H.H. Scott Stereomaster 222C e 222D, Due Icone dell’Audio Valvolare

H.H. Scott, Inc. era un’azienda americana che produceva e commercializzava componenti audio e attrezzature stereo negli anni ’50 e ’60, noti soprattutto per i loro amplificatori valvolari di alta qualità. La società fu fondata da Howard H. Scott nel 1946. Scott era un ingegnere elettronico di talento e il suo marchio divenne presto sinonimo di alta fedeltà e prestazioni audio.

I prodotti di H.H. Scott erano rinomati per la loro costruzione solida e la qualità del suono. I loro amplificatori valvolari erano particolarmente apprezzati dagli audiofili dell’epoca. La società produsse una serie di modelli popolari, tra cui l’Scott 299, l’Scott 222 e l’Scott 299B. Questi amplificatori offrivano una potenza pulita e una riproduzione audio accurata, e molti di essi sono ancora ricercati dagli appassionati di audio vintage.

Negli anni ’60, la società iniziò a produrre anche ricevitori stereo, preamplificatori, giradischi e altoparlanti. H.H. Scott continuò a guadagnare una reputazione di eccellenza nel settore audio fino alla metà degli anni ’70.

Tuttavia, a partire dagli anni ’70, l’industria dell’audio vide una transizione dalle valvole termoioniche ai transistor, e molte aziende, compresa H.H. Scott, dovettero adattarsi a questa nuova tecnologia. La qualità audio dei dispositivi a transistor migliorò considerevolmente, ma ciò portò alla fine dei dispositivi valvolari. Nel 1978, H.H. Scott, Inc. dichiarò bancarotta e fu acquisita dalla Emerson Electric Company, che successivamente cessò la produzione di componenti audio con il marchio H.H. Scott.

Anche se l’azienda non esiste più, i prodotti H.H. Scott degli anni ’50 e ’60 rimangono molto apprezzati dagli appassionati di audio vintage, e molti cercano ancora i loro amplificatori, ricevitori e altri dispositivi sul mercato dell’usato per godere dell’esperienza sonora autentica di quegli anni.

Ritorno al Passato dell’Audio Vintage: Restauro dei Leggendari H.H. Scott Stereomaster 222C

Nell’era digitale odierna, dove la tecnologia avanza a un ritmo incessante, c’è un fascino intramontabile nel riparare e restaurare apparecchi audio vintage, che incarna il calore e la nostalgia del passato. In questo articolo, ci immergeremo in un affascinante viaggio nel mondo del suono d’epoca, concentrandoci su due gioielli dell’audio d’altri tempi: i prestigiosi H.H. Scott Stereomaster 222C.

Nati nell’epoca d’oro dell’audio valvolare, gli amplificatori H.H. Scott hanno catturato l’immaginazione di appassionati e audiofili con la loro straordinaria qualità sonora e costruzione artigianale. Tuttavia, il tempo può mettere alla prova anche le creazioni più robuste, e questi due esemplari avevano bisogno di cure amorevoli per rivivere.

Il nostro viaggio inizia con la sostituzione del trasformatore di alimentazione bruciato su uno dei 222C, un’opera d’arte ingegneristica che richiede abilità e attenzione ai dettagli. Successivamente, affronteremo la sfida di riparare completamente un trasformatore d’uscita bruciato, aprendo le porte all’ingegneria inversa e all’arte del riavvolgimento. La perseveranza e la dedizione che richiede questa impresa sono un tributo alla passione per l’audio vintage.

Ma l’avventura non si ferma qui. Mentre restauriamo questi pezzi unici, esploreremo anche le sottili differenze tra le valvole EL84 e le meno conosciute 7189, che sono state montate negli H.H. Scott Stereomaster 222C. Conoscere le differenze tra queste valvole è essenziale per ottenere il massimo da queste meravigliose unità audio.

Alla fine, ciò che emerge da questo viaggio è un’ammirazione per il passato e il desiderio di preservare la ricchezza dell’audio vintage. Il nostro obiettivo è far rivivere questi H.H. Scott Stereomaster 222C, affinché possano continuare a portare gioia e meraviglia con il loro suono straordinario, come facevano decenni fa. Siate pronti per una profonda immersione nell’arte del restauro audio e nell’apprezzamento del suono d’epoca. Benvenuti nel mondo dei classici restaurati con passione e maestria.

Questo amplificatore mi è stato consegnato dopo una revisione, ma purtroppo il trasformatore era danneggiato. Ho proceduto con la creazione di un nuovo trasformatore (per chiunque volesse acquistarlo separatamente, con il codice 21S4665) e l’ho successivamente installato.


In seguito, mi è stato affidato un secondo esemplare dell’amplificatore che lamentava il danneggiamento del trasformatore d’uscita. Questo apparecchio aveva chiaramente subito danni legati all’umidità, che inevitabilmente hanno compromesso la qualità dei materiali del trasformatore. Per affrontare questa sfida, ho proceduto allo smontaggio del trasformatore, ottenendo un dettagliato schema dell’avvolgimento interno. Questo passo preliminare mi ha permesso di avviare il processo di creazione di due nuovi trasformatori, riutilizzando gli originali lamierini e calotte dei trasformatori danneggiati.

Nella fotografia sotto è possibile osservare una distinta traccia di ossido verdognolo lasciata dal filo di rame che aveva perso la sua smaltatura a causa del contatto con la carta umida. Durante il processo di sbobinamento, ho notato la presenza di numerose di queste tracce. In alcuni punti, il filo si spezzava autonomamente mentre lo srotolavo.

In quest’altra immagine, è evidente un solco nero nella carta isolante, il risultato di una scarica elettrica tra fili adiacenti. Questa scarica ha perforato la carta isolante e ha causato la bruciatura che si è propagata fino a interrompere il filo di rame stesso.

Dopo aver completato il processo di sbobinamento, ho deciso di aggiungere un tocco di modernità alla replica. Ho realizzato due rocchetti utilizzando una resina tecnica simile al nylon…

In seguito, ho proceduto al riavvolgimento dei trasformatori, utilizzando materiali che mantenessero l’autenticità dell’epoca, combinati con isolanti moderni in quei punti critici in cui era necessaria una sicura e avanzata capacità di isolamento…

E così ho fatto per entrambi i trasformatori; ho riavvolto completamente anche quello che era ancora funzionante. Ma prima di procedere con l’articolo sulla riparazione dell’amplificatore, desidero concentrarmi sulle valvole. Vi invito a leggere questo articolo in cui chiarisco le differenze tra le valvole EL84 e le 7189, evidenziando perché non dovrebbero essere scambiate tra loro per evitare situazioni potenzialmente disastrose, come illustrato in questo caso specifico.

Torniamo all’amplificatore…

Nel video qui sotto, l’amplificatore è in funzione, ma l’audio originale è stato sovrascritto per ragioni legate al copyright.

Ora, passiamo ad alcune misurazioni strumentali. L’apparecchio è in grado di erogare da 22 a 25 watt (a seconda dell’efficienza delle valvole) con un fattore di smorzamento pari a 18. Qui di seguito, troverai due grafici relativi alla distorsione armonica totale (THD) e alla banda passante ottenuti dall’amplificatore “verde” menzionato all’inizio dell’articolo, che manteneva i suoi trasformatori d’uscita originali. Nel grafico relativo alla banda passante, è evidente la presenza di disturbi, in gran parte attribuibili a una stabilità non ottimale del circuito, che sfrutta tassi di controreazione notevolmente elevati.

THD 1watt

Banda passante 1watt su carico resistivo

Ecco invece il grafico della banda passante ottenuto con i trasformatori che ho riavvolto, dopo aver apportato una leggera riduzione del tasso di controreazione. Questo passaggio ha comportato il passaggio da un fattore di smorzamento di 18 a un fattore di 12. È importante notare che questa modifica non ha avuto alcun impatto negativo sul suono, ma ha notevolmente migliorato la stabilità del circuito. È stata una lunga messa a punto.

