Nel vasto panorama degli amplificatori, pochi hanno una storia così illustre e una presenza scenica così potente quanto il Fender Bassman. Nato dall’ingegno di Leo Fender nel 1952, il Bassman è diventato un’icona indiscussa nel mondo dell’audio, lasciando un’impronta indelebile nella musica attraverso le epoche.
Il modello originale, concepito come amplificatore per basso elettrico, è presto diventato uno dei preferiti tra i chitarristi, grazie al suo suono pulito e alla sua versatilità. Tuttavia, il Fender Bassman ha guadagnato ulteriore notorietà quando è stato utilizzato da musicisti rivoluzionari come Eric Clapton, Keith Richards e Jim Marshall, che successivamente avrebbe basato i suoi celebri amplificatori su questo design.
Questo articolo vi porterà in un affascinante viaggio nel tempo, dove ho avuto l’onore di restaurare due gioielli della tecnologia audio: il Fender Bassman AB165 e il Bassman 70. Attraverso il mio lavoro di recupero, ho cercato di preservare non solo la struttura fisica di questi amplificatori, ma anche la loro anima sonora, riportandoli a nuova vita per continuare a risuonare nei palcoscenici e nello studio di registrazione.
Un tuffo nei meandri della storia del Fender Bassman è un omaggio al genio innovativo di Leo Fender e al suo impatto senza tempo sulla musica moderna. Accomodatevi e immergetevi nell’arte del restauro, mentre vi guido attraverso il processo di riportare alla luce il carattere unico di questi amplificatori intramontabili.
Restauro del Bassman AB165
Il viaggio attraverso il restauro del Fender Bassman AB165 inizia con una storia di sfide e successi, portando questo iconico amplificatore dall’oscurità di una cantina umida alla rinascita sul palco. Il Fender AB165 è giunto nelle mie mani dopo essere stato acquistato usato su eBay da un cliente, desideroso di possedere un autentico pezzo di storia dell’audio. Tuttavia, a causa della sua età mi è stato inviato per un restauro approfondito. Appena tolto dallo scatolone, il primo segno dei suoi anni è emerso attraverso un cavo di alimentazione notevolmente malandato.
Senza indugi, ho tagliato via il vecchio filo, preparando il terreno per una sicurezza elettrica affidabile. L’odore persistente di muffa ha confermato che l’amplificatore ha trascorso diversi anni in una cantina umida.
La prima mossa, data la situazione, è stata il test dell’isolamento del trasformatore di alimentazione. Il risultato ha indicato un isolamento insufficiente, con una sostanza appiccicosa che trasudava dal trasformatore stesso che denotava l’umidità.
In questo viaggio appassionante attraverso il mondo degli amplificatori vintage, sorge una storia drammatica che ci spinge a riflettere sulla cruciale importanza della sicurezza elettrica. Immaginatevi un chitarrista appassionato, in pieno concerto, il palco illuminato dal riverbero delle sue note e l’energia elettrica che scorre attraverso le corde della sua fedele chitarra.
La storia racconta di un chitarrista intraprendente, affezionato agli amplificatori da chitarra vintage. Durante uno spettacolo indimenticabile, la tragedia ha colpito quando il musicista ha toccato l’asta di un microfono. In un normale scenario, il microfono era correttamente collegato a terra, ma l’amplificatore vintage a cui era connesso aveva perso l’isolamento dalla rete. In quell’istante fatale, la corrente ha fatto il suo tragitto attraverso le corde della chitarra, passando attraverso le mani del chitarrista e fermandogli il cuore.
Questa storia agghiacciante non è una semplice narrativa, ma una tragedia realmente accaduta. Sottolinea con forza quanto sia fondamentale prestare la massima attenzione alla sicurezza elettrica degli amplificatori da chitarra vintage. La loro storia unica e il loro suono caratteristico sono accompagnati da una responsabilità cruciale nei confronti degli artisti che li suonano. Ogni restauratore, ogni appassionato di amplificatori d’epoca, è chiamato a considerare non solo la preservazione del suono autentico, ma anche la sicurezza inestimabile di chi li utilizza.
Per affrontare questa critica situazione, ho smontato il datato trasformatore di alimentazione del Fender, il cui isolamento presentava un preoccupante deficit a 900 volt. La risposta a questa sfida è stata una decisione audace: calcolare e far avvolgere un nuovo trasformatore di alimentazione, adottando criteri e materiali moderni, compreso uno schermo elettrostatico.
