformatori si erano quasi staccati, fissati com’erano a semplice compensato con viti sottodimensionate. I trasformatori d’uscita, nonostante le etichette ottimistiche (30 Hz–30 kHz), mostravano una banda passante reale ferma a circa 15 kHz (-3 dB). In sostanza: 40 kg di materiale poco riutilizzabile e nessun reale valore musicale.

Un secondo esempio riguarda un altro 300B, questa volta in configurazione push-pull, venduto per 800 €. Pur cablato leggermente meglio, presentava difetti gravi: un condensatore ad alta tensione fissato solo con colla a caldo si era staccato provocando scariche, e un fastidioso “hum” persisteva anche dopo interventi di emergenza. Indagando, ho scoperto che i trasformatori d’uscita pubblicizzati come artigianali erano in realtà trasformatori di nuova elettronica per EL34 nascosti in gusci metallici e sigillati con silicone, con prestazioni da apparecchio di fortuna.

In più punti di questi apparecchi si notavano soluzioni tecniche scorrette, come collegamenti lasciati flottanti e sezioni di avvolgimento inutilizzate, con conseguente degrado della resa sonora e potenziali rischi di affidabilità.

Questi episodi mostrano che l’errore non è solo di chi assembla: anche chi compra, spinto da luoghi comuni (“la 300B suona sempre meglio”, “la valvola X ha il basso perfetto”), può cadere in trappole costose. In realtà non si ascolta mai “una valvola” isolata: il risultato dipende da schema, trasformatori, componenti e messa a punto complessiva. Con progetti equivalenti e ben eseguiti, le differenze fra valvole si riducono a sfumature di gusto.

Alcune valvole, come la 300B, richiedono peraltro maggiori competenze e materiali per dare il meglio: alimentazione in continua dei filamenti, driver capaci di ampi swing di tensione, trasformatori di qualità superiore. Di conseguenza, due apparecchi equivalenti per potenza e risultato sonoro possono avere costi molto diversi a seconda della valvola impiegata.

Molti costruttori poco seri puntano invece su dettagli appariscenti ma marginali – condensatori carta-olio costosissimi, morsetti dorati, saldature in argento – mentre trascurano aspetti cruciali come cablaggio, schermature, percorsi di massa e dimensionamento dei trasformatori.

Il risultato è che, seguendo certe mode, si può finire per acquistare apparecchi che suonano peggio di quanto promettono, o che presentano criticità di sicurezza. Non basta una bella valvola per garantire qualità: serve un progetto solido e una costruzione impeccabile.

In conclusione, un amplificatore valvolare costruito correttamente ha inevitabilmente un costo adeguato. Con budget limitato, è meglio scegliere valvole meno impegnative ma un progetto ben eseguito, piuttosto che cedere a prodotti dall’aspetto lussuoso ma realizzati in modo approssimativo. In caso contrario, il rischio è di ritrovarsi con un oggetto costoso che offre poco più di una bella vetrina.


Il caso: Gamma Acoustic Space Reference – Attenzione ai “devastati”

Quando un “upgrade” diventa un disastro

I cosiddetti devastati: amplificatori nati da marchi reali, spesso validi in origine, poi modificati pesantemente e rivenduti come “upgrade”, quando in realtà sono stati devastati nelle scelte circuitali, nella sicurezza e talvolta anche nell’affidabilità.

I devastati sono particolarmente insidiosi sul mercato dell’usato: l’annuncio può farli apparire come elettroniche commerciali “normali”, magari con qualche miglioria, ma all’interno nascondono interventi arbitrari che alterano progetto, prestazioni e sicurezza. Il tono è volutamente ironico, ma il problema è serio: interventi non verificati possono trasformare un apparecchio sano in un devastato. Come riconoscere un devastato quando valutate un usato? Nelle inserzioni online può sembrare tutto regolare…

…ma sotto il coperchio possono nascondersi modifiche arbitrarie presentate come “upgrade”. Il rischio concreto è pagare un usato a prezzo pieno e dover poi investire molto di più per riportarlo alle condizioni originali. Prima di acquistare chiedete sempre: stato di originalità, dettaglio delle modifiche, foto interne. Valutate con un tecnico qualificato se l’apparecchio sia stato devastato e se il ripristino abbia senso tecnico ed economico.

Esempio reale: l’apparecchio arrivato in laboratorio “suonava bene” secondo il venditore, ma le misure di base raccontavano altro: canali sbilanciati (circa 9 W RMS vs 6 W RMS), differenza di livello di ~2 dB e rumorosità evidente. In ascolto, la resa era scadente. È emersa anche un’innescata a radiofrequenza attorno a 2,45 MHz, sintomo di stabilità compromessa da scelte circuitali discutibili.

All’apertura si riscontravano interventi non documentati: componenti incollati, percorsi di segnale tortuosi, aggiunte “magiche” prive di funzione tecnica, cablaggi dei filamenti sottodimensionati, condensatori e ponti in posizioni inusuali o a rischio.