In conclusione, il restauro di questi amplificatori H.H. Scott Stereomaster 222C ha rappresentato un affascinante viaggio attraverso il mondo dell’audio vintage. Dall’arte di riparare trasformatori bruciati, all’ingegneria inversa dei circuiti originali, ogni passo di questo processo è stato intrapreso con cura, dedizione e rispetto per l’autenticità dell’epoca. Il risultato? Un ritorno alla vita di due classici, capaci di riprodurre il suono caldo e avvolgente che li ha resi celebri.


 

H.H. Scott Stereomaster 222D: un capitolo a parte

Il modello H.H. Scott 222D, introdotto poco dopo il 222C, rappresenta l’ultima evoluzione della serie “222”. Esteticamente presenta controlli leggermente diversi, ma le vere differenze si celano sotto il telaio: lo schema elettrico è stato modificato in diversi punti, la controreazione è stata ridotta e di conseguenza il fattore di smorzamento risulta inferiore rispetto al 222C. Questa scelta progettuale ha reso il suono leggermente più “aperto” e meno controllato sui bassi, ma anche più musicale e godibile per molti ascoltatori.

Recentemente mi è stato portato un 222D che lamentava la completa assenza di un canale. Mi è stata raccontata la classica storia da incubo: il cliente si era già affidato a un fantomatico tecnico che avrebbe dovuto “revisionarlo”. In realtà, come purtroppo capita spesso, il lavoro era stato fatto alla c**** di cane.

Dopo una breve analisi ho scoperto che l’amplificatore conservava ancora le sue valvole originali Telefunken, un set completo d’epoca, usato pochissimo, un vero tesoro. Ma — udite udite — il “tecnico” precedente (lo definirei piuttosto un ladrone senza scrupoli) si era fregato il quartetto originale di 7189 Telefunken, che in buone condizioni può valere anche 500 €, sostituendolo senza vergogna con un quartetto di EL84 cinesi, roba da bancarella.

Il furto è già di per sé una porcata, ma il peggio è che ha anche mostrato un’ignoranza tecnica abissale: le EL84 non sono sostituibili direttamente alle 7189, come spiego dettagliatamente in questo articolo dedicato.

 

Non solo ha rubato valvole di valore, ma ha pure ignorato le richieste del cliente, che aveva esplicitamente detto di non cambiare le valvole o, nel caso, di restituirle. E come se non bastasse, questo “esperto” non si è nemmeno degnato di sostituire tre elettrolitici secchi presenti in circuito, né di controllare e regolare il bias. In pratica ha preso i soldi, non ha fatto nulla di utile, e ha rovinato un apparecchio storico. Un comportamento da incompetente e disonesto che merita di essere denunciato senza mezzi termini.

Quando l’apparecchio è arrivato da me, la prima priorità è stata verificare lo stato dei trasformatori d’uscita, che spesso finiscono bruciati proprio a causa di queste sostituzioni sconsiderate con EL84. Fortunatamente, erano sani. Ho quindi consigliato al cliente di acquistare un quartetto di 7189 Tung-Sol da un rivenditore affidabile e me le sono fatto spedire.

Ho poi verificato le altre valvole: le ECC83 erano tutte in ottima salute, così come la GZ34. La sezione pentodo delle 6U8 / ECF82 era invece usurata al 50%. Mostro qui i due grafici comparativi delle curve, acquisite con il tracciacurve utracer, mettendo a confronto il pentodo delle valvole montate e quello di una ECF82 nuova.

ECF82 (P) Esausta ECF82 (P) Nuova

Preciso che, seppur usurate, le 6U8 permettevano ancora il funzionamento dell’amplificatore, sebbene con un livello di distorsione superiore.

Ho infine sostituito i tre piccoli elettrolitici difettosi, controllato le lattine che erano ancora buone, montato le nuove 7189, effettuato la prima accensione controllata con variac, regolato bias e bilanciamento.

Alla fine dell’intervento, l’amplificatore è tornato in piena forma: 20–22 watt RMS per canale, con uno smorzamento di circa 5, coerente con il progetto originale e pronto a far rivivere la magia sonora degli anni ’60, ma stavolta senza ladri di valvole nei paraggi.

Questi 2 articoli hanno quindi gettato luce su una confusione comune riguardo alle valvole, in particolare tra le EL84 e le 7189. L’importanza di comprendere le differenze e di adattare correttamente il circuito è stata sottolineata per garantire il corretto funzionamento dell’amplificatore e la sua longevità. Suggerisco anche la lettura di un’articolo dedicato alla sostituzione delle valvole negli apparecchi audio e non solo.

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3 Responses to H.H. Scott Stereomaster 222C e 222D, Due Icone dell’Audio Valvolare

  • Ciao Stefano. Bellissimo articolo, e sopratutto molto utile e istruttiva la parte sulle 7189. Valvole peraltro molto interessanti. Ne ho uno davanti di 222c proprio ora, del 1963, mio anno di nascita. È perfetto, rivalvolato a nuivo dql precedente proprietario con tutte Tung Sol, ma da rivedere elettricamente vista l’età ormai molto avanzata di entrambi, mia e dell’ampli (anche io sarei da rivedere un po’, ma non è facile come con le elettroniche purtroppo! ?). Grazie! E complimenti ancora

  • lo strumento fa così quando rileva un’inversione di 180 gradi, probabilmente l’inversione avviene dentro la rete dei toni

  • che fase stana…???

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Ottimizzare il circuito con trasformatori SB-LAB

In questo articolo analizziamo in dettaglio la revisione di un classico schema ispirato Leak, realizzato da un appassionato utilizzando trasformatori SB-LAB. Vedremo come, partendo da un progetto vintage non ottimizzato, sia stato possibile ottenere prestazioni nettamente superiori attraverso un’attenta messa a punto e modifiche mirate.

L’obiettivo è dimostrare quanto sia importante adattare uno schema alle caratteristiche reali dei componenti utilizzati, soprattutto quando si vogliono sfruttare al massimo trasformatori di alta qualità.

Potrebbe interessarti anche il progetto dello stesso amplificatore ma con diodi invece che valvola raddrizzatrice? clicca qui…

Il caso: Hashimoto KT88 UL Push Pull Riprogettati

Era il 2017 quando pubblicai, nella sezione I lavori dei lettori, un breve articolo dedicato alla realizzazione di un cliente che aveva acquistato un set di trasformatori da me. Il titolo di quell’articolo era “Monofonici KT88 di Fabrizio”. Qui sotto, separata dalle linee, potete trovare la pagina originale.


Pubblico le foto dei monofonici realizzati da fabrizio con i trasformatori SB-LAB

Ciao Stefano come promesso ti invio le immagini ed alcuni dati tecnici dei due monofonici costruiti sulla base dei trasformatori comperati da te. Le misure non sono forse da campionato come quelle dei tuoi stupendi Allbireo, comunque sono apparecchi stabili e davvero ben suonanti. Poteva essere sfruttato meglio il tuo TU ? Sicuramente si, ma le scelte circuitali adottate e la messa a punto effettuata in seguito hanno portato a questo:

Le valvole usate sono: una EF86 in ingresso, alla quale segue in accoppiamento diretto la sfasatrice 12AU7, il circuito sfasatore utilizzato: un long tail pair, finali KT88. Nella sezione di alimentazione  è stata usata inizialmente una 54UG sostituita poi nella versione finale da una GZ 34.

Dati Tecnici misurati a 50watt RMS (potenza ottimale):
Alimentazione 460Vcc – BIAS 50mA
Distorsione armonica : 1Khz-50W  0,22%
Distorsione armonica : 60hz-50W  0,8%
Distorsione armonica : 10Khz-50W  1,2%

Banda Passante 50w:
+0,5db a 20Hz
-3db a 50KHz
NFB : 15db

Sensibilità d’ingresso: 0,5V 1Khz
Impedenza d’ingresso: 100Kohm
Rapporto segnale rumore: 102db


Poi nel 2020 ricevo questa email:

Ciao Stefano sono ***, posseggo due mono PP KT88 costruiti usando i tuoi TU, TA e Induttanze. Il lavoro è stato pubblicato nella rubrica “i lavori dei lettori” nel tuo sito con il titolo “Monofonici kt88 di Fabrizio”.