Successivamente, ho proceduto con l’installazione di un nuovo cavo di alimentazione, dotato di un robusto fermacavo, e ho implementato una connessione a terra per l’intera struttura dell’amplificatore. Questo intervento ha compreso l’aggiunta di condensatori di soppressione e un varistore, assicurando una protezione completa contro eventuali sovratensioni e interferenze indesiderate.
Vale la pena notare che il moderno trasformatore di ricambio progettato per il Bassman è ora disponibile anche come componente separato, identificato dal codice modello 23S73. Questa soluzione non solo ha restituito vitalità al nostro amplificatore, ma offre anche la possibilità per gli appassionati di ordinare il trasformatore per i propri progetti, garantendo continuità e versatilità. Per ulteriori informazioni o per effettuare un ordine, è possibile contattarmi tramite il form dedicato disponibile al seguente link.
Successivamente, procedendo con il restauro, ho smontato l’amplificatore per un’analisi approfondita del suo circuito interno. La prima constatazione è stata quanto mai prevedibile: tutti i condensatori elettrolitici erano ormai defunti, alcuni addirittura esplosi, testimonianza del naturale decadimento causato dal passare degli anni.
Senza esitazione, ho sostituito l’intero set di condensatori, garantendo così una nuova vitalità al cuore dell’amplificatore. Successivamente, mi sono dedicato alle resistenze ad impasto di carbone, una componente notoriamente soggetta a variazioni di valore nel corso del tempo. Ogni resistenza che si discostava troppo dalle specifiche di tolleranza è stata sostituita, assicurando la stabilità del circuito.
Un passo successivo cruciale è stato il test dei condensatori non polarizzati. Utilizzando uno tester progettato per verificare la presenza di dispersioni, ho confermato l’integrità di questa componente essenziale. Fortunatamente, tutti i condensatori hanno superato il test, confermando la loro affidabilità.
Dopo questa fase di verifica, mi sono concentrato sulle valvole. Di quelle originariamente montate, ho dovuto sostituire una ECC83 e una ECC81. Inoltre, una delle due 6L6GC finali ha mostrato segni di degrado, con il filamento che si è bruciato pochi secondi dopo l’accensione. Ho optato per una soluzione di alta qualità, sostituendo entrambe le valvole con una coppia di 6N3-CE NOS di provenienza militare russa, equivalenti alle 5881/6L6GC.
Prima di ogni altra operazione, ho eseguito un attento processo di disossidazione degli zoccoli e dei vari potenziometri. Con tutti questi passaggi completati con cura, ho portato l’amplificatore alla sua prima accensione. Il risultato? Un’erogazione corretta di 30 Watt RMS, confermando il successo del restauro e restituendo all’amplificatore la sua potenza e la sua autenticità sonora originale. Nel video, tocco le corde della chitarra per farvi sentire il suono dell’amplificatore restaurato. Non so suonare, ma l’amplificatore sì, e ha ritrovato la sua potenza.
Restauro del bassman 70
Il Bassman AB165 che abbiamo visto sopra è un modello classico degli anni ’60 con un circuito con un suono pulito e caldo. Ha guadagnato popolarità tra i chitarristi blues e rock per la sua tonalità distintiva e la sua risposta dinamica. Il design del circuito AB165 è noto per il suo clean headroom e la capacità di rispondere bene agli effetti.
D’altra parte, il Bassman 70 è una versione successiva, introdotta negli anni ’70. Questo modello presenta alcune modifiche al circuito rispetto al suo predecessore AB165. Ha una sezione di preamplificazione più complessa e un suono più versatile con una risposta in frequenza più estesa. Il Bassman 70 è conosciuto per essere più adatto a generi musicali che richiedono una maggiore saturazione e distorsione.
La sua costruzione e lo schema elettrico, sebbene presentino alcune variazioni, mantengono la firma sonora che ha reso celebre la serie Bassman. Anche questo amplificatore mi è stato consegnato dopo aver trascorso molti anni in una cantina, e la mia opera di revisione ha riguardato una completa pulizia di zoccoli e potenziometri. Ho sostituito diversi condensatori elettrolitici e ho provveduto al montaggio di un nuovo portafusibile, sostituendo l’insolita configurazione trovata: un fusibile avvolto nel nastro con i due fili sopra.