Esempi tipici di devastazione: rivestimenti interni incollati che intralciano dissipazione e manutenzione; elementi “ornamentali” privi di funzione elettrica; cablaggi sospesi o non fissati; aggiunte “quantistiche” prive di riscontri tecnici. Tutto ciò non migliora il suono: introduce rischi e instabilità.

Cablaggi sottili dove scorrono correnti elevate e “mummie” di isolante: altri segnali tipici di devastato.

“Soluzioni distensive”: accessori e materiali non tecnici non migliorano il suono.

Esempi di scelte a rischio: condensatori e cablaggi tra masse ravvicinate senza criterio di ritorni e percorsi di corrente.

Anche le alimentazioni mostrano talvolta soluzioni improprie (diodi + valvola usata come semplice resistenza in una CRC mascherata), scelte che non portano benefici misurabili e complicano affidabilità e manutenzione.

Componenti danneggiati: altri campanelli d’allarme.

In casi del genere il ripristino richiede tempo: ricostruzione dello schema, distinzione fra parti originali e interventi successivi, pulizia, rifissaggio meccanico, sostituzione di prese e boccole danneggiate, riprogettazione della sezione di alimentazione con valori e topologia adeguati al carico reale. (Nella foto un ponte di diodi perforato volutamente con il trapano, il motivo nessuno lo sà, e ovviamente non c’è nessun motivo sensato per fare una cosa del genere).

La prima cosa che ho fatto…

Il lavoro è consistito nel ripristino funzionale e di sicurezza: revisione della topologia di alimentazione, dimensionamento corretto di induttanze e condensatori, gestione dei percorsi di massa, fissaggi meccanici, sostituzione di prese, morsetti e controlli frontali danneggiati. Dove necessario, sono stati impiegati componenti NOS di qualità (ad es. polistirene) in luogo di elementi impropri o mal fissati.


Apparecchiature audio fantascientifiche e paranormali

Presentiamo l’Amplificatore Meta-Analogico Quantico a Risonanza Epigenetica: fine dell’era dei numeri, inizio dell’Armonia Totale.

Solo trasformatori a risonanza fisico-metaforica (chilometri di filo avvolti su nucleo diamagnetico), nessun componente attivo, nessun componente passivo: il suono si auto-organizza. Post-acceleratore delta quantico per allineare digitale e analogico; stabilizzatore epigenetico che “educa” la corrente senza toccarla. Notch cosmico e risposta “oltre l’udibile”: le pareti scompaiono. Puff!

Nota: trafiletto satirico, ogni riferimento è arbitrario e puramente casuale.

Quasi sempre sono sceneggiature per vendere scatole costose. Niente nomi: vale per chiunque usi misticismo (quantico, epigenetico & co.) al posto di progetto.

Regola pratica (brevissima):

  • Se mancano schema, misure ripetibili e foto interne, sono cose campate in aria, lascia stare.
  • Se parlano di “energie quantiche/epigenetiche”, lascia stare.
  • Se promettono miracoli “senza componenti” o con oggetti “magici”, lascia stare.

Meglio un ampli normale ma ben progettato e misurato di un talismano da salotto.

Chiusura: e se ho già comprato un “impresentabile”?

Capita. E sì, brucia. Ma non peggiorare il danno: non cercare di rivendere la fregatura ad altri. Così si alimenta l’idea che nell’Hi-Fi ci siano solo bidoni. Meglio fermarsi qui e rimettere in sesto la situazione in modo pulito.

Cosa puoi fare (pratico e breve):

  1. Perizia lampo: fatti fare un preventivo serio di ripristino. Se il costo supera ½ del valore di un apparecchio onesto, non conviene.
  2. Demolizione selettiva: recupera ciò che ha senso (valvole, zoccoli buoni, manopole, induttanze; trasformatori solo se realmente validi; chassis se robusto). Il resto è riciclo.
  3. Riparti da basi sane: meglio un progetto semplice ma corretto che un “accrocchio” rifatto tre volte. Valuta un apparecchio economico da ottimizzare con un tecnico capace o, se il budget è strettissimo, un piccolo t-amp: non è a valvole, ma suonerà più pulito di tanta fuffa.
  4. Impara il filtro anti-bufala: foto interne, misure credibili, costruzione solida > slogan e luccichii.

Servizio di Rottamazione:

Con il servizio di rottamazione SB-LAB valutiamo l’apparecchio, recuperiamo solo le parti sane (se ha senso) e ti proponiamo un percorso pulito: ripristino serio oppure credito su un progetto affidabile. Scopri modalità, tempi e cosa serve per la valutazione sulla pagina Rottamazione.

Risposte veloci

  • Voglio spendere pochissimo ma avere un valvolare “vero”: tieni i soldi. Rischi solo di buttarli.
  • Budget ~1000€: evita le “regine” costose (2A3, 300B, 845, 211) e gli apparecchi iper-potenti. Cerca 10–15 W ben progettati, cablaggio ordinato, trasformatori seri; lascia perdere attenuatori esoterici e saldature d’argento come criterio.
  • Voglio proprio una 2A3/300B/845/211 “come si deve”: si può, ma non sotto i 1000€ (spesso ben oltre), altrimenti è compromesso pesante.