Vengo al dunque, al tempo quando ti inviai le foto e lo schema elettrico dei monofonici tu molto gentilmente mi suggeristi tramite email una serie di valide e possibili modifiche da mettere in pratica sul circuito per ottenere un miglioramento delle misure e delle qualità sonore degli amplificatori. Siccome io non mi ritengo un tecnico ma riesco ad apprezzare (molto) le tue argomentazioni tecniche e il tuo modo di concepire l’hi-fi, se accetti di darmi istruzioni mi piacerebbe modificare i due monofonici secondo le tue indicazioni.

Potrei anche accontentarmi di come suonano attualmente: molto ricchi, abbastanza dettagliati, pieni di bassi e “caldi” anche troppo “caldi e pastosi” per i miei gusti. Visto che mi piacciono le cose ottimizzate al meglio e considerato che ci sono margini di miglioramento vorrei attuare le modifiche da te consigliate o quelle che riterrai più opportune apportare.

Ho già trattato in passato il tema della banda passante di un trasformatore, ma da tempo avevo in mente di affrontare anche la banda passante di un intero circuito. Si tratta di un argomento piuttosto complesso, che merita di essere spiegato con esempi concreti e dati strumentali, così da renderlo più chiaro a chi legge.

Il caso tipico è quando si prende uno schema trovato su internet e lo si realizza utilizzando i miei trasformatori — oppure qualsiasi altro trasformatore diverso da quello per cui lo schema è stato progettato e messo a punto. In questi casi, non si può evitare di modificare qualcosa: uno schema elettrico reperito online DEVE sempre essere adattato al momento della realizzazione, a meno che non si utilizzino esattamente gli stessi trasformatori previsti dal progetto originale.

Per approfondire meglio la questione, prendiamo come esempio i monofonici di Fabrizio. Qui sotto trovate lo schema (di cui sconsiglio la realizzazione), con evidenziati in rosso i quattro punti più problematici.

Questo schema in realtà deriva a sua volta da uno schema hashimoto di cui potete trovare l’articolo completo a questo indirizzo…

Neppure lo schema Hashimoto è davvero originale: deriva infatti da uno schema ancora più antico, risalente alla fine degli anni ’50, utilizzato nei famosi amplificatori Leak. Nell’immagine qui sotto potete vedere lo schema del Leak TL25, dal quale emergono molte somiglianze.

Tutti gli schemi Leak di quell’epoca seguivano un’impostazione di base molto simile: variavano principalmente le valvole finali e la tipologia di sfasatore, mentre la EF86 era sempre presente. In sostanza, erano tutti abbastanza simili tra loro. Non saprei dire con precisione da quale modello Leak Hashimoto abbia preso ispirazione, ma il riferimento storico è piuttosto evidente.

Passiamo ora al problema che si è presentato a Fabrizio. Lui cercava un suono moderno: frizzante, brillante, arioso e pulito. Aveva visto nei miei trasformatori la chiave per raggiungere questo obiettivo, ma quando ha montato il suo clone Leak si è ritrovato con un amplificatore caldissimo, impastato e dal suono tipicamente “anni ’50”.

Nel mondo degli autocostruttori continua a resistere la convinzione che un singolo componente possa determinare da solo il risultato sonoro finale. Così si sente dire che “la valvola X suona in un certo modo”, “la valvola Y suona in un altro”, e lo stesso vale per trasformatori, condensatori, resistenze…

Un ragionamento che sfiora quasi la magia: come se bastasse inserire un solo elemento per imprimere all’intero amplificatore una certa personalità sonora. È un po’ come pensare che, montando un volante Ferrari su una Panda, questa diventi improvvisamente una supercar. Capito il concetto?

Come sempre, la realtà è molto più complessa degli stereotipi che le persone si creano nel proprio immaginario. Il risultato sonoro di un amplificatore dipende dall’insieme di tutti i componenti utilizzati e, soprattutto, da come questi vengono fatti lavorare insieme.

C’è chi afferma che le KT88 abbiano un suono pastoso e bassi gonfi, mentre le 300B sarebbero brillanti, ariose e dotate di un “palcoscenico” immenso… e via con tutta una serie di luoghi comuni.

La verità? Io stesso ho fatto suonare KT88 (e persino valvole TV economiche) in modo brillante, aperto e con bassi controllati. Allo stesso tempo, ho ascoltato molti amplificatori con 300B che suonavano chiusi, mosci e del tutto inascoltabili. “Eh, ma ci sono le 300B!” — E allora? Se il circuito è progettato male e costruito peggio, farà schifo lo stesso, anche se ci metti due valvole da 1.800 € l’una.

Tornando al progetto di Fabrizio, la causa principale del risultato sonoro che ha ottenuto è stata l’adozione di uno schema degli anni ’50, utilizzato senza le opportune modifiche. Infatti, il suono finale non dipende solo dalla valvola o dal trasformatore, ma dal complesso di tutti i componenti e, soprattutto, dallo schema elettrico su cui si basa l’amplificatore. A questo punto, riprendiamo lo schema elettrico in questione e analizziamo insieme quelli che io considero i principali problemi…

In che modo progettava Leak nel 1958? Beh, prima disegnavano lo schema teorico del circuito, poi producevano i trasformatori, montavano il prototipo e infine lo provavano. Molti autocostruttori sono convinti che tutto finisca lì: monti i primi componenti che ti capitano e il gioco è fatto (e purtroppo molti fanno davvero così).

In realtà, dopo aver assemblato un prototipo, chi sa davvero cosa sta facendo passa alla fase di messa a punto. E la messa a punto non consiste certo nell’aggiungere cavi da 5.000 €, pietre magiche o piedini conici rigorosamente in numero dispari.

Significa invece effettuare misurazioni strumentali dettagliate, analizzare il comportamento reale del circuito e, di conseguenza, apportare le modifiche necessarie allo schema per ottimizzare le prestazioni o correggere eventuali difetti.

Dobbiamo anche partire da un dato di fatto: il trasformatore di uscita Leak del 1958 non era niente di speciale. Mi dispiace per i nostalgici degli amplificatori vintage, ma è la realtà. All’epoca si utilizzavano lamierini di qualità inferiore persino rispetto a quelli impiegati oggi per i normali trasformatori di alimentazione, e non c’era alcun interesse a spingersi verso prestazioni superiori.

I trasformatori d’epoca erano carenti sia in basso che in alto: in pratica, erano quasi tutti centrati sui medi. Questo perché anche le registrazioni dell’epoca avevano pochi bassi e pochi alti, quindi i produttori di amplificatori non si preoccupavano di realizzare apparecchi con una banda passante estesa.

Anzi, all’epoca una banda troppo ampia sarebbe potuta diventare un problema, perché avrebbe messo in evidenza sul diffusore i rumble dei motori dei giradischi e i soffi vari causati da componenti rumorosi come i resistori a impasto, i cablaggi primitivi e così via.

Per chi ama questi vecchi amplificatori: non è una critica. Se vi piace quel suono medioso e vintage, va benissimo. Ma qui stiamo parlando di realizzare nel 2020 un amplificatore valvolare con un suono moderno, trasparente e dettagliato. Ci tenevo a chiarirlo per non attirarmi le critiche degli appassionati dei Leak: si tratta di apparecchi vintage dal suono vintage, ed è giusto apprezzarli per ciò che sono.