Le valvole di segnale hanno superato con successo il test e risultavano in perfette condizioni. Tuttavia, ho dovuto montare due nuove valvole finali per garantire prestazioni ottimali. Con questi interventi, l’amplificatore è tornato alla sua piena funzionalità, pronto a regalare il suono distintivo e potente che gli è proprio. Questa operazione di restauro ha permesso di preservare un pezzo di storia musicale, riportando in vita un amplificatore che ha attraversato il tempo con il suo carisma sonoro intatto.
Un po’ come le automobili d’epoca non potrebbero competere con le attuali, questi amplificatori, sebbene non in linea con gli attuali standard hi-fi, racchiudono lo spirito di un’industria nazionale pionieristica e ancora basata sulla sola manodopera di esperti artigiani. Far rivivere un’incisione d’epoca attraverso una testina al cristallo e questo valvolare rende quindi, tra i crepitii dei vinili vissuti, quella che doveva essere l’esperienza d’ascolto dei nostri genitori negli anni ’50 e ’60. Solo la passione e la competenza di Stefano Bianchini potevano rendere possibile quest’esperienza e solo la sua formazione ed attenzione potevano intervenire sull’unico aspetto che fosse imprescindibile aggiornare ai tempi attuali: la sicurezza.
Complimenti dal proprietario Alessandro Ancarani
L’aver usato una piattina per avvolgere il secondario (che al giorno d’oggi credo sarebbe introvabile se non in sezioni enormi per trasformatori trifase) dovrebbe essere un trucco similare ad avvolgere il secondario in bi o trifilare che ha 2 vantaggi uno quello di aumentare la sezione del conduttore abbassato la RDC sprecando meno spazio dentro al rocchetto e il secondo vantaggio è quello di riuscire ad abbattare l’induttanza dispersa del trasformatore
Grazie per la pubblicazione dei dati.
Ho un G236 HF che ho impiegato per anni sul secondo impianto, come diffusione domestica, finché uno dei trasformatori finali si interruppe.
Nel mio esemplare mancava la targhetta, era uno dei primi pezzi ed era stato impiegato come finale in un organo elettronico del 1957.
La banda passante del mio esemplare era un po’ più ampia, ma nel mio caso avevo collegato le griglie schermo in ultralineare.
L’aspetto più interessante rispetto, per esempio, al Leak Stereo 20 della stessa epoca che possiedo è il modo in cui avevano ridotto i flussi dispersi del TU, pur facendo uscire le molte prese necessarie per l’ampio spettro di possibili impedenze di uscita che intendevano coprire: i collegamenti a mezzo strato erano tutti realizzati con piattina di argento.
Dopo tanti anni temo di aver perso i lamierini del TU guasto, ma sicuramente ho conservato il conteggio delle spire e i campioni del filo smaltato primario e secondario, se ti interessano.
Si quieres hacer funcionar aparatos tan viejos, aunque nunca se hayan usado, tienes que cambiar todos los electrolíticos, si hay esos condensadores de papel sellados con alquitrán hay que cambiarlos. Luego están los calentadores de carbón que pierden totalmente la tolerancia a medida que envejecemos. Encenderlo sin hacer las revisiones necesarias es arriesgado, incluso podrías quemar los transformadores.
Hola Stefano gracias por responder, en realidad tengo dos amplificadores uno esta en su caja de trasporte en madera original Geloso, pero no funciona.
Después voy a mirar los transformadores que vende, me gustaría realizar algún proyecto. Abraso
Curioso, me gustaría saber cómo una luminaria vintage italiana llegó tan lejos de Italia.
Para responder a su pregunta Geloso en sus boletines, definió transformadores de audio de “alta calidad” cuyo ancho de banda era de 8khz -3dB. Como puedes ver en los gráficos que he publicado, las características instrumentales son muy pobres. No vale la pena cambiarlos, es mejor que se queden como están, reliquias históricas de una época pasada.
Hola, me encuentro en Uruguay, tengo uno de estos (G235HF y G236HF), y me gustaría saber si tiene algún consejo para mejorar el sonido o seria mejor dejarlo así ya que no valdría la pena? Molte grazie.