Morale: Un amplificatore ben costruito, con trasformatori decenti, anche con la più umile valvola da TV, suonerà meglio di un apparecchio mal fatto pieno di nomi altisonanti. Punto. E niente “scaricabarile”: la qualità si difende anche con l’etica.

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Nuova vita per l’LX1321 di Nuova Elettronica: l’upgrade SB-LAB

Correvano gli anni ’90 quando la rivista Nuova Elettronica iniziava a proporre sul mercato una serie di amplificatori valvolari in scatola di montaggio. Tra questi, i più noti furono l’LX1321, con pre e stadio phono integrati, e il precedente LX1113, una versione più semplice senza sezione di preamplificazione.

Negli anni 90 questi kit si diffusero a macchia d’olio in Italia e oggi sono diventati oggetti ricercati ma spesso sopravvalutati. È però fondamentale chiarire un punto: non intendo criticare l’operato di Nuova Elettronica. Lo scopo di questi apparecchi era didattico: insegnare a maneggiare le valvole, a usare il saldatore e a capire le basi della circuiteria audio. Non erano progettati per essere amplificatori “definitivi”, ma per far crescere gli hobbisti.

Di fatto, si trattava di scatole di montaggio basate su una circuiteria dal sapore vintage e con trasformatori estremamente economici e dalle prestazioni molto limitate. Lo dico da tempo, e non sono l’unico: molti lettori negli anni mi hanno scritto per confermare quanto riportavo nei miei articoli. Ad esempio Luigi, che mi ha ceduto di recente il suo LX1321, mi scriveva così:

“Ciao, mi chiamo Luigi, ho letto il tuo articolo sull’amplificatore di Nuova Elettronica. Avevo assemblato al tempo l’amplificatore che da i problemi da te indicati. (…) Oggi mi trovo a vendere la mia casa e a trasferirmi nelle Filippine: l’amplificatore è in cantina da anni. Non amo gli sprechi, se ti interessa lo cedo volentieri.”

Molti altri, invece, hanno preferito criticarmi o addirittura insultarmi perché osavo dire che l’LX1321 non fosse poi così buono. Frasi del tipo “eh ma io ce l’ho e suona bene” sono all’ordine del giorno. Bisogna però essere chiari: il “suona bene” è soggettivo e limitato all’esperienza personale di ascolto. Se non si è mai sentito nulla di meglio, è facile credere di avere tra le mani un grande amplificatore, ma la realtà è che con trasformatori così poveri e un progetto del genere non si può andare lontano. Non è colpa di nessuno: chi s’accontenta gode… ma esiste molto di meglio. E non lo dico solo io: molti acquirenti di questo kit, dopo aver pasticciato per anni nel tentativo di migliorarlo, hanno finito per svenderlo per poche lire o regalarlo.

Ed è proprio qui che entra in gioco il mio lavoro: le modifiche che propongo trasformano l’LX1321 in un apparecchio di livello superiore, tanto che chi ha eseguito l’upgrade si è ritrovato a mettere in difficoltà amplificatori commerciali di marchi blasonati (che non cito per eleganza). Non si tratta di un affronto a Nuova Elettronica, ma di un secondo passo di apprendimento: dopo aver montato il kit, si può imparare ancora qualcosa di più sull’alta fedeltà a valvole.

Un cenno al modello precedente: LX1113

Prima dell’LX1321, Nuova Elettronica aveva proposto il kit LX1113, un push-pull con KT88/EL34, privo di sezione pre e phono. Circuitalmente non troppo diverso, ma con serigrafie del PCB e numerazione dei componenti differenti. Ne ho ricevuto uno tempo fa per studiarlo e la mia conclusione è stata piuttosto netta:

  • Il mobile, realizzato in un materiale che definire “legno” è un complimento (truciolato o cartone pressato), si smontava da solo.
  • Lo spazio era insufficiente per alloggiare trasformatori seri.
  • I trasformatori in dotazione erano di qualità talmente bassa da rendere inutile qualsiasi sforzo di upgrade.

In pratica, non ne vale la pena: se ne avete uno, divertitevi pure a pasticciarlo, ma non spendeteci soldi. Lasciate perdere modifiche fantasiose come montare triodi a riscaldamento diretto o tagliare il negative feedback: con trasformatori così scadenti otterreste solo gain eccessivo, bassi gonfi e fastidiosi, e una alta sensibilità alle interferenze.

Questi apparecchi vanno visti per quello che sono: kit didattici per imparare a costruire, non per fare alta fedeltà. Spendere cifre in valvole NOS su circuiti del genere è denaro buttato: qualsiasi amplificatore che utilizzi quei trasformatori non potrà andare molto meglio di così.

Perché ho voluto proporre una modifica?