Tornando al nostro progettista Leak: una volta acceso il prototipo, posso ipotizzare che abbia incontrato problemi di auto-oscillazione, inneschi o captazione di disturbi RF. Per risolvere, ha inserito uno snubber (20 k? + 47 pF) in parallelo alla resistenza da 100 k? sull’anodo della EF86 (rettangolo rosa in alto a sinistra). Questo snubber era stato pensato per sopprimere un disturbo individuato a circa 169 kHz.

Fabrizio, non avendo la resistenza da 20 k?, ne ha utilizzata una da 22 k?. Uguale? No, perché 22 k? con 47 pF taglia a circa 154 kHz, quindi non è affatto la stessa cosa.

Ma c’è un punto ancora più importante: che senso ha mantenere questo snubber se né il trasformatore d’uscita né il cablaggio sono quelli originali Leak? Il disturbo che aveva risolto Leak potrebbe non esistere nel montaggio di Fabrizio, oppure potrebbe manifestarsi a frequenze diverse che richiederebbero prima di essere individuate, e poi eventualmente soppresse con valori corretti di resistenza e condensatore.

Ecco quindi il primo esempio di elemento che non può essere semplicemente copiato “as is”. In una replica moderna, il circuito andrebbe inizialmente montato senza questo snubber, per poi valutare in fase di messa a punto se reintrodurlo e con quali valori, in base a misurazioni reali.

Proseguiamo analizzando i cerchietti rosa: l’accoppiamento tra il driver ECC82 e le finali avviene tramite condensatori da 47 nF, con una resistenza di griglia di 100 k?. Per chi non lo sapesse, questa combinazione forma un filtro passa-alto con frequenza di taglio a circa 33 Hz. Apparentemente può sembrare accettabile, ma in realtà un taglio così elevato introduce rotazioni di fase alle basse frequenze (come vedremo più avanti nei grafici). Anche in questo caso, probabilmente alla Leak importava poco, visto che i trasformatori d’uscita dell’epoca spesso iniziavano a tagliare già ben prima, talvolta attorno ai 200 Hz.

Infine, analizziamo il rettangolo in basso a sinistra: si tratta del condensatore da 100 pF posto in parallelo alla resistenza da 33 k? nel percorso di negative feedback.

Questo condensatore viene utilizzato principalmente per sopprimere il ringing del trasformatore (visibile, ad esempio, in risposta a onde quadre), per limitare la banda passante dell’amplificatore quando è eccessiva o per ridurre eventuali instabilità.

Il suo valore è strettamente legato al trasformatore di uscita utilizzato: cambiando trasformatore, occorre necessariamente ricalcolare e modificare anche il valore di questo condensatore. Anzi, in alcuni casi, un condensatore che in un certo contesto sopprime un innesco, con un altro trasformatore potrebbe addirittura causarlo.

Questo componente è piuttosto comune negli schemi con controreazione, ma non può essere considerato un valore “fisso”: va sempre adattato in base al trasformatore e, talvolta, anche solo cambiando la disposizione del cablaggio.

Per questo motivo, quando si assembla un nuovo circuito, questo condensatore dovrebbe inizialmente essere omesso e il suo valore definito solo dopo accurate prove.

Personalmente, per semplificare questa fase, ho realizzato uno strumentino dedicato molto comodo.

Nel caso specifico, Fabrizio ha utilizzato un valore di 100 pF, mentre nello schema Hashimoto non era previsto nulla; immagino quindi che qualche prova l’abbia comunque effettuata. Vediamo il grafico di banda passante a 1 watt su carico resistivo:

Possiamo osservare un’attenuazione di circa –0,4 dB a 20 Hz e di –1 dB poco prima dei 20 kHz, intorno ai 18/19 kHz. Ciò che però ci interessa maggiormente è l’andamento della fase (linea azzurra): da 20 Hz a 1 kHz si registra una rotazione di circa 24°, mentre da 1 kHz a 10 kHz si aggiungono altri 36°. Per rendere più evidente questo fenomeno, utilizzo un’onda triangolare a 10 kHz, che permette di visualizzare in modo chiaro l’effetto della rotazione di fase sul segnale.

In giallo è visibile il segnale del generatore, mentre in azzurro quello in uscita dall’amplificatore. Si nota chiaramente come il segnale di uscita risulti anticipato rispetto a quello di ingresso, con un evidente arrotondamento delle punte, segno di una bassa velocità di salita (slew rate) dovuta alla banda passante limitata. Utilizzando un segnale sinusoidale a 14 kHz — scelto perché in quel punto la deformazione è particolarmente evidente a occhio nudo — si può osservare come la forma d’onda venga ulteriormente distorta a causa dell’azione della controreazione (negative feedback).

Anche qui, in giallo vediamo il segnale del generatore, mentre in azzurro quello in uscita dall’amplificatore. Oltre a risultare spostato in avanti, il segnale in uscita appare chiaramente distorto. Questa distorsione è causata dalla combinazione di una rotazione di fase eccessiva e di un livello di negative feedback altrettanto eccessivo.

Ci tengo a sottolineare ancora una volta, per chi si trovasse a leggere questo articolo, che sono un fermo sostenitore dell’uso del negative feedback — ma solo se impiegato in modo corretto. A questo proposito, vi invito a seguire questo link per approfondire l’articolo che ho dedicato al tema.

Il negative feedback va utilizzato, ma nelle giuste condizioni. Non ci si può aspettare che basti applicarlo per far “suonare bene” qualsiasi circuito, anche il peggio progettato. Al contrario, un circuito deve essere studiato per dare il massimo già senza feedback; solo in quel momento si può introdurre la giusta quantità di controreazione per ottenere i miglioramenti desiderati, come un corretto smorzamento.

Come ho scritto anche nell’altro articolo, il peggior nemico del negative feedback è la rotazione di fase (oltre, ovviamente, all’ignoranza di chi non sa usarlo o non vuole imparare). Nell’esempio della sinusoide qui sopra, si vede chiaramente come la combinazione rotazione di fase + negative feedback possa creare disastri. A occhio, la distorsione si nota già a 14 kHz, ma all’ascolto le conseguenze negative si percepiscono molto prima. Vediamo ora l’analisi spettrale a 1 kHz, 1 watt:

THD: 0,43%, con varie “sporcature” alle alte frequenze — misurato a 1 watt e 1 kHz. Proseguendo: il problema principale di questo amplificatore è che si è voluto utilizzare un trasformatore d’uscita a banda passante estesa, ma abbinato a un circuito che non è in grado di sfruttarlo correttamente.

Lo stesso Hashimoto, ad esempio, sul proprio sito pubblicizza trasformatori con banda passante fino a 100 kHz, ma poi ne suggerisce l’uso in schemi arcaici non aggiornati… a questo punto tanto varrebbe avvolgere un trasformatore qualsiasi, usando i lamierini più economici disponibili e senza alcuna cura nell’avvolgimento. Eppure, sistemare uno schema di questo tipo per adattarlo a un suono più moderno non è affatto impossibile. Allora perché non farlo?

Il problema principale dello schema Leak — oltre allo snubber — è proprio l’uso della EF86. Innanzitutto, la griglia schermo di questa valvola dovrebbe essere alimentata con una tensione più stabile, non semplicemente tramite una resistenza da 1 M?. Inoltre, la EF86 presenta un’alta impedenza d’uscita, e non mi convince l’effetto di “rallentamento” che può derivare dall’interazione con le capacità parassite del cablaggio (anche se, devo ammettere, in passato l’ho fatto anch’io in alcune occasioni).

Non mi piace particolarmente neanche l’uso della controreazione (NFB) sul catodo di un pentodo. Quando si modula il catodo di un pentodo, infatti, non si va solo a sottrarre segnale dalla griglia di controllo (G1), ma si introduce anche un’influenza legata alla griglia schermo (G2).

Ricordo che la corrente anodica dipende non solo dal rapporto di tensione tra catodo e G1, ma anche dal rapporto catodo G2. L’idea alla base della NFB è sottrarre il segnale rispetto a G1, ma modulando il catodo si muove anche il riferimento rispetto a G2, cosa che, almeno personalmente, preferisco evitare (forse è una mia “fissazione”, ma tant’è).