La risposta è semplice: perché me l’hanno chiesto! Molti appassionati mi hanno sollecitato nel tempo a proporre un upgrade dell’LX1321, visto che le sue doti sonore non soddisfano poi così tante persone. E no: non è cambiando due resistenze o aggiungendo un condensatore “miracoloso” dopo aver tagliato il negative feedback che lo si fa andare bene. Serve un intervento strutturale, spiegato e documentato, che affronti i limiti reali del progetto. Quindi troll e detrattori mettetevi il cuore in pace: qui non si spara a zero su Nuova Elettronica, ma si racconta semplicemente la verità tecnica e sonora di questi kit.

Le misure strumentali della versione originale

Dell’esemplare originale di LX1321 che mi ha ceduto Luigi ho eseguito una serie di misure strumentali, che parlano da sole. Il grafico di THD e le forme d’onda in quadra a 100 Hz, 1kHz e 10kHz mostrano chiaramente quanto il circuito del pre e i trasformatori lavorino in maniera tutt’altro che ottimale.

THD

Forme d’onda in quadra a 100 Hz, 1 kHz e 10 kHz (sì, a 10 kHz in ingresso c’era davvero una quadra… ma quello che usciva dall’amplificatore era tutt’altra cosa).

Con valvole finali non nuove, ho misurato una potenza massima di circa 35 watt e un fattore di smorzamento pari a 3. Potrebbe sembrare basso, ma ho verificato che il collegamento della reazione negativa era effettivamente presente e funzionante: segno che i limiti arrivano proprio dai trasformatori.

A conferma della qualità della componentistica, il trasformatore di alimentazione di questo esemplare vibrava in maniera impressionante, pur senza manifestare surriscaldamenti anomali. Un chiaro indizio che non fosse bruciato, ma semplicemente assemblato con lamierini interni allentati come potete constatare nel video qui sotto.

Va aggiunto che questi risultati non sono nemmeno costanti da un esemplare all’altro: in base alle testimonianze ricevute e alle misure di altri LX1321, sembra che la qualità costruttiva dei trasformatori variasse sensibilmente, rendendo l’esito sonoro un po’ una lotteria. E per pietà verso chi è affezionato a questo apparecchio, evito di pubblicare il grafico di banda passante.

DSCN6012

Se sei interessato al kit di trasformatori, induttanze e isolatori per realizzare questo progetto contattami per avere il prezzo aggiornato.

Attenzione: Le modifiche di upgrade non sono pubbliche: vengono fornite in un manuale PDF riservato esclusivamente a chi acquista il set di trasformatori SB-LAB. Il motivo è semplice: l’intero progetto è stato sviluppato e collaudato unicamente attorno ai miei trasformatori. Non avrebbe alcun senso rendere pubbliche le modifiche, perché eseguirle con trasformatori presi “a caso” da chissà chi non porta a nessun risultato certo e può anzi generare problemi gravi (regola che vale per qualsiasi schema di qualsiasi amplificatore).

I trasformatori originali di Nuova Elettronica non sono in alcun modo utilizzabili per questa modifica (ma potete rivenderveli su ebay senza difficoltà). Parliamo infatti di un circuito a larga banda passante: proprio perché anche i trasformatori sono a larga banda, si ottiene la resa sonora Hi-End che caratterizza l’upgrade. Ma allo stesso tempo il cablaggio richiede grande cura e attenzione:

  • Masse perfette e contatti puliti sul telaio.
  • Rispetto della polarità di fase dei trasformatori (pena auto-oscillazioni attraverso la NFB).
  • Ingresso cablato con cavo schermato di buona qualità e senza loop di massa.
  • Accensione graduale con variac consigliata nelle prime prove.

Se avete acquistato i trasformatori per l’upgrade, il PDF con le istruzioni dettagliate è incluso. In caso di problemi o dubbi, SB-LAB fornisce assistenza per risolverli.

I problemi dello schema originale

Analizzando lo schema originale emergono diversi punti critici. La sezione phono basata su ECC83, oltre a non essere schermata e a trovarsi troppo vicina ai trasformatori e allo stadio finale, risulta poco utilizzabile: chi desidera davvero un ingresso pickup farebbe meglio ad adottare un pre esterno.

Schema LX1320-LX1321

Sugli ingressi linea (CD, Tuner, Aux, ecc.) compare un discutibile attenuatore ad L (R2/3, R4/5…), inserito solo per ridurre un segnale che poi viene immediatamente riaumentato dalla valvola V2: una soluzione illogica che complica senza dare benefici, perchè attenuare un segnale per poi doverlo amplificare di nuovo? A questo si sommano l’ulteriore attenuazione di R33 in serie al potenziometro volume e un controllo balance che peggiora ulteriormente il percorso del segnale.

Nella sezione finale LX1321 troviamo una induttanza doppia condivisa tra i due canali, scelta economica che introduce inevitabili intermodulazioni a bassa frequenza. Grave anche la griglia di una valvola collegata direttamente al cursore del potenziometro: con componenti di bassa qualità bastava un falso contatto per lasciare la griglia flottante, quando una semplice resistenza da 1 M? avrebbe risolto il problema.