Inoltre, non era necessario uno stadio con un guadagno così elevato, perché avrebbe obbligato a un uso massiccio di controreazione per evitare di avere un ingresso eccessivamente sensibile. La mia filosofia è applicare solo il minimo NFB indispensabile per ottenere lo smorzamento desiderato. Vediamo comunque, perché è interessante, il grafico di banda passante dello stadio EF86 utilizzato nello schema Hashimoto, isolato dal resto del circuito:

La banda passante naturale (senza controreazione) dello stadio con EF86, completo di snubber, mostra un taglio a –3 dB già a 4,5 kHz, con una rotazione di fase di 40° a 3 kHz. Un risultato del genere rende questo stadio assolutamente inadeguato! Se già da solo si comporta così, significa che tutta la banda passante dell’amplificatore Hashimoto originale (pur limitata a 18 kHz) è ottenuta “a forza” grazie a un uso massiccio di negative feedback.

Al contrario, la mia filosofia è che un circuito debba funzionare bene di suo, già senza feedback. Il negative feedback dovrebbe essere solo un aiuto finale per ottimizzare lo smorzamento e rifinire la risposta, non il mezzo principale per “correggere” un circuito sbilanciato.

La modifica più semplice ed efficace è intervenire sullo stadio di ingresso. La EF86, collegata a triodo, offre ottime caratteristiche. Qui sotto riporto le curve relative alla configurazione in triodo, dove sia la griglia schermo (G2) sia la griglia soppressora (G3) vengono collegate all’anodo.

Molti non lo sanno, ma quando la G3 non è internamente collegata al catodo e dispone di un piedino dedicato, è preferibile collegarla anch’essa all’anodo quando si utilizza la valvola come triodo. Questo accorgimento riduce la rumorosità e abbassa la resistenza interna del triodo risultante.

Infatti, analizzando le curve con la G3 connessa al catodo, si nota una leggera riduzione della pendenza, mentre collegandola all’anodo si ottiene un comportamento migliore e più stabile.

Ho quindi sostituito tutte le resistenze attorno alla EF86, compresa quella di alimentazione, la resistenza di controreazione (NFB) e il relativo condensatore di compensazione.

Ho modificato il valore di una delle due resistenze di carico della ECC82 per bilanciare correttamente lo sfasatore, che altrimenti sarebbe risultato leggermente sbilanciato se si fossero utilizzate due resistenze identiche. Ho inoltre variato i valori dei condensatori di disaccoppiamento tra ECC82 e KT88, così come le resistenze di griglia delle finali.

Suggerisco l’uso di un elettrolitico di alta qualità e con capacità generosa per il bypass del catodo della EF86 collegata a triodo, eventualmente abbinato in parallelo a un piccolo condensatore in polipropilene per migliorarne ulteriormente la risposta (Fabrizio, invece, aveva utilizzato un condensatore economico e poco performante).

Per il disaccoppiamento tra ECC82 e KT88, consiglio condensatori in polipropilene di ottima qualità, come i Mundorf Supreme Classic. Nella versione modificata realizzata da Fabrizio sono stati montati degli eccellenti Arcotronics NOS.

Infine, è importante bypassare anche il secondo elettrolitico della cella CLC dell’alimentazione anodica con un polipropilene di buona qualità: questo accorgimento consente di ottenere un suono più chiaro e definito. Un semplice elettrolitico economico, infatti, tende a penalizzare la gamma alta a causa del suo elevato ESR e del fattore di dissipazione (D). Nel montaggio di Fabrizio si può notare un Mundorf Supreme Classic utilizzato proprio a questo scopo.

Ecco lo schema premium qui sotto, si ricorda che per vederlo dovete acquistare il set di trasformatori SB-LAB

Il montaggio modificato di fabrizio:

Vediamo ora quanto il circuito sia migliorato, almeno dal punto di vista strumentale, rispetto alla configurazione originale. Partiamo dall’analisi della banda passante:

–0,2 dB a 20 Hz e –1 dB a 90 kHz. Non ho voluto sopprimere la leggera “gobba” a 65 kHz, in quanto si trova ben fuori dalla gamma udibile: ho preferito preservare la massima velocità del circuito.

Oltre alla risposta in frequenza, anche la risposta in fase è migliorata drasticamente: solo 12° di rotazione tra 20 Hz e 1 kHz, e appena 8° tra 1 kHz e 20 kHz. Rispetto alla configurazione originale, la differenza è abissale. Finalmente il trasformatore SB-LAB viene sfruttato appieno! Vediamo ora anche la forma d’onda triangolare a 10 kHz…

Lo sfasamento è minimo, e anche le punte risultano molto meno arrotondate rispetto alla versione originale. E la sinusoide a 14 kHz? Vediamola subito!

Anche questa, finalmente, appare come una vera sinusoide, senza deformazioni né “ammaccature”! E l’analisi spettrale a 1 watt? Vediamo come si comporta rispetto alla situazione iniziale…

THD allo 0,11%. Molti, passando sulle mie pagine, sostengono che sia impossibile ottenere tassi di distorsione così bassi con un amplificatore valvolare. E invece sì, rassegnatevi: è assolutamente vero (e con una minore quantità di controreazione rispetto lo schema originale). Io sono in grado di farlo, perché i miei trasformatori non sono come quelli che trovate comunemente in commercio. Valgono ogni euro che costano (anzi, a dire il vero, costano pure poco considerando le prestazioni che offrono). Questi grafici non sono taroccati, sono frutto di misure reali e verificabili! Vediamo ora anche l’analisi spettrale a 25 watt:

Lo schema revisionato, a 25 watt, mostra una distorsione persino inferiore rispetto alla vecchia versione misurata a 1 watt! Infine, diamo un’occhiata al grafico di banda passante sul carico reattivo: lo smorzamento del circuito si attesta su un fattore di 5,7, un valore assolutamente ottimo. La potenza è passata da 50 watt a ben 65 watt RMS, prima del clipping.

Il set completo per realizzare due monofonici con lo schema da me ottimizzato comprende: 2 trasformatori d’uscita, 2 trasformatori di alimentazione, 2 induttanze di filtro e lo schema elettrico in versione leggibile e aggiornata. Se siete interessati, contattatemi tramite questo form per ricevere una quotazione aggiornata.

La conclusione di questo articolo è chiara: quando prendete uno schema trovato su internet — sia esso di un apparecchio d’epoca o progettato da altri — e decidete di costruirlo, dovete sempre concentrarvi sulla messa a punto. È fondamentale modificare questi schemi per adattarli alla situazione reale e, soprattutto, ai trasformatori che avete scelto di utilizzare. Questo vale in particolare per gli schemi vintage: se non lo fate, rischiate di ottenere risultati inferiori alle aspettative e, in certi casi, di non sfruttare appieno le potenzialità dei vostri trasformatori (specialmente se di alta qualità), finendo addirittura per giudicarli ingiustamente.

Ho avuto la fortuna che Fabrizio, in questo caso, sia stato intelligente e mi abbia contattato per capire cosa stesse succedendo. Io stesso sono solito parlare apertamente delle prestazioni dei miei trasformatori, ma se montati in un circuito non ottimizzato, i risultati non possono essere all’altezza delle specifiche dichiarate.

Purtroppo, altre persone, meno attente, nella stessa situazione potrebbero arrivare alla conclusione sbagliata: pensare che i miei trasformatori — pur essendo più costosi e pesanti — non vadano meglio di certa ferraglia da 50 €, quando in realtà il problema è nel circuito.

Questo articolo dimostra che i miei trasformatori offrono prestazioni comparabili a prodotti giapponesi di altissimo livello. Molta della “roba” economica che si trova online ha successo solo perché, per mancanza di conoscenze, molti non sono in grado di apprezzare la qualità reale.