Altro punto discutibile è lo snubber R39/C20 sulla placca del primo triodo: inserire capacità dentro un anello di NFB è la ricetta perfetta per rotazioni di fase indesiderate. Probabilmente l’hanno aggiunto solo per evitare oscillazioni, dato l’elevato tasso di controreazione. Infine, la seconda sezione di V3 viene usata come sfasatore catodina accoppiato AC con polarizzazione elettrostatica della griglia: una soluzione datata, tipica di certi ampli da chitarra anni ’50/’60, più adatta a produrre distorsione che ad alta fedeltà. Nell’immagine sotto come appare lo sfasatore di nuova elettronica e come esso sarebbe dovuto essere.

Come andrebbe fatto… Com’è…
catodina_demo_ok catodina_nuovaelettronica_schifo

Chi ha un minimo di esperienza con l’elettronica valvolare, vedendo lo sfasatore adottato da Nuova Elettronica, tende a pensare subito che non possa funzionare, poiché la griglia è praticamente riferita al suo stesso catodo e sembrerebbe quindi trovarsi in saturazione. In realtà la questione è più sottile: la presenza di R4 da 1M (che sarebbe stato meglio portare almeno a 10 M) fa sì che la griglia non sia del tutto flottante, ma ancorata con una resistenza molto elevata.

È un vecchio trucco già visto in apparecchi anni ’50: la griglia, pur senza polarizzazione classica, riesce a raccogliere elettroni dal flusso che scorre tra catodo e anodo, caricandosi elettrostaticamente e diventando negativa rispetto al catodo. Il problema è che questo tipo di polarizzazione è altamente instabile e porta con sé una forte distorsione, tanto che è diventata una sorta di marchio sonoro degli amplificatori da chitarra dell’epoca. Una scelta che può avere senso in ambito musicale, ma che è del tutto fuori luogo in un apparecchio che dovrebbe aspirare all’alta fedeltà. Subito dopo compare V4 come ulteriore stadio di guadagno: evidentemente lo sfasatore così realizzato era troppo “delicato” e instabile per pilotare direttamente le finali. Da lì si arriva alle valvole finali a bias fisso, al trasformatore di uscita e all’NFB che chiude il quadro di uno schema pieno di compromessi.

Come altri propongono di modificarlo

Su internet si trovano diversi siti e spazi amatoriali che propongono modifiche al progetto LX1321. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, si tratta di interventi banali o addirittura peggiorativi: il risultato è solo quello di trasformare un circuito approssimativo in un altro circuito altrettanto approssimativo. Non è cattiveria: semplicemente, queste modifiche non affrontano i limiti reali del progetto, e quindi non portano a un miglioramento concreto.

Un esempio è quello di chi sconsiglia le KT88 cinesi e le sostituisce con altre valvole solo per “principio”. La realtà è che non tutte le valvole cinesi sono uguali: alcune sono decisamente migliori di certe produzioni dell’Est. Personalmente, le KT88 più affidabili che ho testato sono state le Tung-Sol.

Altro caso frequente è quello di montare valvole NOS pregiate e costose (come le 5814A National) su questo circuito. Una scelta inutile: è la solita psicologia distorta che “il suono lo fa la valvola”, quando in realtà a determinare il risultato è l’insieme del progetto. Montare valvole di pregio su uno schema pieno di limiti non cambia la sostanza, sembra cambiare qualche piccola sfumatura ma non ci si è allontanati molto da dove si era all’inizio.

Si leggono poi proposte come l’aggiunta di un condensatore di bypass sul catodo dello stadio pre, per “stabilizzare la polarizzazione”. In realtà, così si aumenta solo il guadagno di un circuito che già di suo guadagna troppo, ed è persino pieno di attenuatori passivi inseriti proprio per ridurlo. Un controsenso.

Il colpo di grazia, però, arriva da chi decide di tagliare la controreazione (NFB): da un lato si aumentano le armoniche “tenute a bada” dall’anello, ma dall’altro il guadagno schizza alle stelle, il potenziometro volume diventa ingestibile (basta sfiorarlo per far esplodere i diffusori) e il basso smorzamento introduce una valanga di problemi. Non solo: le piccole asimmetrie del potenziometro si traducono in forti squilibri tra i due canali, costringendo ad aggiustamenti continui col balance.

Il risultato? Un circuito già sbilanciato diventa ancora più instabile e poco gestibile. Ecco perché, pur con tutta la simpatia per l’entusiasmo degli hobbisti, queste modifiche non vanno prese sul serio: non risolvono i problemi di fondo e non trasformano certo l’LX1321 in un vero Hi-Fi.

Upgrade Premium: guida e trasformatori SB-LAB

Per chi quindi desidera davvero trasformare il vecchio LX1321 in un amplificatore di livello superiore, propongo un progetto premium che comprende l’acquisto del set di trasformatori SB-LAB insieme a un PDF esclusivo con la guida passo passo alla modifica.

Il PDF non è un semplice schema annotato, ma una guida illustrata con foto dettagliate che spiega nel concreto come intervenire sul PCB: quali componenti sostituire, quali piste tagliare e dove inserire i cavallotti. Seguendo le istruzioni, lo schema originale viene completamente stravolto e ricostruito in una versione totalmente diversa, ottimizzata e collaudata.

Ecco in sintesi i punti chiave dell’upgrade:

  • Riduzione della controreazione, per un suono più naturale e meno artificiale.
  • Nuovo sfasatore long-tail al posto del catodina, molto più lineare e stabile e dal suono molto migliore.
  • Corretto filtraggio dell’alimentazione della sezione pre con una coppia di induttanze 15S55, al posto dell’induttanza doppia di Nuova Elettronica che causava intermodulazioni tra i canali alle basse frequenze.
  • Nuova rete di NFB ricalibrata, con smorzamento notevolmente migliorato.
  • Suono morbido, pulito ed esteso su tutta la gamma, finalmente libero dalle limitazioni del progetto e dei trasformatori originali.
  • Trasformatori SB-LAB dedicati: nuovi trasformatori d’uscita e un trasformatore di alimentazione progettato ad hoc.

Il risultato finale è un ampli che nulla ha più a che vedere con l’LX1321 originale, ma che conserva il fascino della “scatola di montaggio” trasformandola in una vera macchina Hi-Fi. Chi fosse interessato ad acquistare il PDF con la guida integrale, unitamente al set di trasformatori SB-LAB, può contattarmi direttamente tramite email.

Foto della mia realizzazione!

Le strumentali del nuovo apparecchio

Se l’LX1321 originale faticava a erogare 40 Watt e mostrava limiti evidenti già dalle prime misure, l’amplificatore modificato con il kit SB-LAB si presenta come un progetto completamente rinato, con numeri che parlano da soli:

  • Banda passante a 1 Watt: da 10 Hz (-0 dB) fino a circa 75 kHz (-1 dB) – estensione lineare e ariosa, senza i tagli impietosi dell’originale.
  • Fattore di smorzamento (DF): 4 – finalmente un controllo serio sui diffusori, contro il fiato corto della versione stock.
  • Distorsione armonica (THD) a 1 Watt: 0,67 % – un valore degno di un vero Hi-Fi, non più i “cubi di fuzz” del progetto di partenza.
  • Sensibilità di ingresso: 4,5 Vpp (1,6 Vrms) – perfettamente bilanciata per interfacciarsi con sorgenti moderne.
  • Potenza massima: 55 Watt RMS per canale – un salto netto rispetto ai circa 40 Watt della versione originale.

In pratica, lo stesso telaio ospita oggi un amplificatore più potente, più pulito e molto più musicale, capace di giocarsela con macchine di fascia ben più alta.

Spettro a 1Watt

Banda passante @ 1 watt su carico resistivo

Banda passante @ 1 watt su carico reattivo

Tringolare @ 1khz e 10khz

Conclusioni

L’amplificatore così modificato suona mooolto meglio dell’originale. Il fattore di smorzamento (intorno a 4) non è da record, ma con lo stampato a disposizione non si potevano certo fare miracoli: se usate diffusori un po’ “molli” o di generose dimensioni, magari con reflex, potreste notare un pizzico di esaltazione in gamma bassa. D’altro canto, il tasso di NFB non è elevatissimo e, chissà, forse a qualcuno piace proprio così.

Se invece avete un pre o una sorgente particolarmente “pompata”, capace di uscire ben oltre i classici 5 Vpp dei lettori CD, si può pensare di ritoccare R52, cioè la resistenza di NFB, abbassandone leggermente il valore. Questo aumenterebbe il tasso di controreazione e quindi lo smorzamento. Attenzione però a non esagerare.

Detto questo, il suono finale è quello che conta: pulito, limpido, con acuti ariosi e gradevoli, senza ronzii né rumori di fondo, anche con diffusori da 91 dB di sensibilità. Per arrivare a questo risultato sono servite 32 ore di lavoro effettivo, più il tempo per i trasformatori e i componenti, altre ore a studiare come infilare un circuito completamente diverso su un PCB che non era nato per ospitarlo, più una buona dose di simulazioni su LTSpice per essere sicuro che tutto funzionasse. Infine, circa 5 ore di scrittura per questo articolo (almeno 10 con gli aggiornamenti).

Quindi, se apprezzate lo sforzo, premiatemi acquistando i trasformatori SB-LAB per eseguire l’upgrade: non solo avrete tra le mani un amplificatore che vi farà dimenticare l’LX1321 originale (e anche tanti apparecchi commerciali molto costosi), ma eviterete anche di perdervi in modifiche “fantasiose” che non portano da nessuna parte. E ricordate: se i trasformatori li prendete altrove, il risultato finale non sarà mai questo!

Qui sotto la realizzazione di un cliente SB-LAB

“Ho seguito la guida passo passo e, pur non essendo un tecnico professionista, sono riuscito a portare a termine la modifica senza difficoltà. Il risultato mi ha lasciato senza parole: l’ampli è diventato silenziosissimo, con bassi morbidi e un dettaglio sugli acuti che non avevo mai sentito prima. Posso dire che ora ho un vero Hi-Fi in salotto!”
Marco R.