Se vi trovate tra le mani trasformatori di alto livello, dovete anche essere in grado di sfruttarli al meglio. Per questo motivo, io resto sempre disponibile ad aiutare i miei clienti a ottenere il massimo dalle loro realizzazioni.

Il commento di Fabrizio (in originale a fondo articolo nella zona commenti):

Finalmente il suono che mi piace! Prolungare l’ascolto soffermandosi con il sorriso sulle labbra a godere della qualità del suono riprodotto ed avere la conferma di aver speso bene il denaro investendo su un set di trasformatori audio SB-LAB è quanto mi sta capitando questi giorni. Non c’è bisogno di bluffare con se stessi per rendersi conto di essere di fronte ad una apparecchiatura audio di alta qualità, perchè di alta qualità è il suo circuito.
Grazie Stefano.
Avevo nel cassetto due quartetti di valvole KT88 Mullard e G.E.C. selezionati, delle EF86 Telefunken silver shield NOS, così ho deciso di sostituire le già ottime EF86 Teonex (Watford Valves) con le Telefunken e le Genalex Gold Lion di recente produzione russa con il quartetto G.E.C. del 1960, prima le une poi a seguire le altre mentre ho lasciato le sfasatrici 12AU7 RCA clear top (le mie ecc82 preferite) e le raddrizzatrici Philips Miniwatt GZ34 (Mullard).
Non avevo mai provato questi cambi prima ma…si, data la bontà degli amplificatori modificati, ho ritenuto il caso di fare queste prove anche mosso da una certa curiosità.
Chi legge potrebbe aspettarsi che io ora scriva che si è notato subito un miglioramento montando sul nuovo circuito queste rinomate e costose valvole, bene mi dispiace per chi rimarrà deluso dalla mia affermazione ma non è così.
Gli amplificatori suonavano tremendamente bene prima con le russe e continuano a suonare strepitosamente bene anche con le kt88 G.E.C.
Nessun cambiamento udibile che possa essere considerato migliorativo e questa è la chiara conferma che una valvola di pregio non può da sola migliorare più di tanto un ottimo circuito come del resto non può da sola modificare le sorti sonore di un circuito mal concepito.
Nel caso degli amplificatori in oggetto invece possiamo davvero “solo” (vi paresse poco!) notare i cambiamenti nel suono che vengono inevitabilmente indotti dalle caratteristiche intrinseche (materiali usati, processo produttivo)
di due valvole di diversa produzione, in pratica diventa solo una questione di preferenza… di mero gusto. Tutto questo, fermo restando che si monti materiale di qualità quanto meno buona, ovvio.
Allora si potrebbe notare il timbro acidulo…(“tarty” direbbero gli inglesi) delle Genalex russe e preferirlo magari al timbro suadente delle G.E.C. del 1960.
Questi amplificatori di cui sono orgoglioso proprietario, suonano controllati, asciutti, molto definiti, sono dinamici e potenti con una timbrica di un equilibrio fuori del comune, superiore a quanto di meglio mi sia capitato di possedere
e/o ascoltare (Accuphase, MacIntosh, Quad).
Di grande bellezza la gamma medio alta, potentissima, penetrante gli acuti ti scuotono letteralmente l’anima (è un esperienza fisica)….senza romperla, senza evidenza di sibilanti fastidiose. I bassi sono presenti e controllati, smorzati perfettamente. La scena sonora è granitica e tridimensionale, fermissima e definita.
Ridate un’occhiata alle strumentali di questi apparecchi…signori, quest’uomo merita il rispetto e la considerazione di noi veri appassionati di valvole ed hi-fi.
Un consiglio: approfittatene.

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1 Responses to Ottimizzare il circuito con trasformatori SB-LAB

  • Finalmente il suono che mi piace! Prolungare l’ascolto soffermandosi con il sorriso sulle labbra a godere della qualità del suono riprodotto ed avere la conferma di aver speso bene il denaro investendo su un set di trasformatori audio SB-LAB è quanto mi sta capitando questi giorni. Non c’è bisogno di bluffare con se stessi per rendersi conto di essere di fronte ad una apparecchiatura audio di alta qualità, perchè di alta qualità è il suo circuito.
    Grazie Stefano.
    Avevo nel cassetto due quartetti di valvole KT88 Mullard e G.E.C. selezionati, delle EF86 Telefunken silver shield NOS, così ho deciso di sostituire le già ottime EF86 Teonex (Watford Valves) con le Telefunken e le Genalex Gold Lion di recente produzione russa con il quartetto G.E.C. del 1960, prima le une poi a seguire le altre mentre ho lasciato le sfasatrici 12AU7 RCA clear top (le mie ecc82 preferite) e le raddrizzatrici Philips Miniwatt GZ34 (Mullard).
    Non avevo mai provato questi cambi prima ma…si, data la bontà degli amplificatori modificati, ho ritenuto il caso di fare queste prove anche mosso da una certa curiosità.
    Chi legge potrebbe aspettarsi che io ora scriva che si è notato subito un miglioramento montando sul nuovo circuito queste rinomate e costose valvole, bene mi dispiace per chi rimarrà deluso dalla mia affermazione ma non è così.
    Gli amplificatori suonavano tremendamente bene prima con le russe e continuano a suonare strepitosamente bene anche con le kt88 G.E.C.
    Nessun cambiamento udibile che possa essere considerato migliorativo e questa è la chiara conferma che una valvola di pregio non può da sola migliorare più di tanto un ottimo circuito come del resto non può da sola modificare le sorti sonore di un circuito mal concepito.
    Nel caso degli amplificatori in oggetto invece possiamo davvero “solo” (vi paresse poco!) notare i cambiamenti nel suono che vengono inevitabilmente indotti dalle caratteristiche intrinseche (materiali usati, processo produttivo)
    di due valvole di diversa produzione, in pratica diventa solo una questione di preferenza… di mero gusto. Tutto questo, fermo restando che si monti materiale di qualità quanto meno buona, ovvio.
    Allora si potrebbe notare il timbro acidulo…(“tarty” direbbero gli inglesi) delle Genalex russe e preferirlo magari al timbro suadente delle G.E.C. del 1960.
    Questi amplificatori di cui sono orgoglioso proprietario, suonano controllati, asciutti, molto definiti, sono dinamici e potenti con una timbrica di un equilibrio fuori del comune, superiore a quanto di meglio mi sia capitato di possedere
    e/o ascoltare (Accuphase, MacIntosh, Quad).
    Di grande bellezza la gamma medio alta, potentissima, penetrante gli acuti ti scuotono letteralmente l’anima (è un esperienza fisica)….senza romperla, senza evidenza di sibilanti fastidiose. I bassi sono presenti e controllati, smorzati perfettamente. La scena sonora è granitica e tridimensionale, fermissima e definita.
    Ridate un’occhiata alle strumentali di questi apparecchi…signori, quest’uomo merita il rispetto e la considerazione di noi veri appassionati di valvole ed hi-fi.
    Un consiglio: approfittatene.

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Luxman MQ-3600: revisione completa e adattamento da 8045G a KT88

Prodotto tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 (indicativamente dal 1977 al 1982), il Luxman MQ3600 è uno degli amplificatori a valvole più rappresentativi mai realizzati dalla casa giapponese Luxman. Questo apparecchio iconico, capace di erogare 70 watt RMS per canale, fu sviluppato in un’epoca in cui Luxman cercava il massimo equilibrio tra raffinatezza sonora, design tecnico e originalità progettuale. A rendere unico l’MQ3600 è l’impiego delle rarissime valvole finali 8045G, realizzate dalla NEC appositamente per Luxman. Le 8045G non sono altro che delle KT88 con la griglia schermo internamente collegata all’anodo: in pratica, KT88 obbligate al funzionamento in modalità triodo. Questo le rendeva valvole molto particolari e ma oggi purtroppo sono introvabili, e la loro sostituzione comporta necessariamente una modifica circuitale.