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19 Responses to Nuova vita per l’LX1321 di Nuova Elettronica: l’upgrade SB-LAB

  • Grazie Stefano per aver dato vita a questo apparecchio, sono felice di sapere che il mio vecchio amplificatore adesso suona come doveva…
    Partirò per le filippine senza rimpianti. 🙂

  • Complimenti per tanto lavoro

  • le raddrizzatrici a riscaldamento diretto arrivano in temperatura in un paio di secondi, mentre le finali a riscaldamento indiretto impiegano anche 30 secondi, quindi se usi una raddrizzatrice DHT sbagli, se usi una raddrizzatrice IHT ivece è corretto, ma se ti riferisci a questo progetto una singola raddrizzatrice è non è abbastanza per alimentare tutto il circuito e in ogni modo se anche usassi 2 valvole raddrizzatrici andrebbe modificato il trasformatore di alimentazione e poi finiresti con i piedi pari in una sporta di altri problemi dovuti alla non stabilità della sezione di alimentazione che potrebbero innescare motorboat etc.

  • Per prima cosa grazie mille per la risposta esauriente.
    Con una raddrizzatrice a vuoto suppongo sia ugualmente non necessaria in quanto l’anodica sui condensatori di filtro dovrebbe salire lentamente con il riscaldarsi del catodo della rettificatrice o sbaglio?

  • Per “ritardo dell’anodica” si riferisce all’atto di applicare la tensione anodica solo dopo che i catodi delle valvole sono stati riscaldati adeguatamente. Tale pratica è finalizzata principalmente alla conservazione dei condensatori elettrolitici. Questo approccio mira a evitare situazioni in cui la tensione anodica sia attiva senza che i catodi delle valvole siano in funzione. In taluni casi, ciò potrebbe causare un’elevazione eccessiva della tensione a vuoto, superando i limiti massimi di tolleranza dei condensatori e provocandone il danneggiamento. In tanti amplificatori da chitarra è così, infatti le già altissime tensioni anodiche applicate per tirare per il collo le finali di potenza senza carico si innalzano pericolosamente oltre il limite dei condensatori per questo quasi tutti hanno un’interruttore di standy (molto vestigiale che ricorda gli anni 50 quando non era facile fare un temporizzatore come lo sarebbe oggi).

    Tuttavia, per il progetto in questione, questa pratica non è necessaria, poiché è stata adottata da un cliente di sua iniziativa. È importante notare che su Internet e sui social media circolano molte voci infondate. Ad esempio, si sostiene che l’applicazione di tensione con i catodi freddi possa causare la “strappatura degli elettroni”, danneggiare i catodi e provocare altri effetti negativi. Tali affermazioni, però, sono prive di fondamento e non trovano riscontro nella realtà.

  • Ciao Stefano/Fabio,

    cosa intendete con “ritardo sull’anodica”? Aspettare che i filamenti siano caldi?

    Grazie,
    Marco

  • Signor michelangelo capisco che lei l’ha progettato pasandosi su antichi progetti del williamson, ma il risultato all’ascolto è quello che è, quoto in toto la modifica prodotta di sb-lab che ho realizzato con piena soddisfazione e posso garantile che il suono è tutto un’altro pianeta.

  • Non sono un tecnico elettronico e quindi non mi addentro in disquisizioni a me ignote. Sono semplicemente il felice ed appagato proprietario del finale NE, modificato grazie a Stefano e le cui foto appaiono in questo link. Lo si può riconoscere dal mobile mogano e dai due occhioni vu meter frontali incorniciati dalla mascherina in ottone e monta le 6550. Per lui ho già detto in un altro post qui pubblicato. Ho seguito da sempre NE, sin dall’inizio e posseggo l’intera collezione tranne le ultime pubblicazioni di cui ho preso subito le distanze. Motivo? Non sembravano più di NE. Lo spirito di Nuova Elettronica per conto mio era quello di dare una poliedricità di progetti che spaziavano su tutto ad un prezzo che tutti potevano permettersi. Progetti vari montati funzionavano e funzionano ancora ma… e questo è il punto, quelli finalizzati all’audio eo Hifi, purtroppo non era così. La teoria esposta era completa ed allettante, ma il relativo circuito, probabilmente costretto dal prezzo finale, risultava purtroppo mediocre. L’economia “pratica” di ogni progetto la faceva da padrona e così mentre un interruttore crepuscolare funzionava e continua a funzionare a dovere, non era lo stesso per un progetto audio.
    Prendo per esempio il mio finale. Nasce dall’amplificatore valvolare LX 1320, esclusa la sua preamplificazione, (per questo possiedo LX1140) acquistato dopo aver letto del finale precedente in cui si mettevano in luce tutte le peculiarità di questo incredibile (a detta loro) finale ma con un cablaggio interno alquanto caotico e della pericolosa ed estrema difficoltà nella taratura del bias. La scelta del LX 1240 è stata presa per la sua ingegnerizzazione e pulizia di montaggio rispetto al precedente, fermo restando i suoi parametri di targa.
    Sia con il pre che con il finale, con il loro acquisto, ho voluto dare una ulteriore chance a NE. Il risultato complessivo all’inizio è stato buono, per quello che davano, ma poi, l’economicità dei progetti non si è fatta attendere.. Il mini trasformatore del pre ha tirato le cuoia e lo stesso ha fatto quello del finale che ronzava più di un favo di vespe. Per non parlare di una usura anomala dei tubi. I miei diffusori, sono una coppia di ESL 63 Pro, mi facevano notare che qualcosa non andava, per non parlare poi delle continue e snervanti tarature del bias. Conosciuto Stefano, ho provato, e quando me lo ha riconsegnato non credevo alle mie orecchie. Questo dimostra a parer mio che NE, in fondo qualcosa di buono in teoria lo faceva, ma in pratica, contenendo i costi, no.