Caratteristiche e modifiche consigliate

Luxman stessa, già all’epoca, forniva indicazioni per la sostituzione delle 8045G esaurite. La modifica di base consiste nel collegare il pin della griglia schermo al pin dell’anodo tramite una resistenza da 330ohm, permettendo l’uso delle molto più comuni KT88 o 6550. Inoltre, dato che i trasformatori di uscita dell’MQ3600 sono dotati di prese per il collegamento ultralineare, è anche possibile (se lo si desidera) configurare le nuove valvole in ultralineare invece che a triodo, ottenendo maggiore potenza a scapito di un leggero cambio timbrico.

Cosa fare se le 8045G del tuo Luxman MQ-3600 sono esaurite

L’esemplare mostrato in foto è arrivato guasto: una delle valvole finali 8045G presentava il caratteristico “jetter” bianco, sintomo di rottura del vuoto interno. Come già accennato, le 8045G erano valvole sviluppate da NEC su specifica Luxman e oggi risultano del tutto introvabili (se non a volte come valvole usate di recupero). In questi casi è necessario adattare il circuito per l’uso di valvole più reperibili. La modifica standard, già consigliata da Luxman all’epoca, consiste nel collegare la griglia schermo all’anodo tramite una resistenza da 330ohm, consentendo l’impiego di normali KT88 o 6550. Poiché i trasformatori di uscita sono dotati di prese per il funzionamento in ultralineare, è anche possibile collegare le nuove finali in quella modalità, ottenendo una maggiore potenza rispetto al funzionamento a triodo, sebbene con un leggero cambiamento timbrico.

L’amplificatore presentava anche danni significativi causati da un corto circuito interno a una delle quattro valvole finali. Questo guasto aveva comportato la bruciatura di alcune resistenze attorno agli zoccoli, la cottura di diversi fili del cablaggio interno e il danneggiamento dei trimmer di regolazione del bias. Inoltre, si era bruciata l’induttanza di filtro utilizzata per la scarica dei grossi condensatori di livellamento, posizionata proprio in corrispondenza della valvola difettosa. L’induttanza, completamente intrisa di catrame, è stata ripulita e successivamente riavvolta per ripristinarne la piena funzionalità.

Oltre alla modifica sotto gli zoccoli delle valvole finali, Luxman raccomandava anche l’inserimento di due resistori di grid stopper da 22k sull’ingresso del segnale. Erano inoltre previsti tre condensatori di bypass in corrispondenza dei punti B2, B3 e B4 sul circuito stampato: in queste posizioni ho montato condensatori in polipropilene da 470nF, di qualità adeguata al contesto audio. Ho provveduto anche al bypass dei due elettrolitici catodici della 6AQ8/ECC85, sostituendoli con un polipropilene da 220nF, per migliorarne il comportamento in alta frequenza. Infine, ho rimosso i vecchi condensatori Nichicon piatti, componenti notoriamente soggetti a decadimento nei Luxman di quell’epoca: in tutti gli esemplari esaminati finora risultavano infatti compromessi o fuori specifica.

In fase di controllo ho testato le valvole di preamplificazione con l’uTracer, riscontrando che una delle due 6042G era parzialmente esaurita: una sezione risultava ancora funzionante, mentre l’altra era ormai inutilizzabile. Ho quindi provveduto alla loro sostituzione con una coppia di 6CG7, valvole compatibili dal punto di vista elettrico.

A questo proposito è utile chiarire un equivoco diffuso online: è vero che le 6CG7 possono essere utilizzate al posto delle 6042G, ma non sono perfettamente equivalenti. I tracciati ottenuti con l’uTracer lo dimostrano chiaramente: le curve della 6042G risultano più distanziate, segno di un mu (fattore di amplificazione) maggiore rispetto alla 6CG7. La sostituzione comporta quindi una lieve riduzione del guadagno complessivo e del tasso di controreazione (NFB), con una conseguente variazione del timbro sonoro dell’amplificatore.

Modifica Ultralineare

Una delle modifiche più comuni e sensate al Luxman MQ-3600 riguarda la sostituzione delle valvole finali 8045G, ormai rare, con le più facilmente reperibili KT88 o 6550. La stessa Luxman, all’epoca, consigliava questa sostituzione come alternativa ufficiale. Le KT88 possono essere utilizzate mantenendo la connessione a triodo, replicando il comportamento delle 8045G, oppure si può optare per una configurazione ultralineare sfruttando le apposite prese già presenti sui trasformatori d’uscita originali. In quest’ultimo caso, il circuito beneficia di una potenza aumentata, passando da circa 60 watt con le 8045G a circa 80 watt con le KT88 o 6550 in ultralineare. Il fattore di smorzamento si riduce leggermente, da 16 a 13, ma il comportamento in termini di distorsione armonica (THD) rimane sostanzialmente invariato, come confermato anche dai grafici ufficiali Luxman.

Tra le modifiche consigliate dal costruttore figura anche l’aggiunta di tre condensatori di disaccoppiamento sulle linee di alimentazione delle valvole ECC85 e 6240G/6CG7, per migliorare la stabilità e ridurre l’interazione tra i vari stadi. Personalmente, sostituisco sempre i condensatori piatti grigi marchiati Nippon Chemicon, spesso fuori specifica sia per capacità che per isolamento: questi componenti tendono sistematicamente a degradarsi nel tempo, risultando inferiori ai valori nominali. Un altro intervento necessario riguarda il circuito di generazione della tensione di bias: nella configurazione originale, la regolazione è spesso al limite della corsa dei trimmer, con correnti di riposo troppo elevate per le KT88, richiedendo quindi una modifica ai valori delle resistenze del partitore. Infine, sempre Luxman suggeriva l’inserimento di due resistenze di grid-stop sugli ingressi delle valvole finali per evitare fenomeni di instabilità ad alta frequenza, soprattutto quando vengono montate KT88 o 6550 in configurazione ultralineare.

Luxman MQ-3600: recupero tecnico di un esemplare devastato

Prima che qualcuno senta il bisogno di sollevare obiezioni — spesso più ideologiche che tecniche — è bene chiarire un punto fondamentale: la decisione se riavvolgere o sostituire i trasformatori guasti non spetta al tecnico, ma al proprietario dell’apparecchio. Il mio compito è offrire soluzioni tecnicamente valide e realistiche, non alimentare purismi che, in molti casi, si scontrano con la disponibilità reale dei componenti.

È utile ricordare che i trasformatori originali non sono più in produzione da decenni, e quelli “reperibili” provengono quasi sempre da altri apparecchi smantellati, che a loro volta finiscono irrimediabilmente mutilati. Difendere l’originalità “a ogni costo”, in questi casi, significa semplicemente spostare il problema da un apparecchio all’altro.

Chi ha a cuore la musica — non solo il collezionismo fine a sé stesso — sa bene che un buon ripristino elettrico è più importante della feticistica integrità formale. E in questo caso, il risultato sonoro è tutt’altro che un compromesso: i trasformatori realizzati in sostituzione offrono prestazioni strumentali e timbriche di alto livello, tali da rendere del tutto sensata la scelta fatta.

Per completezza: i trasformatori guasti originali non sono stati eliminati, ma conservati per eventuali future ricostruzioni filologiche, per chi desiderasse davvero investire tempo e risorse in quella direzione.

Questo esemplare di MQ3600 era chiaramente passato per le mani di uno di quei “riparatori creativi” che, pur senza particolare competenza, riescono comunque a lasciare il segno… in modo irreversibile. Non sorprende che sia stato acquistato a peso di metallo, dato che le condizioni erano più da rottame che da apparecchio vintage.

Il quadro era desolante: zoccoli carbonizzati, resistenze annerite, trimmer economici da circuito stampato, cablaggi sfiammati, e cavi dei trasformatori spessi come un dito, il tutto abbondantemente condito da olio e unto sparsi ovunque. La prima operazione è stata inevitabile: rimozione completa dei trasformatori e lavaggio accurato del telaio, per riportare almeno un minimo di dignità al paziente prima di iniziare la vera ricostruzione.