  • Grazie Stefano, per il capolavoro che hai creato partendo dall’LX1321 che io consideravo ben suonante. Su internet girovagando ho incontrato il tuo sito, mi è piaciuto. Provare? perchè no! è uscita una meraviglia ora si che si parla di HIFI, ora si che si ascolta veramente la musica, non l’impianto, lui fa solo il suo dovere. Suona come non potevo neanche minimamente immaginare… le mie Quad mi hanno ringraziato e ti ringraziano

  • Grazie.

  • Devi collegare il tester nella scala dei 2volt sulla resistenza di test point (quella in serie sotto il catodo) e conoscendo il valore di questa resistenza e la corrente che dovrà passarci, con la legge di ohm calcoli la tensione che dovrai leggere sul tester, quindi colleghi il tester sulla resistenza ad amplificatore acceso e se non leggi la tensione che ci si aspetta devi regolare il trimmer del bias fino ad ottenerla.

  • Salve, avrei una domanda in merito al problema con la regolazione della corrente di riposo. Qualcuno può descrivere come farlo? Non conosco l’italiano, mi scuso in anticipo per gli errori.

  • 2 induttanze separate non intermodulano, perchè sono separate. Quando le accoppi magneticamente invece sì… ad esempio nel 1240 modificato l’accoppiamento magnetico tra le 2 induttanze causava l’innesco di una leggera oscillazione a bassa frequenza che compariva non solo nel montaggio reale ma anche su Spice. Non c’è nessun segreto, lo hanno fatto solo per risparmiare.

  • Avevo letto da qualche parte che le induttanze doppie di NE erano avvolte in contro fase per limitare appunto problemi di intermodulazione a bassa frequenza…bisognerebbe analizzarle con oscilloscopio per scoprirlo

  • Ciao Stefano,
    Ti comunico che ho ultimato il montaggio dell’ampli (upgrade LX1321 NUOVA ELETTRONICA).
    Nonostante il cablaggio in aria è andato tutto per il meglio al primo colpo! (ovviamente prima accensione col variac).
    Ti faccio i complimenti per i trasformatori, mai visto una risposta in frequenza cosi’ ampia (sinusoide perfetta e stabile da 10Hz a 76.000Hz!), onda quadra a 100, 1000, 5000Hz perfetta, una quarantina di watt con KT90, DF 4,2 circa.
    Suna molto bene, almeno per i miei gusti, ovviamente ci sara’ roba che suona meglio ma considerando che e’ una modifica di un circuito precedentemente fatto male direi che e’ ottimo.
    Entro con un preampli a valvole sempre di NE con componenti migliorati, e, come dicevi tu, il suono viene ulteriormente distorto, entrando direttamente con un lettore cd la faccenda cambia di molto.
    Ho fatto lievi modifiche (consigliate da te):
    -sull’anodica ho inserito un elettrolitico da 1000uF 650V (al posto dei due in serie da 500uF) e in parallelo allo stesso ne ho messo uno da 10uF e un ulteriore da 0.1uF in polipropilene.
    -Ho messo un altro polipropilene di bassa capacita’ in parallelo a ciascun elettrolitico sulla sezione pre (C1-C2-C5)
    -Inserito un ritardo sull’anodica.
    -Ho eliminato il potenziometro in ingresso entrando direttamente nella griglia della ecc81 e mettendo una resistenza da 50Kohm tra ingresso e massa.

    Grazie ancora.

    Fabio

  • Ho eseguito la modifica con i trasformatori Sb lab e devo dire che sono rimasto veramente colpito amplificatori che suonano cosi’ non li senti spesso nemmeno nei negozi hi end e pensare che si parte da quel rottamino di nuova elettronica il risultato finale lascia senza fiato, trasformatori veramente ben fatti che nulla hanno da invidiare a roba super ricercata e molto costosa, veramente complimenti.

  • Perchè dovrei prende in giro? l’apparecchio dell’articolo sta a roma da un mio caro amico, tra un pò dovrebbero darmene un’altro per fare la stessa cosa così pubblico anche le strumentali acquisite con nuovo strumento computerizzato che non avevo al tempo del primo articolo

  • Ciao, mi fai paura…
    Ma quanto sei preparato?
    O ci prendi in giro.
    Comunque grazie, articolo affascinante.

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