Ho poi provveduto a rimuovere gli zoccoli bruciati e i trimmer da circuito stampato, evidentemente installati da qualcuno convinto che potessero svolgere un ruolo adeguato in un contesto come questo. L’impressione generale era quella di un apparecchio che aveva subito più di un tentativo di riparazione, ciascuno purtroppo meno riuscito del precedente, fino a quando – verosimilmente – si è preso atto dell’incapacità tecnica e si è deciso di fermarsi.

Una volta completata la pulizia del telaio, ho eseguito il collaudo dei trasformatori. Con una certa sorpresa, il trasformatore di alimentazione e l’induttanza di filtro sono risultati perfettamente integri, nonostante le condizioni generali dell’apparecchio. Uno dei due trasformatori d’uscita, invece, era purtroppo in corto.

In accordo con il cliente, si è scelto un approccio pragmatico, optando per la sostituzione anziché il riavvolgimento, in modo da contenere i costi pur garantendo un’elevata qualità sonora. Ho quindi progettato un trasformatore di uscita da 3600 ohm, dimensionato per il funzionamento in push-pull con KT88 collegate a triodo. È utile ricordare che le 8045G originali adottate da Luxman erano triodi veri e propri, non pentodi collegati in ultralineare, per cui il ripristino è stato eseguito seguendo lo schema originale e mantenendo la coerenza circuitale di progetto.















Ripristino con valvole NEC 8045G originali: quando si può, si fa

In un’occasione piuttosto rara, un cliente mi ha portato due Luxman MQ3600, manifestando l’intenzione di ripristinare uno dei due apparecchi con le sue valvole finali originali 8045G NEC, mentre l’altro sarebbe stato destinato alla classica conversione con KT88. Il cliente disponeva di un discreto numero di 8045G usate, sia quelle montate sugli amplificatori, sia altre rimosse in precedenza e conservate. Mi ha quindi chiesto di testarle tutte per valutare la possibilità di selezionare un quartetto funzionante.

Ho eseguito l’analisi completa delle valvole disponibili con l’uTracer, tracciando le curve caratteristiche di ciascuna. Alla fine della selezione ho identificato due coppie molto ben abbinate, praticamente un quartetto “quasi” perfetto, sufficiente per riportare in funzione uno dei due apparecchi mantenendone la configurazione originale.

Il primo dei due MQ3600 era, come spesso accade, stato già manomesso in passato con interventi discutibili. Ho eseguito la consueta revisione completa, partendo dalla verifica di tutte le valvole di segnale, che in questo caso sono risultate perfettamente in ordine. Ho quindi proceduto con l’installazione delle valvole 8045G selezionate, completando le regolazioni di bias e bilanciamento.

Come in tutti gli esemplari dell’epoca, il trasformatore di alimentazione era tarato per 220V nominali. Quando alimentato con la rete attuale a 230V, si presenta una difficoltà nel regolare correttamente il bias, perché le tensioni risultano più elevate rispetto al progetto originale. Per questo motivo, è sempre necessario eseguire una piccola modifica al circuito di polarizzazione, al fine di riportare l’escursione entro un intervallo regolabile e sicuro.

Sono stati inoltre sostituiti i consueti condensatori Nichicon piatti, quasi sempre marci, e sono stati aggiunti bypass in polipropilene sulle alimentazioni dei vari stadi per ottimizzare la stabilità e la risposta in frequenza.

Una volta completata la revisione, ho eseguito le misure strumentali, che hanno restituito risultati sorprendentemente superiori alla media, soprattutto considerando che l’amplificatore è rimasto nella sua configurazione originale con valvole 8045G. La potenza erogata è risultata nettamente superiore a quella di molti MQ3600 modificati con KT88 in ultralineare, con in più un fattore di smorzamento più elevato e una distorsione armonica sensibilmente più bassa. Un’ulteriore conferma del valore intrinseco di questo progetto quando viene riportato nelle giuste condizioni operative.

Prestazioni misurate con valvole 8045G NEC originali

Dopo la revisione completa e la regolazione accurata del circuito di polarizzazione, ho eseguito le consuete misure strumentali sull’esemplare equipaggiato con valvole finali originali NEC 8045G. Il bias è stato impostato a 75mA per valvola, corrispondente a una dissipazione anodica di circa 38W, ben al di sotto del limite massimo dichiarato di 45W per questo tipo di valvola, a garanzia di affidabilità e durata.

I risultati ottenuti sono stati decisamente positivi:

  • Potenza erogata: 72W RMS per canale
  • Fattore di smorzamento (DF): 16
  • Banda passante (trasformatori originali): da 15Hz a 40kHz a –1dB
  • Distorsione armonica (THD) a 1Watt: 0,14%

Questi dati confermano l’elevato potenziale dell’MQ3600 anche nella sua configurazione originale, a condizione che venga revisionato con attenzione e tarato correttamente. Il basso livello di distorsione a bassa potenza e la larghezza di banda molto estesa testimoniano l’ottima qualità dei trasformatori originali e la bontà progettuale dell’apparecchio.

THD

Banda passante

Quadre a 100Hz / 1Khz / 10Khz

Hai un MQ-3600 (o un altro valvolare) da revisionare?

Se possiedi un Luxman MQ-3600 o un altro amplificatore a valvole che necessita di una revisione seria e competente, posso aiutarti a riportarlo alle prestazioni originali – o anche oltre. Che si tratti di una semplice manutenzione, di una conversione o di un intervento profondo come quello descritto in questo articolo, ogni lavoro viene affrontato con cura artigianale, strumentazione professionale e grande attenzione alla resa sonoraPuoi contattarmi in qualsiasi momento tramite la form nella sezione Contatti del sito, descrivendo il modello e le condizioni del tuo apparecchio. Ti risponderò al più presto per valutare insieme la soluzione migliore.

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7 Responses to Luxman MQ-3600: revisione completa e adattamento da 8045G a KT88

  • Sono il proprietario del LUXMAN descritto. DEVO DIRE che Stefano e’ veramente bravo, competente ed appassionato . Lo voglio ringraziare tantissimo pubblicamente. Grazie veramente.!

  • Bravo Stefano, averne di tecnici di poche parole(perche’ tre son troppe e due son tante..) come te. L’apparecchio collegato ad un pre luxman C12 suona veramente bene e senza ronzii. Avanti cosi alla faccia dei conservatori e non degli ascoltatori.

  • Grande Stefano.
    Dalle foto e descrizione si evince che è un lavoro svolto con
    eccelsa professionalità e conoscenza.
    Anch’io ho un luxman MQ3600 con il suo pre cl 32.
    Non le nascondo che sarei tentato a farglieli revisionare anche se funzionano bene (almeno credo).

  • Gli ho portato circa due mesi orsono il finale in questione in condizioni pessime e sono andato a ritirarlo ieri. Debbo dire che è stato fatto un ottimo lavoro, la macchina suona veramente bene. Le valvole PSvane kt88 si dimostrano aperte ed armoniche e le tarature apportate, compreso il cambio dei trafo dovrebbero garantire lunga vita. Auguri e complimenti Stefano, continua così.

  • Complimenti per il lavoro e il dettagliato resoconto. Ho letto tutto con piacere perché il LUXMAN MQ3600 è stato per me il passaggio alla alta fedeltà e lo ricordo con piacere. Pilotava le mie prime Magneplanar, le MGIIA che purtroppo richiedevano una potenza maggiore, così che vendetti il Luxman per comprare una coppia di monofonici Michaelson & Austin M100.

  • Le modifiche suggerite da luxman si trovano cercando su internet.

  • Ciao, hai foto del circuito con le modifiche? Quali sono le modifiche esatte suggerite da Marantz?

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